4 marzo 2025
Care amiche, cari amici, di Global Shapers e di Officine Italia,
in questi mesi ho avuto modo di conoscervi e di vedervi in azione.
È per me una splendida esperienza: vedere giovani che si aggregano, che utilizzano la loro intelligenza e intraprendenza, che studiano, analizzano e agiscono insieme è estremamente positivo e incoraggiante.
Sto scoprendo approcci e idee diverse da quelle della mia generazione, come è giusto che sia.
Ho appreso da voi che oggi una forma di volontariato (solidarietà, generosità sono i termini che più mi piacciono) che attuate e che tocca ambiti diversi da quelli solitamente coinvolti. Il “volontariato”, tradizionalmente, riguarda gesti di attenzione verso i singoli come assistenza economica, aiuto nelle faccende domestiche, accompagnamenti e amicizia. Poi si è passati a forme di aiuto nelle faccende burocratiche e soccorso nel superamento del digital divide. Ora, con le vostre esperienze, (se ho ben capito) diventa un sostegno a costruire futuro, a rinforzare attività sociali nella progettazione e nella sostenibilità economica e ambientale. Questo avviene poiché mettete a disposizione degli altri la vostra competenza scientifica acquisita.
È una forma che moltiplica i risultati e lascia un segno permanente nel tempo. Nel linguaggio che mi è familiare la definirei “generativa”.
Altrettanto lungimirante è la vostra attività di animazione culturale di creazione di occasioni di riflessione e di formazione (e di autoformazione) come quelle cui ho partecipato in prima persona, è anche questa una configurazione di generosità che rimane impressa e guarda al futuro.
Sono proprio contento di avervi incontrato.
Proprio per questi valori che ho colto vi lascio anche una riflessione, una domanda che ho sentito crescere riflettendo su quanto ho visto e ascoltato.
Sono sensazioni che ricavo dagli incontri sia per la loro parte formale sia dalle domande dei presenti alle varie occasioni ma anche dagli scambi informali avuti con alcuni di voi e dei singoli partecipanti agli incontri.
Mi è parso di avere percepito, insieme al desiderio di “cambiare la traiettoria del mondo”, o di dargli una “nuova forma”, anche piccoli segnali di isolamento e sfiducia.
Fatico a capire questo aspetto e lo trovo contraddittorio con ciò che state facendo e come lo state facendo.
I segni dei tempi (e di questi ultimi tempi) certamente sono preoccupanti e non mi dilungo ad elencarli essendo estremamente evidenti.
Mi sento però di dirvi che, per quanto preoccupanti, sono diversi da quelli vissuti in altre epoche che pure ne avevano di altro tipo.
La mia generazione (sono nato nel 1961 in pieno boom economico e infatti sono un …boomer) ha avuto grandi privilegi legati ad una società che, uscita dalla terribile esperienza delle due guerre mondiali, guardava al futuro con grandi speranze e prospettive. Quella precedente, dei miei genitori, ha invece attraversato le due guerre, inframmezzate dalla dittatura fascista e molti di loro hanno lasciato la loro vita in quei frangenti.
A ben pensarci (tra i miei dieci e trent’anni) anche la mia generazione non è stata solo boom economico e speranze: alla fine degli anni ’70 e nei primi anni ’80 in Italia imperversavano i terrorismi rossi e neri che portavano con sé una scia di dolore e di morte, che, insieme alla diffusione delle droghe pesanti (in particolare l’eroina), poteva stroncare tutte le velleità e le speranze del futuro.
Forse anche per reagire a questo, purtroppo, ciò che la mia generazione ha costruito e che oggi impera è un clima di ansia e pessimismo.
Ma torniamo a voi, oggi.
Le conoscenze tecniche che avete e che maturate, la diretta esperienza in tutti continenti del mondo, la possibilità di avere informazioni in tempo reale di ogni possibile evento sono risorse di incredibile potenzialità soprattutto perché fatte prima dei trent’anni. Al solo pensarci, la mia generazione avrebbe vacillato!
Mi suona perciò difficile capire come dai vostri discorsi si colga in alcuni passaggi una vena di pessimismo e di rassegnazione tipiche di altre fasi della vita.
Mi permetto di formulare un’ipotesi (che quindi potrebbe essere del tutto sbagliata), sempre colta dalle vostre parole, espressioni e posture che ho visto nei mesi scorsi.
Contrariamente ai contesti collettivi in cui ho interagito (vi ho incontrato in eventi che vedevano al centro la vostra natura associativa) ho sentito spesso un alone che metteva al centro l’individuo. Quando ho chiesto ad alcune/i di dirmi cosa facevano e cosa prospettavano per il futuro, ho sempre udito declinare i verbi al singolare. Certo la domanda era fatta ad un singolo, ma la risposta avrebbe potuto avere uno sviluppo plurale. D’altro lato stavo rapportandomi a persone che si erano presentate a me come esponenti di un’aggregazione.
Ho colto in ciascuna/o un fortissimo e bellissimo intento di formarsi, di studiare, di imparare che onestamente vi invidio e che non ricordo essere stato presente con altrettanta energia nella mia generazione. Vi invidio anche una capacità di ascolto nei confronti delle generazioni precedenti alla vostra di cui altrettanto non avevo memoria nei miei trascorsi (non avremmo mai invitato né ascoltato un sessantenne a parlarci di futuro).
Forse è proprio questa sensazione di positivo ascolto da parte vostra che mi permette queste osservazioni critiche che spero possiate ascoltare.
Siete dotati di un’attenzione al tema del merito e della responsabilità che è una traccia di anelito alla giustizia che ha grandissimo valore.
Intravedo però il rischio di una deriva di “individualismo meritocratico” su cui vi invito a riflettere.
La forza del singolo e il merito stanno nelle relazioni tra le persone: questa è la suggestione, l’ipotesi, che da una decina d’anni è al centro della mia riflessione. In altre parole non è altro che il passaggio dall’idea di centralità dell’individuo all’idea della centralità della persona (…niente di originale, molti studiosi in passato lo hanno proposto). La differenza tra individuo e persona sta essenzialmente nel collocare il singolo sempre all’interno di relazioni significative che inevitabilmente caratterizzano la nostra esistenza.
Voi avete tutte le caratteristiche per dare un segno importante in questa direzione. Le forme di aggregazione che avete creato che state animando sono molto più potenti e feconde di quello che, forse, immaginate. La nuova frontiera di una solidarietà che state esplorando è foriera di grandi sviluppi e credo possiate affidarvici senza paura.
Questo potrebbe darvi anche maggiore coraggio nell’affrontare insieme ciò che oggi vi sembra solo individuale (come l’ingresso nel mondo del lavoro).
In realtà siete già un segno oggi di cambiamento agito che porta innovazione anche nelle comunità di adulti che frequentate!
In tempi di “individualismo meritocratico” è un grande segno di cambiamento e di speranza!
Grazie
Michele Bertola
18 marzo 2025
Caro Michele,
ci siamo presi qualche giorni per riflettere, la tua email ha risuonato dentro di noi e ci ha positivamente scosso.
Ti ringraziamo di cuore per le tue parole e per la riflessione sincera e profonda che hai condiviso con noi. Il tuo sguardo attento e generoso sulla nostra esperienza ci onora e ci sprona a continuare con ancora più consapevolezza e determinazione.
Ci riconosciamo molto nella tua lettura dell'evoluzione del concetto di volontariato: oggi, come generazione, sentiamo la responsabilità di contribuire non solo con gesti di solidarietà immediata, ma anche con azioni che possano lasciare un impatto duraturo, generativo, sulla società e sulle sue strutture. La nostra volontà è di costruire progetti sostenibili, creare valore attraverso la condivisione delle competenze, e stimolare un cambiamento sistemico che possa rafforzare il tessuto sociale ed economico del nostro Paese.
Accogliamo con interesse e attenzione anche il tuo invito a riflettere sul rischio dell’“individualismo meritocratico”. È vero, il nostro percorso personale è spesso una delle prime cose che raccontiamo quando ci viene chiesto di proiettarci nel futuro, ed è altrettanto vero che la tensione verso il merito e la realizzazione individuale sono tratti distintivi della nostra generazione. Tuttavia, ciò non significa che non riconosciamo il valore delle relazioni e delle comunità che costruiamo insieme. Anzi, le esperienze condivise, i progetti nati dal confronto e la crescita collettiva sono elementi fondanti del nostro operare.
Viviamo, infatti, un equilibrio precario tra la volontà di costruire un futuro migliore e il peso delle incertezze che ci circondano. Affrontiamo il dilemma di voler essere cittadini del mondo, ma spesso ci troviamo di fronte a barriere economiche e sociali che rendono difficile accedere alle opportunità. Sentiamo la spinta verso l’innovazione e il progresso, ma allo stesso tempo siamo consapevoli delle conseguenze ambientali e sociali delle scelte che la società ci impone. Desideriamo un lavoro che sia significativo, ma spesso il mercato richiede compromessi tra realizzazione personale e stabilità economica.
Ci troviamo a navigare tra la ricerca della libertà individuale e il bisogno di costruire comunità solide, tra il desiderio di contribuire al bene comune e la pressione di dover emergere come individui. Questi dilemmi definiscono la nostra generazione e ci pongono di fronte a sfide che possiamo affrontare solo insieme.
Forse, il senso di isolamento o di sfiducia che a volte emerge nelle nostre conversazioni è il riflesso di una società che ci pone di fronte a sfide complesse, in cui il futuro appare incerto e le opportunità spesso difficili da cogliere. Ma proprio per questo scegliamo di aggregarci, di collaborare e di investire nella costruzione di reti (speriamo) inclusive. Crediamo che il cambiamento non possa avvenire da soli, e che il nostro vero valore risieda nella capacità di creare connessioni significative e generative tra persone, esperienze e anche saperi diversi e a volte anche contrastanti.
Grazie per averci ascoltato e provocato con le tue osservazioni. CI SENTIAMO VISTI.
Speriamo di continuare questo dialogo "intergenerazionale", perché crediamo che il confronto tra esperienze e prospettive diverse sia fondamentale per costruire insieme un futuro più ricco di relazioni autentiche.
Con gratitudine e rinnovato entusiasmo!
A presto
Il team di Officine Italia
Diletta Di Marco
Post-doc | Research Fellow
Management Engineering Department
Politecnico di Milano
Via Lambruschini, 4B (Building 26/B) -
20156, Milano, Italy