LA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA

La pubblicità è una comunicazione di massa argomentativa, funzionale a un progetto di vendita, che

utilizza un canale di comunicazione predefinito.

L’obiettivo della pubblicità è influenzare in modo sistemico il comportamento e le scelte delle

persone convincendole ad acquistare un determinato prodotto/servizio; a cambiare un

comportamento, per esempio smettere di fumare(pubblicità sociale) a scegliere un partito o

candidato(propaganda politica), informare sui diritti /doveri(pubblicità istituzionale) si tengano

presente anche:(pubblicità Comunitaria, pubblicità Comparativa, pubblicità Indiretta)

Viene spesso ritenuta specchio della società, a volte in modo fedele a volte distorcendo la realtà,

uno specchio che riflette linguaggi, tendenze; spettacolarizza in modo positivo e in negativo, usi

,costumi e abitudini collettive. Attrae perché le sue strategie sono orientate alla soddisfazione dei

bisogni della gente(sicurezza, prestigio, stima....)

La pubblicità è comunicazione in quanto esistono:

-un committente: individuo, impresa o ente, interessato a rendere noto un messaggio

-un emittente: un individuo, un’impresa, un ente che si occupa della diffusione del messaggio

-un messaggio: il contenuto da diffondere

-un codice: composto da parole , immagini suoni con lo scopo di rendere comprensibile il

messaggio

-un canale di comunicazione: uno strumento attraverso il quale il messaggio viene diffuso, per

esempio: la radio, giornali posta, internet

-un destinatario: costituito da un gruppo omogeneo di potenziali consumatori che si cerca di

persuadere.


La comunicazione è di massa in quanto il destinatario non è determinato come un individuo o

un’entità singola, ma come un insieme di persone di entità.

E’ argomentativa, perché presenta stimoli e giustificazioni che non hanno un significato

universale.

La pubblicità presenta aspetti positivi e negativi.

Aspetto positivo è il suo carattere informativo, permette alle persone di conoscere; intrattiene,

sperimenta linguaggi nuovi, educa all’estetica; aspetti negativi; può essere ripetitiva, è

manipolatoria, è in parte responsabile del consumismo, propone modelli a volte lontani dalla realtà.


Gli inizi


Il primo messaggio pubblicitario nella storia , è attribuito al tessitore Hapù che nel secondo

millennio avanti Cristo, abbinò la richiesta di uno schiavo con la pubblicazione della propria

attività. Nell’antica Roma esistevano i “praecones”, persone pagate per divulgare messaggi a gran

voce nelle piazze, modello utilizzato anche nel medioevo con gli “araldi”. Tuttavia bisogna

aspettare la nascita della stampa nel XIV secolo e del giornale, nel XVI, per vedere i primi annunci

pubblicitari, che in qualche modo hanno caratteristiche differenti rispetto a quelli odierni.

Nel 1630 Théopharaste Renaudot inventò il Bureau des adress, che cercava di dare autorevolezza ai

messaggi pubblicitario con l’uso di testimonianze di importanti scienziati, nei secoli XVII e XVIII,

lo sviluppo degli annunci pubblicitari fu così rilevante che determinò un dibattito fra i filosofi

illuministi; fra questi Voltaire appariva contrariato tanto da chiedere restrizioni governative alla loro

diffusione. Un altro illuminista ,Samuel Johson, scrisse un articolo nel 1707 di interessante analisi

sull’argomento, nel quale rilevava come la pubblicità potesse ingenerare confusione nei lettori e

come il linguaggio suadente potesse trarre in inganno. Nell’Ottocento Antoine de

Parmentier (agronomo ,nutrizionista ed igienista francese) diede via alla campagna promozionale

per l’uso della patata, che avrebbe risolto i problemi alimentari della popolazione in tempo di

carestia usando come testimonial il Re. Nella seconda metà dell’Ottocento, grazie alla crescita della

produzione industriale, la pubblicità assunse forme di comunicazione sempre nuove. Una delle più

visibili fu il cartellonismo, enormi manifesti da diffondere nelle città per i quali si fece ricorso a

talenti che sarebbero diventati celebri come Boccioni o Toulouse-Lautrec. Negli stessi anni negli

Stati Uniti nacquero le prime agenzie pubblicitarie, che avevano la funzione di fare da intermediari

fra le imprese e i committenti e i gestori degli spazi pubblicitari. La prima che la storia ricorda è la

Palmer, in Italia è la Manzoni(1863) Nel successivo XX secolo si vede un’accelerazione nella

diffusione del fenomeno pubblicitario.

Si formano due correnti che in qualche modo ancora oggi convivono.

La corrente scientifica, propugnava messaggi basati su fatti e indusse la reason why, la necessità di

sottolineare una ragione per cui il consumatore avrebbe dovuto acquistare, necessità di individuare

le caratteristiche esclusive ,uniche del prodotto.

La corrente estetica, basata sul soft selling, puntava a creare emozioni attraverso un ampio uso

dell’arte come strumento di comunicazione, si pensi al detersivo Sapolio, ogni annuncio

pubblicitario raccontava una storia.

Con la diffusione dei mezzi audiovisivi la pubblicità sperimentò uno sviluppo nuovo e la necessità

di fare ricorso a tecniche nuove. Il primo spot televisivo comparve nel 1941,l’orologio Bulova.

In Italia la pubblicità fece ingresso in televisione nel 1957con il Carosello, trasmissione che andava

in onda per un minuto e quarantacinque secondi, prima delle ventuno che si concludeva con trenta

secondi di annunci commerciali. Il miglior esponente fu Armando testa.(spot Lavazza, Punt e mes,

Pirelli).Si ricordi anche Gavino Sanna ( Barilla).


Nel 1975 in Italia nacque il codice di “autodisciplina pubblicitaria” e con esso la “pubblicità

progresso”, che cercava di indurre a comportamenti socialmente utili( chi fuma avvelena anche

te; lavorando si impara, tuo figlio ha bisogno di una mano non di violenza, non serve volare serve

volere).


La rivoluzione creativa.

Il pensiero creativo integra, mette insieme il pensiero logico e razionale con quello analogico e

fantasioso, attraverso un processo che lo psicologo Grahm Wallas, nel 1926 , articolava in

quattro fasi:

-la preparazione

-l’incubazione

-l’illuminazione

-la verifica

La parola creatività è entrata prepotentemente nel gergo pubblicitario negli anni Cinquanta, con

William Bernabach, che ne ha fatto il suo manifesto. La creatività in pubblicità segue gli stessi

meccanismi della creatività in campo artistico o scientifico, ha lo stesso obiettivo: scoprire relazioni

nuove, ma con una diversa motivazione di fondo. La creatività pubblicitaria è un mezzo per

conseguire gli obiettivi di comunicazione e mai un fine. Per cui l’originalità, la trasgressione

servono solo nella misura in cui sono strumenti, e non fini, del processo di comunicazione.

Fu un’agenzia creativa di New York, la DDB , fondata da Will Bernbach insieme a Ned Dane e

Mac Doyle che all’inizio degli anni Sessanta, diede vita a quella che è ricordata come la svolta

fondamentale nella storia della pubblicità. Con essa si scardinò la visione meccanicistica dei

messaggi pubblicitari per fare della creatività l’unica protagonista della comunicazione. Venne

modificata la struttura organizzativa delle agenzie pubblicitarie, nelle quali prevaleva la figura

dell’account, ossia di colui che teneva i rapporti con il cliente e la ricerca dei dati. La DDB diede

impulso nel lavoro combinato del copywriter, colui che si occupa dei testi e dell’art director,

responsabile dell’immagine e introdusse l’abitudine di avvicinare i creativi ai clienti. Il primo

cliente della DDB fu la catena di grandi magazzini Ohrbach, che vendeva abbigliamento a basso

prezzo, grazie alla campagna, riuscì ad ampliare la clientela, una delle pubblicità più famose

mostrava il cagnolino triste perché la sua elegante padrona dedicava più tempo allo shopping che a

lui. Famose furono le pubblicità della Volkswagen, Chivas Regal.

Gli elementi principali della rivoluzione creativa possono essere riassunti in quattro punti:

- Ricorso al negative approach, partire da una notazione negativa per arrivare all’aspetto

positivo

- Rifiuto della ricerca scientifica, che limita il pensiero creativo

- Ricorso a comunicazioni divertenti, che finiscono con una battuta

- Ricorso al consumer insight , comprensione dei bisogni del consumatore che crea con

l’approccio negativo una complicità.


Le nuove tendenze creative possono essere così riassunte:

-sottolineare la differenza come valore aggiunto;

-autoironia come mossa di autodifesa;

-antipubblicità; giocare in modo ironico sul consumatore meschino , poco intelligente;

- pubblicità serial, stessi personaggi che vivono diverse situazioni.

Le agenzie pubblicitarie nate nell’Ottocento hanno lo stesso organigramma di un’azienda, si

compone di una direzione(management) e di una tripartizione in attività produttiva,

amministrativa e commerciale. La differenza consiste nel fatto che il settore produttivo e

quello commerciale, in queste imprese, sono strettamente connessi.



Il brief

La richiesta di un intervento di un’agenzia di pubblicità da parte di un’impresa che intende

pubblicizzare un suo prodotto si manifesta attraverso il brief(abbreviazione del termine

briefing, ”istruzioni” e “informazioni”.

Il brief è la trasmissione di informazioni dall’impresa committente all’agenzia pubblicitaria

e assume la forma di un documento che riporta il quadro completo delle prospettive del

prodotto e delle esigenze dell’azienda, secondo la sua strategia di marketing. Con esso

l’impresa da carico all’agenzia di pubblicità di impostare la campagna pubblicitaria, si

compone di : una parte in cui vengono riassunte le informazioni sull’azienda che richiede

l’intervento; una parte nella quale vengono fornite le informazioni sul prodotto da

pubblicizzare; una sezione di informazioni sul mercato, la concorrenza e le tendenze.



Il copy strategy

Il brief viene consegnato al redattore pubblicitario o (copywriter) o (copy) che insieme al

direttore artistico(art) costituisce il settore dei creativi dell’agenzia pubblicitaria. Essi

mettono a punto l’idea alla base di tutta la strategia di comunicazione, che attraverso

l’account, viene discussa e mediata con il committente. Il documento che sintetizza le

scelte strategiche prende nome di copy strategy. In esso sono contenute le linee guida da

seguire in tutta la campagna pubblicitaria.


La definizione del modello di comunicazione

Sulla base della copy strategy viene definito il modello, il tipo di comunicazione che si

intende sviluppare.

Il modello migliorativo: si basa sulla descrizione del prodotto come risolutore dei problemi

che si presentano al soggetto. Es “il detersivo che risolve i problemi di sporco”

Il modello del paradosso; è fondato su un’evidente esagerazione, su promesse tanto

attraenti quanto impossibili. Es. “come rimanere sempre giovani, con creme ed unguenti

oppure come realizzare i propri sogni, con la vincita ad una lotteria”.

Il modello della distinzione: basato di solito su una contrapposizione fra le modeste

proposte della concorrenza. Es. ”non le solite caramelle ma particolari caramelle al miele”


Il modello informativo: fornisce un messaggio in cui si illustrano le caratteristiche del

prodotto in modo neutro senza introdurre elementi emotivi.

E’ a questo punto che parte la strategia di comunicazione, che si compone di cinque

elementi:

1) Target group; la definizione del cliente destinatario del messaggio

2) Main promise; promessa base per il consumatore, ogni prodotto deve servire a qualcosa

e quindi deve permettere a chi lo acquista un vantaggio che costituisca uno stimolo

all’acquisto

3) Reason why; la ragione per cui scegliere quel prodotto

4) Subsidiary appeal; promessa aggiuntiva

5) Supporting evidence; una prova di supporto data soprattutto dall’immagine o dal

testimonial


Es. Yogurt activia

- Il cliente destinatario (target group) è costituito da signore che hanno problemi intestinali

- La promessa (main promise) è la regolarizzazione dell’intestino

- La ragione per cui scegliere il prodotto (reason why) è data dalle fibre contenute nello

yogurt

- La promessa aggiuntiva (subsidiary appeal) è la salute

- Le prove di supporto (supportino evidence) sono i pochi grassi e l’enzima attivo oltre alle

affermazioni del testimonial.