Sieger Köder, artista e sacerdote nato nel 1925 in Germania, a un’ottantina di chilometri da Stoccarda, durante la seconda guerra mondiale venne mandato in Francia come soldato di frontiera e patì la prigionia. Tornato a casa, frequentò l’Accademia d’Arte a Stoccarda fino al 1951 e studiò poi filologia inglese all’università di Tubinga. Dopo 12 anni di produzione artistica e di insegnamento, Köder intraprese gli studi teologici per prepararsi al sacerdozio, venendo ordinato, nel 1971, prete cattolico. Fino al 1995 esercitò il suo ministero come parroco in una parrocchia non lontana dal luogo natìo. Morì nel 2015, ancora in piena attività, all'età di 90 anni.
La sua produzione artistica è colma del dramma personale della guerra e dell’orrore dell’Olocausto, così come c’è un reciproco e profondo influsso fra la sua arte e il suo ministero sacerdotale. Egli sempre utilizzò la pittura nel modo in cui Gesù usava le parabole: nei suoi quadri – che vogliono parlare all’uomo razionale – egli ci rivela la profondità del messaggio cristiano attraverso metafore, spargendo luce e colore sulla vita e sulla storia umana.
l primo elemento che colpisce l’osservatore è il sole: giallo, caldo, enorme; un sole che richiama potentemente alla memoria Van Gogh, con i suoi seminatori o con La resurrezione di Lazzaro. È chiaramente simbolo di Dio, come Lui fonte di calore e di vita, di forza e di spiritualità, capace di esaltare la luce e i colori della quotidianità umana. Köder ci dice di affidarci totalmente a questo Dio che mai si stanca di aiutare l’uomo e che sempre dona, gratuitamente, una vita vera capace di superare ogni dolore e ogni malattia; un Dio che vuole che nessuno debba perdersi e soffrire: «Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda» (Mt 18,12-14).
Tutto diviene nuovo quando rischiarato dalla luce di Dio: tutta l’esistenza si illumina dell’intero spettro dell’iride, quasi a ricordarci che l’alleanza di amore di Dio con l’uomo – sancita al termine del diluvio (Gen 9,13) – non verrà mai meno, che la Sua fedeltà è per sempre.
La forza vitale del sole diviene, quindi, colore della speranza, capace di rendere verdeggiante un arbusto che sembrava disseccato facendolo quasi diventare un novello roveto ardente nel quale – come Mosè- scopriamo la presenza di Dio.
Gli occhi del pastore sono fissi sulla pecora ritrovata, e l’animale – simbolo di ognuno di noi – si abbandona nel suo abbraccio d’amore. Quello di Gesù è un volto dolcissimo; invece, la pecora da Lui salvata ha gli occhi chiusi, in un’espressione di gioia, serenità e fiducia. Ha trovato rifugio nel suo Pastore.