"La lama dei vinti"
Nel nostro ultimo cortometraggio, pubblicato sul canale #Youtube "Canavese Productions" e intitolato “Sarà colpa dei fantasmi? Canavese tra misteri e leggende”, i quasi 1300 spettatori online, senza contare le decine di presenti alle nostre serate dal vivo, avranno certamente notato il gioco di effetti speciali che accompagna diverse scene.
Tra questi, i quadri che si animano al passaggio: silenziosi ma potenti protagonisti della narrazione.
Accanto a figure immortali come #giuseppeverdi ed #HenryDunant, compare anche lui: #emiliosalgari, il maestro dell’avventura.
Proprio il 21 agosto ricorreva l’anniversario della sua nascita, avvenuta nel 1862, un solo anno dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia. Era un’Italia giovane, fragile, attraversata da entusiasmi e contraddizioni. Fragile come la vita di Salgàri, che presto avrebbe conosciuto lutti e tragedie.
Dietro il mito dello scrittore instancabile, infatti, si nasconde una realtà cupa. Nel 1887 muore la madre; due anni più tardi il padre si toglie la vita, convinto di essere malato. È una ferita che Emilio non riuscirà mai a rimarginare.
A trent’anni si trasferisce in Canavese, prima a Ivrea, poi a Cuorgnè e infine ad Alpette, dove nascono tre dei suoi quattro figli. Sono anni intensi, ma anche instabili: in appena sette anni scrive altrettante opere di successo, costretto da debiti, contratti editoriali capestro e compensi irrisori a una produzione febbrile.
Dal 1903 la moglie Ida mostra segni di squilibrio mentale. Le cure sono costose, i debiti aumentano. Nel 1910 viene internata in manicomio: per Salgàri è il colpo di grazia. Depresso e senza vie d’uscita, il 25 aprile 1911 scrive tre lettere di addio – ai figli, agli editori e ai giornali torinesi – e si inoltra nei boschi di Val San Martino, sopra la chiesetta della Madonna del Pilone, oggi Parco di Villa Rey.
Lì, in un gesto feroce e rituale, prende un rasoio e si squarcia la gola e il ventre: un seppuku occidentale, una morte che sembra uscita da uno dei suoi stessi romanzi.
I funerali, al Parco del Valentino, passarono quasi inosservati: Torino era tutta presa dall’Expo per i cinquant’anni dell’Unità d’Italia. Ma la tragedia non si spense con lui. La sua famiglia sembrava colpita da una maledizione: Romero si tolse la vita nel 1931, Omar nel 1963 si gettò da una finestra.
Intanto, il nome di Salgàri veniva sfruttato senza scrupoli: oltre un centinaio di romanzi apocrifi furono pubblicati a suo nome, spesso scritti da mani ignote, talvolta persino dai figli.
Eppure la sua eredità è immensa. I suoi eroi – Sandokan, Yanez, il Corsaro Nero – hanno fatto sognare generazioni di lettori, ispirato rivoluzionari come #CheGuevara, registi, fumettisti e musicisti.
Ma c’è un dettaglio inquietante che lega Salgàri a un altro protagonista dei nostri cortometraggi: Giacomo Pavetti, il rivoluzionario giacobino nativo di Romano Canavese.
Entrambi uomini di passioni ardenti, entrambi oppressi da debiti e sconfitte interiori. Entrambi trovarono la stessa via d’uscita: il rasoio.
Pavetti si tolse la vita a Parigi nel 1815, aprendosi la gola con la lama. Un secolo dopo, lo stesso strumento sancì la fine di Salgàri.
Il #rasoio, oggetto quotidiano dell’uomo ottocentesco, divenne così simbolo di disperazione e morte. Nelle cronache del tempo appare come un gesto definitivo, violento, che colpiva al cuore l’onore e l’esistenza stessa.
Forse, in quelle gole squarciate, non c’è soltanto il sangue: c’è il grido di una generazione che non seppe trovare pace tra i sogni e la realtà.
Ed ecco la conclusione: i misteri e le leggende del nostro Canavese non vivono soltanto nei boschi o nei fantasmi delle notti scure. Sono custoditi anche nelle vite vere, spezzate, di uomini che hanno segnato la storia con la penna, con la spada… e con la lama di un rasoio.
Per approfondire gli argomenti trattati vi invitiamo a guardare i cortometraggi disponibili sul canale YouTube Canavese Productions e a leggere il libretto dedicato alla vita di Giacomo Pavetti:
SARA' COLPA DEI FANTASMI? Canavese tra misteri e leggende:
https://youtu.be/Ue3piE9KdU4?si=fefJAA1Tly02VnuM
GIACOMO PAVETTI, la borghesia rivoluzionaria a Romano Canavese: