Il progetto si è concluso il giorno 22 aprile 2020, ringraziamo tutti i partecipanti per aver contribuito ad ASTERIO
Ecco il titolo e una provvisoria "scaletta" per un saggio da scrivere (qualche intellettuale alla moda avrebbe scritto: "a venire"):
Parassitismi e ibridazioni
1. Il modello vespa-orchidea (si tratta solo di una, famosa, citazione da Rizoma, che costituisce una "parte" del modello teorico che seguirò.... quando?)
2. Ibridazione e relazione parassitaria (da tempo mi interesso di processi "ibridativi" e di "relazioni parassitarie"; in questo secondo paragrafo cercherò di chiarire la sovrapponibilità tra queste due nozioni...)
3. I rischi della vita/non vita (non i rischi della "vita", ma quelli della "vita-nonvita"....)
4. Arte come ontologia sperimentale (anche questo è un tema su cui medito da molti anni...)
La vespa e l'orchidea"
"L'orchidea si deterritorializza formando un'immagine, un calco di vespa; ma la vespa si riterritorializza su quest'immagine; essa nondimeno si deterritorializza, divenendo essa stessa un pezzo dell'apparecchio di riproduzione dell'orchidea; ma essa riterritorializza l'orchidea trasportandone il polline. La vespa e l'orchidea fanno rizoma, in quanto eterogenee" (G. Deleuze & F. Guattari).
Il rizoma è un modello parassitario di relazione...... (to be continued)
Se parlo nello spirito di questo tempo, devo dire: Nessuno e nulla possono giustificare quello che devo annunciarvi.
(C.G.J.)Anime amiche all'aspro astro afroditico,
abnepoti dell'albero adamitico,
audite le mie antifone acide & ascetiche,
arche di angui & di anguille arcialfabetiche:
apro abissi di aleppi apocalittiche,
ansimo ansie di angosce & di asme asfittiche:
adattatemi auricole atte & attente,
annunzio un acre, acerrimo accidente:
E. Sanguineti - Alfabeto Apocalittico
Barbari bruti brucano nel buio
belluini balbettano boutades
brindo alla bella barba di Bacone
bevendo un bitter brillo sul balcone
A. Linfatici - Bestiario Buffo
Cazzo! Culo! Cacca!
U. Fecali - Carosello Curioso
Drammatiche Domande Devieranno
Dal Dritto Dromo un Dubbio Desolante
Devo Distribuir Denaro in Dono
o in Deposito Darlo senza Danno?
So che mi accusano di superbia, e forse di misantropia, o di pazienza. Tali accuse (che punirò al momento giusto) sono ridicole. È vero che non esco di casa, ma è anche vero che le porte (il cui numero è infinito) restano aperte giorno e notte agli uomini e agli animali. Entri chi vuole. Non troverà qui lussi donneschi né la splendida pompa dei palazzi, ma la quiete e la solitudine. E troverà una casa come non ce n'è altre sulla faccia della terra. Mente chi afferma che in Egitto ce n'è una simile e quando qualcuno ha di fatto insistito nella menzogna della sua esistenza, il dio Bes, divinità ingiustamente trascurata, lo ha condannato nel suo responso, emettendolo orrendamente dalla bocca . E non è trascurabile il fatto che nel lontano tempio di Abido, il dio presieda al sonno degli uomini ed ospiti saggi sacerdoti che sognano su ordinazione per il bene di ognuno e spero anche del mio.
Immagino ch'egli venga a farmi visita e che io gli mostri la casa. Con grandi inchini, gli dico: "Adesso torniamo all'angolo di prima," o: "Adesso sbocchiamo in un altro cortile," o: "Lo dicevo io che ti sarebbe piaciuto il canale dell'acqua," oppure: "Ora ti faccio vedere una cisterna che s'è riempita di sabbia," o anche: "Vedrai come si biforca la cantina." A volte mi sbaglio, e ci mettiamo a ridere entrambi.
Diversivi! Specchietti per le allodole! Cortine fumogene! Risibili strategie per prendere tempo, ma il tempo… oh il tempo! C'è poco da ridere, poco da esplorare cantine e cisterne. Per quanto le cantine si biforchino, dovrà pur sempre giungere il tempo del re dei greci. Unica magra consolazione sarà che anche lui, oh sì, anche lui… sebbene non se ne renda conto e solo vagamente veda a un tratto nel mostro… beh lui stesso.
Ma quell'altro spirito mi costringe comunque a parlare, al di là di ogni giustificazione, utilità e senso. Lo spirito del profondo mi ha tolto la ragione e tutte le mie conoscenze, per porle al servizio dell'inesplicabile e del paradossale. Mi ha privato del linguaggio e della scrittura per tutto ciò che non stava al servizio di quest'unica cosa, ossia dell'intima fusione di senso e controsenso che produce il senso superiore.
Che sia maggiore di zero, sant'Iddio, è una cosa che mi auguro di tutto cuore. Non augurerei lo zero al mio peggior nemico ammesso che ne abbia uno. Che poi si possa andare al di là di uno, cioè nel senso di maggiore di uno è una cosa normale perché tutto ciò che esiste per il fatto stesso che diciamo "Questo esiste" si fonda basilarmente sulla dualità. Ricordo che a San Cesario venne fuori questa cosa della dualità sebbene personalmente preferisca di gran lunga la terziarità cioè che qualcosa esiste in relazione a un'altra cosa. Pare che questa sia la base del Segno, una specie di triangolo insomma, il segno, voglio dire, la cosa e il significato della cosa. Roba vecchia, lo so, che andava di moda negli anni sessanta. Ma allora che dovrei dire degli anni tra i venti e i quaranta? Vecchi e sepolti, certo. Tutti da buttare...Eppure chi si azzarderebbe ad azzerare quegli anni lì? Intanto anche lì c'era la dualità di uno davanti a uno cioè due o magari zero se si eliminavano a vicenda ad Arcachon, il che non era possibile poiché uno doveva prevalere. C'era la guerra. E poi, ditemi un po', la scacchiera è un labirinto?
Sinonimo di ripetizione o delle facoltà motorie. C'è sempre chi fa il passo più lungo della gamba e chi si accontenta di muovere un solo piede al di là del confine. Si può essere in diversi posti contemporaneamente? Ma il qui è sempre l'altrove di un altro.
Un giorno un samurai andò da un monaco buddhista leggendario di nome Hakuin e chiese: "Esiste un inferno? Esiste un paradiso? Se esistono da dove si entra?". Era un semplice guerriero. I guerrieri sono privi di astuzia nelle mente. I guerrieri conoscono solo due cose: la vita e la morte. Il samurai non era venuto per imparare una dottrina, voleva sapere dov'erano le porte, per evitare l'inferno ed entrare in paradiso. Hakuin chiese: "Chi sei tu?". Il guerriero rispose: "Sono un samurai". In Giappone essere un samurai è motivo di grande orgoglio. Significa essere un guerriero perfetto. Uno che non esiterebbe un attimo a dare la vita."Sono un grande guerriero, anche l'imperatore mi rispetta". Hakuin rise e disse:"Tu, un samurai? Sembri un mendicante!" L'uomo si sentì ferito nell'orgoglio. Sfoderò la spada, con l'intenzione di uccidere Hakuin. Il maestro rise: "Questa è la porta dell'inferno - disse - con questa spada, con questa collera, con questo ego, si apre quella porta". Questo un guerriero lo può comprendere, così il samurai rinfoderò la spada...e Hakuin disse: "Qui si apre la porta del paradiso". L'inferno e il paradiso sono dentro di te. Entrambe le porte sono in te. Quando ti comporti in modo inconsapevole, si apre la porta dell'inferno; quando sei attento e consapevole, si apre la porta del paradiso. La mente è sia paradiso che l'inferno, perchè la mente ha la capacità di diventare sia l'uno che l'altro. Ma la gente continua a pensare che tutto esista in un luogo imprecisato all'esterno...
Il fisico Stephen Hawkings disse: "Nel caso di tutto l'universo, si può dimostrare che l'energia negativa gravitazionale annulla esattamente l'energia positiva. Quindi l'energia totale dell'universo è zero".
Straordinario : Qualcosa si muove in continuazione e guarda caso la sua energia totale è zero! Non ne verremo mai a capo. E questo probabilmente è un bene. Quante dannate cose ci sono che non capiamo sant'Iddio, anche se molte, poi. in fin dei conti arriviamo a capirle, col tempo, si capisce, al solito. Ci sarà abbastanza tempo per capire il tempo? al momento no saprei avrei bisogno di tempo per pensarci. Comunque si può sempre capire che una cosa attuale è più vecchia di Matusalemme . Riguardo alla chiocciola, guarda un po', l'ipotesi avanzata dal paleografo americano Berthold Louis Ullman in Ancient Writing and its Influence, New York 1932, p. 187 nonchè da Scarnicci e Tarabusi nel loro testo Scrittura e Frittura, è stata messa in discussione da Giorgio Stabile, docente di Storia della scienza dell'Università "La Sapienza" di Roma e della Università di Gastroenterologia di Montalto di Castro, che nel corso di una ricerca portata a termine nel 2000 per l'Istituto Treccani ha constatato che il simbolo sembra trovarsi solo in testi posteriori che adottano la scrittura mercantesca, ovvero la grafia commerciale usata dai mercanti italiani a partire dal tardo medioevo. Nel suo articolo L'icon@ dei mercanti sono ripercorsi i passi che lo hanno condotto a sostenere che in origine il simbolo indicasse in realtà la parola anfora nel suo valore specifico di unità di misura, di capacità e di peso, usato già nell'antica Grecia e a Roma. La cosa non riguarda naturalmente nè i crateri attici nè le lekhitai peloponnesiache ovviamente, che a Stabile non interessano affatto. Stabile cita la Nota di Paleografia Commerciale (per i secoli XIII-XVI) di Elena Cecchi in appendice alla raccolta di Federigo Melis, Smith and Wesson e Deleuze e Guattari ( Deleuze non manca mai) Documenti per la storia economica dei secoli XIII-XVI con una nota di Paleografia Commerciale di Elena Cecchi, Firenze Olschki 1972 (Istituto Internazionale di Storia economica "F. Datini" Prato, Pubblicazioni - Serie I. Documenti, 1) in cui a p. 569 un elenco delle più diffuse abbreviazioni commerciali usate nei secoli XIII-XVI si apre con l'indicazione "a (con svolazzo in senso antiorario) = anfora". Nello stesso volume di Melis, da p. 114 a p. 2211, è presente la trascrizione di una lettera da Siviglia del 24 maggio 1536 del mercante toscano Francesco Lapi nella quale si trova la voce anfora come unità di misura; voce che nel documento originale di cui è riportata la foto è appunto indicata con il simbolo @. La lettera, una volta ricevuta dalla moglie del Lapi, è stata cestinata dalla stessa.
Forse è fra questi ultimi il mio redentore e un giorno sorgerà dalla polvere! Come sarà il mio redentore?
In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati».
Atti 4,12l I. viene praticato innanzitutto perché permette di moltiplicare e di conservare inalterati i caratteri della varietà che invece si modificherebbero inevitabilmente nella moltiplicazione. Permette inoltre, ed è certamente questo lo scopo più importante di migliorare e di anticipare la produzione considerevolmente, sia nel punto di vista qualitativo che quantitativo scegliendo accuratamente i portanti. l' I. è importante anche per ottenere la riproduzione di varietà sterili o di mutazioni, oppure per migliorarne la pregialità anche in ambiente sfavorevoli da un punto di vista pedoclimatico, utilizzando un soggetto capace di adattarsi meglio a quelle condizioni. infine consente anche di combattere e di aumentare la resistenza ai parassiti in quanto la parte inferiore solitamente risulta più rustico .
Sarà forse un toro con volto d'uomo? O sarà come me?
Il colore rosso rimanda forse alla passione erotica e al sangue mestruale e si inserisce alla perfezione
nel contesto simbolico della fertilità, come del resto l'evidenza del seno e del ventre, in una sorta di forma amigdaloide, non so se mi spiego, a sua volta adeguata all'atto pratico e rituale di infilare l'effige nella terra onde favorire il raccolto in una sorta di preghiera alla Madre Terra. Quando la vedo penso a mia zia, che era fatta esattamente così. Lei però non ha avuto figli.
«Nel buio profondo adoro sorseggiare i vostri occhi vacui. È proprio quando li sento scendere in gola, all’altezza della trachea, che sento l’edera cingere le mie costole, i vermi leccare il mio sudore. Vi prego di non manifestare mai più i vostri sentimenti in modo così chiaro. Non ricordo assolutamente alcuna lettera dell’alfabeto delle vostre emozioni. È per questa ragione che una morte magra mi chiama sibilando. Il blu dentro le vostre bocche si è spento. Avevo iniziato col fumare dei ragni, col regalare denti gialli ai fiumi. Insomma, avevo iniziato a riflettere. Un esercito di formiche era il mio boia, la polvere fremente era lo sputo di alberi secchissimi. In passato ricordo di aver schivato il fumo grigio che fuoriusciva dalle vostre bocche. Riuscivo persino a contagiarmi in continuazione: “Se si è buoni, si riesce a pregare in modo davvero impeccabile”. Ma in questo nero non mi resta altro che suonare marimbe rocciose con i vostri femori, che picchiettare denti in modo comprensivo. Ho leccato un bicchiere rotto solo perché troppi satanassi palavano zolfo rovente. Giù, sempre più giù. Non dovreste lasciarmi solo. Il buon Dio ha creato i cancelli per creare genti senza più niente. Pertanto, i corvi spolpano e i serpenti urlano. Sono un assassino pieno di falle? Non dovreste lasciarmi soltanto questo materiale scarnificato. Ho bisogno dei vostri stomaci per farne tamburi: è un lavoro. Le mosche decollano ed io vi sogno, mi sogno furiosamente. Dove sono finite le vostre urla? Le mie budella sono piena di fango denso e roba morta. La mia pancia ribolle dei vostri occhi. Dimenticate che vi ho ferito con quelle pietre. Non mi resta altro che attendervi nel cortile del mio manicomio. Niente è reale, mi sono fatto scappare tutto. Un cavallo rosso con un buco in pancia mi ha detto dove sta il vero. Dimenticatemi. Attendo che non venga più nessuno».
la forma non è altro che vuoto, il vuoto non è altro che forma;
ciò che è forma è vuoto, ciò che è vuoto è forma;
ed è lo stesso per sensazione, percezione, formazione karmica e coscienza.
Shariputra, tutte le cose sono vuote apparizioni.
Esse non sono nate, non sono distrutte, non macchiate, non pure;
non aumentano né decrescono.
Perciò, nella vacuità non c'è forma, né sensazione, né percezione, né formazione karmica, né coscienza;
né occhi, orecchie, naso, lingua, corpo, mente;
né forma, suono, odore, gusto, tatto, oggetti;
né c'è un regno del vedere, e così via finché giungiamo a nessun regno della coscienza;
non vi è conoscenza, ignoranza, né fine della conoscenza, né fine dell'ignoranza, e così via finché giungiamo a non ci sono vecchiaia e morte;
né estinzione di vecchiaia e morte;
non c'è sofferenza, karma, estinzione, Via;
né saggezza, né realizzazione.
Dal momento che non si ha nulla da conseguire, si è un bodhisattva.
Poiché ci si è interamente affidati alla Prajnaparamita,
la mente è priva d'ostacoli;
dal momento che la mente è priva d'ostacoli,
non si conosce paura, si è ben oltre tutto il pensiero illusorio,
e si raggiunge il Nirvana definitivo.
Ho avuto un'idea vera.
Nessuno che abbia un'idea vera ignora che l'idea vera implica la massima certezza... nessuno può dubitare di questa cosa, a meno che non creda che l'idea sia qualcosa di muto a guisa di una pittura in un quadro, e non un modo di pensare, cioè l'atto stesso di conoscere; e, di grazia... chi può sapere di essere certo di una cosa se prima non è certo di questa cosa? Inoltre, che cosa si può dare di più chiaro e di più certo che sia norma di verità, se non l'idea vera? Senza dubbio, come la luce manifesta se stessa e le tenebre, così la verità è norma di sé e del falso.
Ho avuto l'idea vera secondo la quale tutte le case sono collegate e dal soggiorno di una casa si passa al balcone di un'altra e da quel balcone si passa al corridoio di un'altra e da quel corridoio alla camera da letto di un'altra (sperando di non disturbare, questo va da sé) e da quella camera da letto al bagno di un'altra (sperando di nuovo di non disturbare, questo è scontato) e da quel bagno alla cucina di un'altra, dove qualcuno cucina qualcosa magari e da quella cucina a un salotto con due vecchi coniugi che guardano la televisione e da quel salotto allo studio di uno studente fuori sede che studia o magari non studia e da quello studio a una mansarda di un'altra casa e da lì si può scendere per una scala che porta all'ingresso di un'altra casa dove è appena arrivato un ospite che non conosciamo e così senza fine in un labirinto sterminato di case che sono la città e il territorio e il mondo intero e tutti stanno in casa e si incontrano, sia pure fugacemente, sia pure brevemente. Sembra un'idea surreale, come si dice abusando di un termine molto noto, e invece no: è un'idea vera.
Arriveremo, finalmente. E dovremo ripartire…
Perché possiamo fermarci a riposare leggere, accarezzarci , ricordare, illuderci, sognare o fare qualsiasi altra cosa, anche morire, anche in un albergo a ore. Perché a differenza della @ portiamo la nostra casa dentro di noi.
Uno dei miei ospiti mi ha raccontato di molte culture indigene che in piena autonomia decidono di perdersi intenzionalmente e che addirittura ci sono dei luoghi prestabiliti che offrono questa possibilità. Gli ho chiesto se sia possibile decidere di perdersi e la sua risposta è stata che bisognava abbandonare ogni conoscenza profonda e ogni attribuzione dettagliata di significato che si possiede solo nel proprio luogo familiare. Ma perdersi non implica solo un'azione, volontaria o non, ma anche una passione che si discosta da qualsiasi riflessione: sono perso quando sono spaventato nello stupore di essere ritrovato perduto.
E quindi no, non è possibile perdersi di proposito.
Ma allora perché desideriamo perderci? Forse perché è sempre più difficile che accada, e non mi riferisco ad un'esperienza di distrazione e di gioco come avviene in questa casa, ma ad un'esperienza nella sua totalità.
Chiederemo a cappuccetto rosso.
Noi siamo tutti sulla stessa barca che non c'è un capitano e non si può averlo.
I passeggeri parlano solo dove stiamo e dove non vogliamo arrivarci.
Allora dove arriveremo?
Guy Debord: Gli artefici dei naufragi scrivono il loro nome soltanto sull’acqua
Il festival del cinema di Cannes del 1951 prevede, come tutti gli anni e tutti gli altri festival, che ci sia una giuria visto che si dovrà concludere con l'ignominiosa procedura della premiazione. Quell'anno la giuria è presieduta dallo scrittore anglomane Andrè Maurois che ha oltretutto il difetto di fabbricazione di essere figlio di un industriale alsaziano. Guidata da un siffatto lacchè dell'occidente la giuria emette un giudizio ipocritamente salomonico aggirando il suo compito, peraltro discriminatorio, di assegnare a qualcuno la superiorità su qualcun altro, cosa palesemente innaturale. Vincono ex aequo, per dirla all'antica, La notte del piacere di Sjoberg e Miracolo a Milano di De Sica, film, quest'ultimo giustamente criticato per il fatto di intravedere la vittoria del proletariato, anzi, del sottoproletariato, non nella dittatura ma in paradiso, da raggiungere a cavallo di un certo numero di scope. Sull'altro film non mi pronuncio perché non l'ho visto. E' precisamente in quella occasione che, probabilmente sulla Croisette, che è il lungomare della ridente città rivierasca francese, Guy Débord incontra un gruppo di giovani agitatori interessati al cinema. Essi sostengono con spirito cameratesco il film di Isidore Isou Traitè de bave e d'etérnité che, a dispetto delle intenzioni dell'autore, che presumibilmente si augurava di essere cacciato a calci nel sedere, ottiene il premio come miglior film di avanguardia e viene ovviamente ghettizzato. Anche questo film , come il presidente della giuria, ha qualche difetto di fabbricazione perché tra gli interpreti ci sono Jean Cocteau, Blaise Cendrars e jean Louis Barrault. E' anche sulla base di quella esperienza che Guy Débord dichiara non so bene in quale occasione ma certamente al bar, che il cinema deve essere distrutto perché fornisce alla gente delle esistenze di compensazione del tutto irreali.
Guy Débord : Gli artefici dei naufragii scrivono il loro nome soltanto sull'acqua
"Fare un buco nell'acqua è un modo di dire colloquiale della lingua italiana. Si utilizza per indicare un'attività o un tentativo inutile, un insuccesso"(wikipidia)
chi è quest'uomo?
123prova
BIVIO di Ercole al bivio. Il dubbio di Ercole al bivio. Il brivido del dubbio di Ercole al bivio. Senofonte narra che Prodico di Ceo narra che Ercole fu preso dal brivido del dubbio ad un bivio cruciale anche perché non aveva neppure uno straccio di vestito, neppure addosso la sua classica pelle di leone ma solo come si vede la sua fida clava che come copertura serviva poco o nulla. Per farla breve il brivido del bivio stava nel dubbio fra Virtù e Piacere per cui dubbioso stava l'eroe a sedere in vista di un sedere. Chi non avrebbe esitato di fronte a quel vedere? Vestita la Virtù una dura salita gli faceva vedere mentre maschere oscene gli mostrava il Piacere. Chi non avrebbe avuto il dubbio di una scelta a quel bivio pur non essendo Ercole ?Non so. Ho un dubbio circa il dubbio.
Un giorno, parlando di relatività del Tempo, Albert Einstein disse: "Quando un uomo siede un'ora in compagnia di una bella ragazza, sembra sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora".
Quando morì il suo carissimo amico Michele Besso, scrisse alla sorella e al figlio di Michele, sostenendo che la separazione tra passato, presente e futuro ha solo il significato di un’illusione.
Quante crepe questi muri,
quanti dettagli,
senza nemmeno delle istruzioni.
Mi dispiace non avere sempre l'umore di apprezzare.
Da piccolo odiavo i semi degli agrumi, adesso mi sembrano un grande regalo.