Descrizione del progetto

Il progetto RIVALSA si propone di

  • descrivere le variazioni nella composizione microbica in suoli con vegetazione nativa rispetto a suoli invasi da specie del genere Carpobrotus

  • selezionare un pool di specie di piante spontanee i cui semi siano in grado di germinare nonostante la presenza nel suolo di sostanze allelopatiche rilasciate da Carpobrotus

  • selezionare un consorzio di specie fungine in grado di resistere all’effetto allelopatico di Carpobrotus e che possa aumentare la capacità di germinazione dei semi e di sopravvivenza delle piante in presenza di tali sostanze allelopatiche

Gli habitat costieri

La scomparsa degli habitat, l’aumento della popolazione e dell’impatto antropico, il sovrasfruttamento delle risorse naturali, l’inquinamento, i cambiamenti climatici, sono solo alcune delle minacce alla diversità vegetale cui oggi l’uomo deve far fronte. In particolare, una delle maggiori minacce di questo secolo per la vegetazione naturale è costituita dalle specie aliene (cioè, non native).

Gli habitat costieri dunali, per loro natura instabili, sono annoverati tra quelli più fragili e dunque a maggior rischio di scomparsa, perchè minacciati dalla crescente antropizzazione e dall’erosione delle coste. Sono inoltre tra gli habitat più vulnerabili alle invasioni biologiche. Il fenomeno interessa tutti gli stati dell’Unione Europea che si affacciano sul mare, ma è indubbiamente più intenso e diffuso nel bacino del Mediterraneo. Ovunque, infatti, il disturbo antropico e l’erosione marina hanno profondamente modificato la morfologia delle coste e delle dune, causando la riduzione o la scomparsa della vegetazione spontanea dunale e la diffusione di specie aliene, spesso particolarmente invasive, in genere caratterizzate da un rapido accrescimento ed elevate capacità di resistenza, adattamento e persistenza. La loro aggressività fa sì che si sostituiscano alle specie vegetali native dell’area, con conseguente diminuzione della biodiversità vegetale e animale, fino alla distruzione degli ecosistemi naturali e la diminuzione della loro capacità di resilienza. Maggiore è il grado di fragilità di questi habitat, maggiore è il rischio di scomparsa per essi e per la flora annessa.

Il problema: l’invasività delle specie di Carpobrotus

Carpobrotus edulis

Carpobrotus edulis a Sant'Agostino, Tarquinia (VT)

Carpobrotus acinaciformis alle Saline di Tarquinia (VT)

Carpobrotus edulis e C. acinaciformis sono due tra le specie aliene maggiormente aggressive dell’Europa mediterranea. Native del Sud-Africa e introdotte dall’uomo nel passato per stabilizzare le dune sabbiose o a scopo ornamentale, si sono ormai diffuse e naturalizzate lungo le coste sia del bacino del Mediterraneo che dell’Europa settentrionale. Entrano in competizione con le piante autoctone, spesso sostituendole completamente, portando quindi alla scomparsa della flora locale e della biodiversità ad essa associata.

Il successo di Carpobrotus è in parte dovuto al suo elevato tasso di riproduzione vegetativa. Infatti, nelle aree costiere le piante di Carpobrotus crescono con facilità, propagandosi rapidamente su ampie superfici e coprendo le dune con un fitto intreccio, compatto e impenetrabile, che impedisce la crescita delle specie spontanee. Una volta affermatosi, può avere la meglio sulle specie autoctone competendo in modo aggressivo: sottraendo loro acqua, nutrienti e spazio, inibendone fortemente la crescita e l’affermazione.

In particolare, la lettiera di Carpobrotus esercita un efficace effetto allelopatico a breve-medio termine sulle specie native, riducendone il tasso di germinazione e affermazione. L’invasività del Carpobrotus provoca inoltre drammatici effetti sulle caratteristiche del suolo, portando ad un forte incremento nell’apporto di sostanza organica con la sua abbondante necromassa, oltre a un’alterazione della chimica del suolo, diminuendone il pH e la concentrazione di ioni calcio e sodio e aumentando il tenore di carbonio, azoto, fosforo e la salinità. Tali cambiamenti permangono anche dopo la rimozione della pianta e i composti allelopatici rilasciati nel suolo minano la ricostituzione della vegetazione naturale inibendo la germinazione dei semi e favorendo l’invasione da parte di altre specie vegetali, ruderali e nitrofile.

La componente fungina del suolo

La componente fungina del suolo svolge un ruolo determinante e spesso sottostimato per l’instaurarsi e la sopravvivenza della comunità vegetale sovrastante. I funghi possono ad esempio influire sulla capacità competitiva delle specie autoctone o degradare eventuali sostanze inquinanti presenti nel suolo e migliorarne la qualità.

Perciò, in prima istanza, il progetto si propone di valutare le variazioni nella diversità e nella composizione delle comunità microbiche di suoli in risposta all’invasione di specie di Carpobrotus in tre diverse località. Infatti, i cambiamenti a carico delle comunità microbiche del suolo indotti dalla crescita di Carpobrotus e dalle conseguenti modificazioni del loro ambiente, in termini di incremento di apporto organico, decremento del pH e rilascio di sostanze allelopatiche, non sono ad oggi noti.

Inoltre, molti studi negli anni hanno dimostrato la potenzialità dell’uso di consorzi fungini per un’efficace rimozione di agenti inquinanti di vario tipo, quali metalli pesanti, idrocarburi e plastiche. Le sostanze allelopatiche, per quanto di origine naturale, si possono considerare, a tutti gli effetti, una sorta di “inquinante naturale”, nei confronti del quale ci si propone di selezionare un consorzio fungino adeguato a un intervento di bioremediation, quindi di rimozione di quelle sostanze responsabili da un lato del successo di Carpobrotus, dall’altro della ridotta germinazione di semi e scarsa vitalità delle piante della vegetazione spontanea.