Classe III B

A cura della prof.ssa Ida Patrizia Grassi

La storia di un giovane disertore


Questo racconto parla di un ragazzo di 17 anni che fu arruolato nell’esercito e spedito nelle trincee dell’Altopiano d’Asiago contro le trincee austriache. Ma un giorno, stanco di trascorrere giorni nelle trincee, decise di disertare.

Era la notte del 13 dicembre 1915. Faceva molto freddo, avevo il corpo congelato, il cibo era troppo freddo e duro. La vita in trincea continuava a essere sempre più insostenibile. C’erano alcuni soldati che morivano di fame, alcuni che morivano di freddo e altri che si tolsero la vita. Io non ce la facevo a trascorrere altro tempo nelle trincee e così decisi di disertare. Aspettai che tutti si addormentassero per riuscire ad andarmene senza che nessuno mi vedesse. Uscii piano piano dalla trincea per non fare troppo rumore e strisciai per paura di esser visto dai soldati austriaci. Alla fine raggiunsi un boschetto e iniziai a camminare a passo svelto. Non si vedeva niente, non c’era vita, era tutto così triste e buio. Passano i giorni, il cibo che presi dalla trincea iniziava a diminuire e la speranza di riuscire nel mio intento era sempre meno viva. All’improvviso trovai davanti al mio cammino un piccolo villaggio che andava in fiamme. Provai a trovare qualcuno che mi potesse aiutare o qualcosa da mangiare, ma venni sorpreso da due soldati austriaci. Cercai di scappare, ma non avevo abbastanza forza per correre. Mi presero e mi legarono ad un albero. Passarono le ore e finalmente diventò notte. Aspettai che i due soldati si addormentassero. Riuscii a slegarmi con grande difficoltà e presi la pistola di un soldato per poi ucciderli tutte e due nel sonno. Ripresi il cammino e dopo giorni finalmente raggiunsi il mio amato paese. Tutti mi guardavano con aria stranita e allo stesso tempo rabbiosa. Poi vidi mia madre e corsi da lei abbracciandola. Oltrepassai la porta di casa e mi sedetti vicino al camino. Mentre mi lasciavo avvolgere dal caldo abbraccio del camino pensai anche alla delusione che i miei compagni, che in quel momento sacrificavano la loro vita per la Patria, provavano per me, per essermi comportato come un fifone.

Denis Rignanese

Diario dal fronte


14 aprile 1915

Caro diario,

E’ la prima volta che ti scrivo,mi chiamo Mark e ho compiuto da poco i diciotto anni, amo scrivere e leggere. Sono molto alto e robusto con dei folti capelli rossi, che mia madre adora.

Potrebbe sembrare insolito che un ragazzo della mia età scriva un diario,ma c’è un motivo ben preciso: mio padre è stato chiamato ad arruolarsi nell’esercito per combattere all’interno delle trincee; non ne so molto ma sono piuttosto preoccupato per lui, non sembrano dei posti ospitali..

24 maggio 1915

Caro diario,

mio padre sta partendo per la guerra,le lacrime scendono sul mio viso e la tristezza riempie il mio cuore. Ora vado a dargli un ultimo abbraccio.

Spero di sentirlo al più presto.

Mark

29 giugno 1915

Caro diario,

oggi sono veramente contento...è arrivata una lettera di papà!

Mi dice che le giornate lì sembrano non terminare mai e la paura di essere ucciso lo perseguita. Dice anche che il cibo non è gradevole e lui è sporco di terra e del sangue dei suoi compagni,che gli muoiono accanto. Mi ha descritto brevemente le trincee, ma solamente leggendo, i brividi percorrono la mia schiena e il solo pensiero di non poter fare nulla mi distrugge.

13 giugno 1916

Caro diario,

papà dopo un lungo anno mi ha riscritto e vedendo la sua scrittura percepisco la sua debolezza nel tenere in mano persino una penna e non riesco ad immaginare come possa riuscire a tenere in mano un fucile...la fine della sua lettera si interrompe con uno strano scarabocchio: come se fosse stato interrotto da qualcuno o da qualcosa. Mi auguro che non sia successo niente di brutto.

18 ottobre 1916

Caro diario,

E’ arrivato a casa un telegramma con su scritto che mio padre non ce l’ha fatta…. e adesso spetta a me prendere il suo posto. Non ho mai provato un dolore così immenso, d'altronde l’avevo intuito dalle ultime lettere..traspariva in modo evidente la sua mancanza di forze,ma non credevo che questo momento arrivasse così in fretta. Beh, mio padre è stato coraggioso e vorrei esserlo anch’io. Partirò fra qualche giorno e sono molto in ansia, soprattutto perché a questo punto dovrò lasciare mia mamma da sola. Però mi dà sollievo il fatto che ci sia anche il mio amico Frank a partire con me. Sono quasi certo che assieme a lui andrà tutto bene.

21 ottobre 1916

Caro diario,

Sono ore 16,00 e sono in viaggio ormai da diverse ore e manca poco a destinazione.

Non nascondo di essere preoccupato e ansioso, ogni volta che chiudo le palpebre mi tornano in mente le lettere angoscianti di papà e il suo volto esausto senza alcun briciolo di speranza,che posso solamente immaginare..

Non so qual è il mio intento,ma in qualche modo volevo compiere ciò che mio padre non era riuscito a fare.

Ore 17,30. Siamo giunti a destinazione, intravedo da lontano luoghi terrificanti.

Alzando il telone si percepisce l’odore ripugnante che ricopre l’intera zona..

Adesso sento un brivido di timore più intenso vedendo ciò che mi aspetta.

Noto le stesse sensazioni nel volto impaurito di Frank, come del resto di chiunque sia com me su questo camion.

27 ottobre 1916

Caro diario,

E’ trascorsa solamente una settimana qui, ma posso raccontarti già tantissime cose.Iniziando dal clima gelido, nonostante non sia pieno inverno. Inoltre, il cibo scarseggia ed è pietoso, siamo fortunati se il camion delle merci riesce ad arrivare per tempo, prima che ci possa essere un eventuale attacco da parte dei nemici.

Per non parlare delle numerose malattie che hanno già colpito gran parte della mia squadra, in questi corridoi sotterranei siamo tempestati di insetti e pidocchi.

I nostri vestiti sono sgualciti, sporchi, così come i nostri capelli ormai unti. La notte diventa più dura del giorno, poiché i nemici aspettano il momento giusto per attaccare, oramai non dormo più, l’ansia e il terrore bruciano la mente e anche facendo dei turni di guardia, è impossibile chiudere occhio.

Mio padre aveva proprio ragione.

15 novembre 1917

Caro diario,

E’ passato ormai un anno, ieri Frank è stato ferito gravemente durante un bombardamento aereo e ha perso una gamba,perciò non potendo più combattere,è stato congedato.

Ora sono solo, ho perso l’unica persona a me cara qui e adesso l’unica cosa che mi resta sei tu, diario, finchè ho la forza di scriverti..

Mark

17 dicembre 1917

Caro diario,

in questa buia e tempestosa giornata, l’unica cosa che mi dà sollievo è la lettera che ho ricevuto da mia madre. Non la sentivo ormai da tempo, qui è difficile riuscire a comunicare..

Non mi ha scritto molto,ma dice che sente la mia mancanza, non vede l’ora di riabbracciarmi e mi dice che sta bene anche se io so che non è così. Queste sue parole mi trasmettono conforto e speranza, ma allo stesso tempo malinconia per non poterla vedere.

20 Ottobre 1918

Caro diario,

a quanto pare la guerra sta per giungere al termine e io sono sempre più stanco, ma continuerò a lottare fino all’ultimo secondo se è necessario.

Ora scappo perché è ora di entrare in azione,a presto.

Mark

11 novembre 1918

Caro diario,

Sto finalmente per tornare a casa,e come la guerra anche il mio diario è concluso..

Sono fiero di essere riuscito a sopravvivere e a compiere ciò che purtroppo mio padre avrebbe voluto fare se fosse stato ancora vivo. Non vedo l’ora di tornare fra le braccia calde di mia madre e di rivedere dopo molto quel burlone di Frank, ma soprattutto di rivivere la vita di sempre ricordando, però fino alla fine dei miei giorni, questi preziosi e intensi anni che sono sicuramente serviti a farmi maturare.

Grazie a te, diario per avermi accompagnato in questi anni bui, senza scriverti sarei certamente impazzito lì dentro.

Saluti, il tuo per sempre Mark

Chiara Rosiello

La soffitta dei ricordi

In una vecchia casa di campagna viveva una piccola famiglia formata da mamma, papà, figlia e nonna. Un giorno la bambina, di nome Camilla, chiese alla nonna di costruire il loro albero genealogico partendo da lei che era l’ultima nata. La nonna, emozionata, subito decise di iniziare a collegare le parentele del padre e della madre e qualche volta, incuriosita, la bambina chiedeva alla nonna chi fosse la persona da lei citata e chiedeva se l’avesse mai conosciuta. La nonna arrivò a citare il trisavolo della bambina e quando scrisse il suo nome su quel foglio di carta pieno di nomi, chiamò Camilla dicendole di doverle raccontare una storia importante alla quale doveva prestare molta attenzione: “Cara Camilla questo è il tuo trisavolo cioè il nonno che viene dopo il bisnonno, oggi ti racconto della sua avventura avvenuta esattamente in un periodo di guerra...la Grande Guerra…

Andrea, il tuo trisavolo, un giorno fu chiamato a combattere e fu costretto a lasciare la sua famiglia per andare in un posto veramente brutto chiamato trincea. Le trincee sono grandi tunnel scavati nel terreno dove c’erano dei sacchi, credo di sabbia, che servivano a proteggere gli uomini dai proiettili avversari. Andrea scriveva lettere al mio papà raccontandogli come era trascorrere i giorni lì: il cibo era disgustoso e misero, servito un giorno sì e l’altro no, dormivano, a volte, accanto ai loro compagni morti, erano al freddo e sotto la pioggia nei giorni più duri. Erano costretti inoltre a vivere nella sporcizia a contatto con insetti e formiche. La paura era molta, soprattutto nei momenti in cui dovevano incrociare gli occhi dei soldati nemici e senza nessuna pietà sparavano e uccidevano. Fu così che Andrea morì, trucidato dai colpi di fucile che lo colpirono, lasciandolo cadere a terra e morire...nessuno potè fare niente, d’altronde nessuno aveva il coraggio di uscire allo scoperto e rischiare la vita anche se si trattava di salvare o aiutare un caro amico” disse la nonna. Camilla rimase esterrefatta dal racconto della nonna ma la sua curiosità diventava sempre maggiore, così chiese se avesse qualche foto di Andrea e qualche lettera da lui scritta. La nonna ci pensò qualche minuto, poi si ricordò che aveva conservato un po’ di ricordi nel baule in soffitta. Ormai era tardi e la bambina si addormentò tra i pensieri e i preziosi ricordi raccontati dalla nonna. Il fuoco del caminetto si stava spegnendo, e dopo aver asciugata una lacrima provocata dai ricordi, anche la nonna si addormentò. Il giorno successivo la nonna propose a Camilla di andare in soffitta per riaprire dopo anni quel vecchio baule, ormai pieno di polvere. Nemmeno la nonna ormai anziana, ricordava ciò che conteneva quella vecchia cassa, ed era quasi più curiosa della sua nipotina. Arrivati in soffitta si accorsero che il baule era più grande di quanto immaginato e facevano fatica a sollevarlo così decisero di aprirlo lì. Una volta aperto, una nuvola di polvere riempì i loro volti incuriositi dalla quantità di oggetti contenuti in quel che era diventato un vero e proprio scrigno del tesoro. Iniziarono a tirar fuori vari oggetti come ciondoli e braccialetti, spille e passaporti ormai illeggibili. Decine di antiche lettere scritte da Andrea, le quali erano così rovinate che ormai era impossibile decifrarle, ma una sola delle tante si leggeva bene, era una pagina di diario che raccontava le avventure di una delle giornate passate in quell’inferno. Le lacrime riempirono il volto della nonna che nel frattempo ricordava le parole del padre quando le raccontava la storia e ora lei stava raccontando tutto alla sua nipotina.

Svuotarono il baule ma le sorprese non erano finite, una luce incantevole riempì la stanza, un raggio di sole aveva colpito una chiave molto grande, dorata, piena di rifiniture e particolari.

La nonna non esitò a prenderla per scoprire quale fosse la porta corrispondente alla chiave, ma ebbe qualche difficoltà nel trovarla. Le provò tutte ma senza risultati perchè nessuna porta aveva la serratura adatta. Cercarono nel baule qualche indizio ma la loro ricerca fu nulla perchè era vuoto e si vedeva solo il legno color quercia pieno di venature che profumava di antico. Senza speranza, decisero di spostarlo per rimetterlo al suo posto ed ecco in quel momento che trovarono un vecchio bigliettino che assomigliava ad una pergamena. Lo aprirono e trovarono un indizio che diceva: “Se il 14 maggio qui sopra salirai la porta segreta finalmente troverai”. La fortuna volle che il giorno in cui trovarono il bigliettino era proprio il 14 maggio del 1950 e prese dall’euforia, restarono tutto il giorno in soffitta ad aspettare qualche segno che potesse indicare la porta segreta. Più il tempo passava, più la speranza diminuiva ma ad un tratto, un raggio di luce proveniente da uno splendido tramonto, colpì una serratura in acciaio, ben lavorata con delle rifiniture in oro.

La nonna svegliò Camilla che nel mentre si era addormentata, le fece osservare lo spettacolo della luce che si rifletteva e poi senza aspettare altro tempo corsero verso la porta, la aprirono e rimasero meravigliate. Trovarono un salotto pieno di mobili antichi e vicino ad un divanetto trovarono una lettera ed una fotografia, secondo la sua descrizione, risaliva al giorno prima di partire. la lettera era una specie di autobiografia che raccontava della vita di Andrea e delle sue avventure passate. Descriveva come aveva trascorso le giornate dopo la terribile notizia della chiamata alle armi: giornate piene di paura e tristezza, parlava anche di una ragazzina di cui lui si era innamorato, ma che doveva presto lasciare. Alla fine della lettera c’era scritto: “PS. Se hai trovato questa lettera significa che hai trovato il mio baule e quindi sono morto, sotto il cuscino c’è una scatola, prendila e aprila.”

Camilla fece come le era stato detto e quando aprì la scatola scoprì che al suo interno c’erano i vestiti del tisavolo tra cui la divisa della guerra, anche se molto rovinata. Nel taschino della divisa, trovò una foto in cui c’erano Andrea con suo figlio ed erano in ospedale perché era nata la sua nipotina. La nonna, si riconobbe in quella bambina e scoppiò in lacrime perché sapeva che era morto poco dopo la sua nascita ma fu molto felice di scoprire che suo nonno l’aveva conosciuta.

La nipotina corse subito a raccontare ciò che aveva scoperto ai suoi genitori che furono felicissimi di scoprire cosa contenesse quel baule lasciato in soffitta per anni e mai aperto. Questa fu per Camilla un’esperienza indimenticabile!

Alice Martich