Esiste ancora il bambino nel mondo?

Il titolo appare come una provocazione e sottintende, in chi lo propone, che oggi

non è facilmente rintracciabile l’idea di Bambino nel mondo.

Cosa pensiamo del Bambino, cosa proviamo di fronte al Bambino e soprattutto nei

nostri gesti traspare la Sua presenza?

C’è un posto per Lui nel mondo costruito dalle nostre azioni, c’è uno spazio

di tensione costante nei nostri pensieri, la nostra vita di sentimento si fa luogo

di accoglienza cosciente per il Bambino?

Noi pensiamo al Bambino come il naturale risultato del confluire della corrente

ereditaria e dell’ambiente che incontra nascendo? è il risultato del Suo adattarsi a

queste due realtà che ne fa un uomo, un individuo un essere che cerca se stesso?

Ma quel se stesso, già presente alla nascita, lo sperimentarsi, crescendo, individuo, è

il risultato di un puro processo di adattamento? Cresciamo perché ci adattiamo o in

quanto trasformiamo attivamente e individualmente patrimonio genetico e ambiente?

E’ pensabile che il Bambino che nasce sia il portatore di un patrimonio individuale,

di una diversa appartenenza, di una ricchezza che traspare dalla sua unicità? Se tutto

ciò è pensabile, allora, abbiamo al momento della nascita il confluire di tre correnti

o patrimoni, quello ereditario, quello portato dall’ambiente (il patrimonio culturale) e

quello individuale, originario, primigenio e quindi non derivato.

Dall’incontro di questi tre patrimoni si danno le condizioni di partenza della vita

sulla terra.