La naja non annoia con Brando (L'incontro / maggio-giugno 2022)
Sebastiano Correra e Emanuela Pozzi
Dal 2005 in Italia non c’è più il servizio di leva, e tante consuetudini legate alla naja (come veniva chiamato quel periodo) sono sparite. Ben pochi ricordano che, in corrispondenza dei 18 anni d’età, i cittadini maschi ricevevano la “cartolina precetto”, che li convocava per la visita di leva (durata tre giorni), superata la quale si doveva partire per il CAR (Centro Addestramento Reclute), da cui si sarebbe passati al servizio di leva vero e proprio: almeno un anno in caserma.
Il servizio militare sanciva l’ingresso degli uomini nell’età adulta, ed aveva i propri riti di passaggio. Un’abitudine diffusa in alcuni paesi era la festa dei coscritti: sui muri campeggiava a caratteri cubitali la scritta “W LA CLASSE ####” (con #### che indicava l’anno di nascita) ed erano affissi manifestini tricolori con gli slogan “Attente ragazze arrivano i coscritti del ####” o anche “Tutti belli quelli del ####”. I coscritti indossavano un cappellino tricolore e un foulard, con ricamato l’anno della classe.
In alcune zone del Piemonte (Roero, Langhe, Monferrato) i coscritti si scatenavano in un veloce girotondo: lo sbrando (o brando). Il termine brando sembrerebbe derivare dall'italianizzazione del francese “branle”, ed è già citato nel 1496. La “scompostezza” di questa danza era tale che nel “Libro del Cortegiano” (di B. Castiglione, 1528) si proibisce al cortigiano di “partecipare alle feste di contado e di esibirsi in balli non convenienti come la moresca ed il brando”. Per quanto riguarda la coreografia, si sa solo che si svolgeva in circolo, con i danzatori che si tenevano per mano. La prima registrazione che ci è pervenuta risale al 1954: si tratta di una danza indiavolata, un vorticoso ed energico girotondo diviso in tre temi musicali. Talvolta il ballo diventava una gara di resistenza tra danzatori, con il ritmo portato all'estremo: i moralisti parlavano di danze “dionisiache come il brando.”
In rete sono disponibili diversi filmati che illustrano lo sbrando, come ad esempio al link https://www.youtube.com/watch?v=KVgQzwclJN4.
Un filmato che trasmette l’energia di questo ballo è quello registrato nel 2014 a Vialfrè, in occasione del “Gran Bal Trad”, (https://www.youtube.com/watch?v=H1fKjF1gsgY): vi parteciparono 60 musicisti e ben 700 ballerini!
Un ballo così coinvolgente non può che diffondersi ovunque: il gruppo inglese Tiger Moth nel 1984 incise un LP dal titolo Smarlon (con un gioco di parole, riferito all’attore statunitense), e in questo modo lo sbrando si è diffuso anche nei paesi anglosassoni.
La rivoluzione piemontese (L'incontro / marzo-aprile 2022)
Sebastiano Correra e Emanuela Pozzi
Tutti conosciamo la Marsigliese, l’inno nazionale francese (due indirizzi ad esempio per la versione di Edith Piaf, https://www.youtube.com/watch?v=JJsAguWQvdQ, e quella di Mireille Mathieu, https://www.youtube.com/watch?v=SIxOl1EraXA). Il nome originale era Chante de guerre pour l'Armée du Rhin (Canto di guerra per l'Armata del Reno), ma assunse il nome attuale perché veniva cantata dai volontari provenienti da Marsiglia che arrivavano a Parigi. L’autore ufficiale è Claude Joseph Rouget de Lisle, all'epoca ufficiale del genio militare, che l’avrebbe composta nel 1792. Sono però stati sollevati alcuni dubbi. Risale infatti al 1781, e cioè 11 anni prima, il componimento “tema e variazioni in Do maggiore”, del piemontese Giovanni Battista Viotti: ascoltandolo si resta impressionati dalla somiglianza (https://www.youtube.com/watch?v=5pwjlqsIvC0).
Un altro canto che riscosse grande popolarità durante la Rivoluzione francese, al punto che era considerato come un inno nazionale semi-ufficiale, fu La Carmagnole (la Carmagnola), e anche in questo caso l’origine sarebbe piemontese. Infatti (come dice il nome) avrebbe avuto origine nella valle di Carmagnòla, comune a 25 chilometri da Torino. Questo paese fu per secoli un importante mercato per la canapa, ma dopo il passaggio sotto il dominio dei Savoia molti filatori andarono in esilio a Marsiglia. Oltre alla loro esperienza nella lavorazione della canapa, questi lavoratori specializzati portarono con sé le loro mode e le loro canzoni (in Provenza chiamavano anche "carmagnols" le loro giacche). La Carmagnola è appunto un canto che fu composto nel 1792 in concomitanza con la creazione della Convenzione Nazionale, l'arresto di Luigi XVI, e poco prima dell'avvento del Regime del Terrore. Il testo deride Luigi XVI e Maria Antonietta, e divenne l'inno dei sanculotti e un'icona del periodo rivoluzionario.
La Carmagnola divenne anche una danza, che si ballava intorno alle ghigliottine, davanti all'Assemblea della Convenzione e intorno agli alberi della Libertà (si veda ad esempio https://www.youtube.com/watch?v=6dgJdPBeXRg). Si ballava per le strade fino al periodo del Consolato, e ogni volta che c'era un'insurrezione popolare. Inoltre, durante il Terrore, divenne usuale - come insulto e minaccia - obbligare i “nemici della Rivoluzione” a ballare e cantare per strada sulle note della Carmagnola.
Il ballo non conosce confini (L'incontro / gennaio-febbraio 2022)
Sebastiano Correra e Emanuela Pozzi
La danza in generale e i balli popolari in particolare travalicano i confini, e costituiscono una sorta di linguaggio universale, come dimostra la storia della Chapelloise.
In Inghilterra alla fine del XVI secolo, alla corte di Elisabetta I,iniziò a diffondersi la “Country Dance”: si tratta di una danza con una coreografia al tempo stesso collettiva e di coppia, ed è descritta ne l’ “English Dancing Master” di John Playford (1651). Una evoluzione di sono i “Mixer”,sempre di origine anglosassone, accomunati dalla disposizione dei danzatori in cerchio. Queste danze dovettero diffondersi un po’ ovunque in Europa, tanto che in Svezia se ne ballava una versione detta “Aleman's marsj” (qualcosa del tipo “marcia tedesca”). Negli anni trenta del novecento fu importata in Francia, enegli anni settanta veniva insegnata da A. Dufresne a Chapelle-des-Bois. Dufresne ne aveva però dimenticato il nome, per cui la danza si diffuse come “chapelloise”. Da allora è divenuta, con il circolo circassiano, la danza folk per antonomasia, che riunisce tutti, esperti e neofiti, e che contribuisce alla socializzazione. Un’altra denominazione è “champenoise”, mentre in Belgio è talvolta chiamata gigue; in Scozia ne viene ballata una variante chiamata Gay Gordons.
La chapelloise è molto semplice; un esempio si può osservare all’indirizzo https://youtu.be/4bfCVFXMboA. Si parte con le coppie disposte in un circolo, lungo i raggi: gli uomini costituiscono il cerchio interno e porgono la mano destra alla dama, che è verso l’esterno. Il cerchio delle coppie procede in senso antiorario, e alla fine del ritornello è previsto lo scambio delle dame.
Buona danza!
E quando il Rabbino balla… (L'incontro / novembre-dicembre 2021)
Sebastiano Correra e Emanuela Pozzi
… ballano anche gli chassidim, cioè: “quando il maestro danza, danzano anche i discepoli”. Questo è un verso della canzone yiddish “Un Az Der Rebbe Zingt”. Gli emigranti europei portarono la lingua yiddish negli Stati Uniti d’America, dove viene tuttora utilizzata dalle comunità ebraiche ortodosse. Una di queste comunità è quella aschenazita, i cui musicisti dettero origine nel XV secoloalla musica klezmer, utilizzata per danze collettive: a tutti sarà capitato di vedere immagini di questi gruppi di omoni barbuti in cappottone e cappello nero, che ballano in circolo. A noi vengono in mente due esempi tratti da film comici. Nel film “Le folli avventure di Rabbi Jacob” (di Gérard Oury, 1973) Louis de Funès, scambiato per un rabbino, viene trascinato nella danza (vedi https://www.youtube.com/watch?v=vyPf7JjVgeU). In “Scusi, dov'è il West?” (di Robert Aldrich, 1979) un rabbino, impersonato da Gene Wilder, insegna il ballo a una tribù di nativi americani, e riesce addirittura a far piovere con questa improvvisata “danza della pioggia” (vedi https://www.youtube.com/watch?v=NFRhvZ8Cng0).
Di seguito riporto una descrizione sintetica del ballo (vedi ad esempio https://www.youtube.com/watch?v=xpkRs5OeJ10):
1. Ci si pone in circolo, tenendosi per mano
2. Tenendosi sempre volti verso il centro, si fanno quattro passi verso destra (si sposta il piede destro e poi il sinistro passa dietro)
3. Partendo col destro, si fanno tre passi verso il centro e si finisce con un saltello sul piede destro
4. Si torna indietro con tre passi
5. Sempre volti verso l’interno, ci si muove verso sinistra. Si parte col piede destro e si fanno due passi mayim. Nel mayim si fa prima un passo lateralmente passando col piede destro davanti al sinistro e la seconda volta passando dietro
6. Si accenna un passo verso destra col destro, e si torna indietro; uno verso sinistra col sinistro, e ritorno; uno verso destra e ritorno
7. Si ripetono i punti 1-6
8. Ci lasciano le mani dei compagni e ci si gira verso destra.
9. Camminando un po’ inchinati si fanno quattro passi, poi ci si ferma levando le mani verso l’alto. Si fanno quindi due passi all’indietro
10. Si fanno tre passi lateralmente verso l’esterno del circolo, e si levano le mani verso l’alto
11. Sempre lateralmente si fanno tre passi verso l’interno del circolo, e si levano le mani verso l’alto
12. Si ripetono i punti 9-11
Si ricomincia
Domani è un altro ballo (L'incontro / settembre-ottobre 2021)
Sebastiano Correra ed Emanuela Pozzi
In una delle scene principali del pluripremiato film del 1939 “Via col vento”, l’avventuriero Rhett Butler offre ben 150 dollari per un ballo con Rossella O’Hara (interpretata da Vivien Leigh). Questo fatto genera scandalo, essendo Rossella rimasta vedova da poco; ma suscita ancora più riprovazione l’accettazione dell’invito da parte di Rossella, spinta dal suo desiderio di ballare. Noi che siamo da questa altra parte dello schermo sospettiamo che c’entri qualcosa anche il fascino dell’impudente avventuriero, interpretato da Clark Gable, icona di eleganza e fascino maschile del cinema degli anni 1930-40. È anche vero però che il primo ballo è un “Virginia Reel”, un ballo estremamente divertente (la scena del film si può vedere, ad esempio, all’indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=7x5DN6j1Z-0)
Si tratta di un ballo per coppie, dalle remote origini irlandesi, portato in Virginia dai coloni inglesi. È una danza molto vivace, accompagnata da musica folk: 4/4 con ritmo in terzine. Reel significa “mulinello”: durante la danza le coppie si trovano spesso a roteare. Si parte con una doppia linea, una fila di uomini e l'altra di donne, che si fronteggiano.
• SALUTO: i due partner avanzano l’uno verso l’altro, si salutano con un inchino/riverenza e tornano al loro posto indietreggiando.
• MULINELLO BRACCIO DX - BRACCIO SX: si avanza tendendo il braccio dx in avanti e si prende il partner sotto il braccio; si gira quindi in senso orario, per poi tornare al proprio posto. Si ripete quindi con il braccio sx e in senso antiorario.
• MULINELLO CON ENTRAMBE LE MANI: analoga alla precedente, ma tenendosi con entrambe le mani.
• DOS A DOS DX - DOS A DOS SX: si fanno due passi in avanti, si passa oltre il partner sfiorando le proprie spalle destre, ci si ritrova schiena a schiena; camminando all’indietro si ritorna quindi nella posizione di partenza. Si ripete quindi dal lato sinistro. (in pratica sono mulinelli senza presa)
• CAVALCATA E RITORNO: la prima coppia della fila si prende per mano e avanza con passo saltellato laterale in mezzo alle due file, poi torna allo stesso modo.
• CATENA – CAVALCATA: la prima coppia si tiene con il braccio destro e gira su sé stessa; quindi inizia una catena con il danzatore all'estremità opposta della propria fila; si fa una catena completa con tutta la fila (la donna incontra gli uomini, l'uomo incontra le donne). La catena prosegue fino alla fine della fila; quindi la coppia ritorna all'inizio con la cavalcata laterale.
• FONTANA – PONTE: la coppia di testa si separa e i ballerini, passando ciascuno dietro alla propria linea, raggiungono l’altra estremità. A questo punto la prima coppia si ferma e unisce entrambe le mani formando un arco, sotto cui passano le altre coppie. In questo modo la seconda coppia ora diventa la coppia di testa.
E si ripete la sequenza…
Ballando la nostalgia del non vissuto (L'incontro / settembre-ottobre 2021)
Sebastiano Correra ed Emanuela Pozzi
La parola “saudade” deriva dalla cultura lusitana, e indica un sentimento simile alla nostalgia. Questo termine sembra che abbia avuto origine con la fondazione dell’impero coloniale portoghese, e indicava il senso di malinconia e solitudine di cui erano pervasi sia quelli che partivano che quelli, soprattutto donne, che restavano ad attendere il ritorno dei propri cari. Per lo scrittore Antonio Tabucchi la Saudade è una nostalgia legata sia al ricordo del passato che alla speranza per il futuro. Lo accosta al dantesco “disìo” del canto VIII del Purgatorio: «Era già l'ora che volge il disìo ai navicanti e 'ntenerisce il core lo dì c'han detto ai dolci amici addio» (Purgatorio, Canto VIII). Alcuni sostengono che questo sentimento ha forse una corrispondenza nel napoletano "pucundrìa", che racchiude lo stesso senso di malinconia dell'anima. Pino Daniele, nella canzone "Appocundrìa", esprime proprio questo sentimento struggente, analogo forse al "blues": anche "blue" indica un misto di tristezza e malinconia esistenziali e immotivate.
L’ espressione musicale della saudade è il fado portoghese (il vocabolo Fado deriva dal latino “fatum” = destino); il cantante è accompagnato da una chitarra acustica con 6 corde di metallo (chiamata “viola do fado”) e dalla “guitarra portuguesa”, una chitarra a 12 corde con cassa a forma di pera. Si tratta di una “Poesia del popolo con ritmo e movimento particolare accompagnato dalla chitarra e le cui parole vengono chiamate fados” (da un dizionario del 1878). Ciò detto, non ci si aspetterebbe che una tale musica possa essere usata per ballare, né a maggior ragione per un ballo di gruppo vivace e divertente. E invece è proprio così; l’esempio più famoso è il “Fado português de nós” (testo e musica di Paulo de Carvalho), interpretato da Mariza. Invitandovi a sentirlo (vedi ad es. https://www.youtube.com/watch?v=YXTsKv1hK3Q), vi descriviamo brevemente il ballo.
Ci si pone in cerchio, tenendosi per mano.
Dall’inizio del canto, dopo 16 battute, si parte:
1. Si disegna un quadrato, con la fronte verso il centro, prima partendo da destra: lato dx con tre passi in avanti; tre passi laterali verso sinistra; due passi all’indietro e due passi verso destra.
2. Ci si volta verso destra per fare due passi lenti e tre passetti veloci (per due volte).
3. Si ricomincia, ma cambiando direzione e disegnando un quadrato, con la fronte verso il centro, partendo col piede sinistro.
Un singolare ballo di gruppo (L'incontro / lug-ago 2020)
Sebastiano Correra ed Emanuela Pozzi
L’emergenza covid19 ha fatto irruzione nella vita quotidiana di tutti noi, modificando le nostre abitudini: l’appuntamento settimanale con il corso di balli popolari, che sono tipicamente balli di gruppo, è per il momento sospeso. Per fortuna le moderne tecnologie ci consentono di interagire a distanza, e il risultato si può vedere digitando “D.I.S. Danza, Distanti in Sintonia” su Youtube. La danza effettuata è Damat Halayi.
Le danze Halay sono danze popolari originarie dell'Anatolia centrale e sud-orientale, ballate in origine sulla musica della zurna (strumento a fiato) e davul (tamburo cilindrico a due pelli) attorno a un falò cerimoniale. Alcuni ne fanno risalire le origini all’impero Assiro; sono danze diffuse in Turchia, Iran, Iraq e Azerbaigian. In azero, yal significa "fila, catena": i ballerini ballano disposti su una o più linee. Inoltre sembra che Halay derivi dalla parola "Alay", che significa "cooperazione fra molte persone".
In Turchia Damat Halayi è “il ballo dello sposo”, e si suonava principalmente ai matrimoni. I ballerini di Halay formano un cerchio o una linea, mentre si tengono l'un l'altro con il mignolo, o sono spalla a spalla, o si tengono per mano. I due ballerini alle estremità agitano un fazzoletto; il ballo inizia lentamente e a mano a mano accelera. Stando al Guiness dei primati, il più grande ballo Halay è stato eseguito da 1144 ballerini nella piazza König-Heinrich, a Duisburg, in Germania, il 22 Marzo 2015. (per altre informazioni, ad es. vedi http://simplyknowledge.com/popular/gk_detail/halay).
E’ un ballo estremamente semplice:
Inizialmente si è tutti allineati, e ci si tiene per mano.
Mantenendosi sempre in riga, si parte con il piede destro, e si fanno tre passi andando verso destra, per dare un piccolo calcio in aria col piede sinistro
Si ritorna quindi verso sinistra, facendo (simmetricamente) gli stessi passi
Si ripetono 1.e 2
Piccolo calcio in avanti col piede sinistro
Piccolo calcio in avanti col piede destro
Si ripetono 4. e 5
Il piede sinistro punta a terra avanti; poi punta a terra a destra
Si ricomincia quindi, e la musica accelera sempre di più.
Neanderthal Dance (L'incontro / mag-giu 2020)
Sebastiano Correra ed Emanuela Pozzi
Dopo una pluridecennale vita sedentaria mi sono trovato in veneranda età a partecipare al corso di danze popolari del polo sociale. Sorprendentemente la cosa mi è piaciuta, e (diabolicamente) persevero. Questo nuovo interesse sollecita anche alcune curiosità; il primo mistero è: perché ci piacciono la musica e la danza?
Secondo alcuni neuroscienziati, il piacere che proviamo nell’ascolto della musica è legato alla produzione da parte del cervello della dopamina, che provoca una sensazione di benessere. È lo stesso piacere che proviamo quando risolviamo un problema o riusciamo a prevedere ciò che accadrà in futuro (entrambe abilità che assicurano un vantaggio ai fini della sopravvivenza). È evidente che ritmi, armonie, melodie e relazioni della musica si prestano per farci provare questo tipo di gratificazione. A maggior ragione questa considerazione è valida per la danza, che implica anche il movimento “sincronizzato” con la musica.
C’è chi sostiene addirittura che è la danza che distingue l’uomo dagli (altri) animali. Ma anche questa “peculiarità dell’uomo”, come tante altre proposte in precedenza (uso di strumenti, violenza gratuita, pollice opponibile, ecc.) è stata smentita. Già dall’antichità si parlava di danze degli animali, che però venivano legate a rituali di corteggiamento. Ma la danza è qualcosa di più specifico: richiede che un individuo muova gli arti e il corpo in sincronia con un ritmo musicale. Proprio ciò che un danzatore chiamato Snowball ha dimostrato di saper fare (su youtube si trovano sue performance). Si tratta di un Cacatua galerita (un uccello), cui i ricercatori del del Neurosciences Institute di San Diego (California) hanno proposto una canzone dei Backstreet Boys, ma accelerandola o rallentandola. I ricercatori hanno ripreso l'uccello, e l’analisi dei video ha mostrato che i passi di danza di Snowball erano sincronizzati con la musica: l’uccello ballava. Sembra quindi che ci troviamo di fronte ad un comportamento/esigenza innato e comune a molte specie (almeno quelle che sono in grado di modulare suoni).
La cultura umana ha poi trasformato la danza anche in una forma d'arte, un mezzo di espressione. Nel caso poi dei balli di gruppo, che furono probabilmente i primi ad essere inventati, la danza sarebbe anche alla base della socialità e permetterebbe di stringere legami sociali al di là di quelli di sangue. Forse è stata proprio la capacità di ballare a permettere all’uomo di sviluppare un cervello interconnesso, la capacità di provare empatia e di adattarsi all’ambiente.
Vivi in folk (L'incontro / lug-ago 2018)
Sebastiano Correra (e molti altri!)
Nel film Zorba il greco (1964, di Michael Cacoyannis) Anthony Quinn-Zorba è un personaggio ottimista e positivo. Alla fine del film insegna al co-protagonista Basil (interpretato da Alan Bates) Il Sirtaki, la Danza di Zorba, che proprio in seguito alla fama riscossa dal film in Grecia è divenuto una danza popolare. La gioia di vivere che viene trasmessa dal personaggio di Zorba è espressa benissimo dalla danza, e accomuna tutte le danze popolari. La caratteristica principale che le contraddistingue e le rende diverse dalle altre danze è la sensazione di rilassata libertà che trasmettono. Le danze popolari traggono la loro origine dalle manifestazioni celebrative dei momenti più significativi della vita dei popoli: una danza per celebrare un buon raccolto, la vendemmia, l’inizio dell’estate, il matrimonio, la nascita di un bambino e così via. Sono quindi espressioni naturali e genuine di gioia condivisa.
A differenza delle danze patrizie, che venivano ballate nei grandi saloni sfarzosamente arredati e illuminati e in contesti più formali, le danze popolari venivano ballate nelle piazze e nelle aie, cioè nei luoghi dove la gente viveva, si incontrava, giocava e amava.
Questo stesso spirito si riflette nei moderni epigoni. Mentre infatti in altri corsi di danza spesso si ritrovano degli atteggiamenti competitivi, che generano ansia da prestazione, nel caso delle danze popolari tutto ciò non vale: tutti possono ballare senza timore di essere giudicati o valutati.
Quello descritto è proprio il clima del corso di Balli Popolari del Polo Sociale, la cui prima edizione si è conclusa a metà giugno riscuotendo un grande successo. È un modo rilassante e non noioso per fare un po' di moto. Stiamo parlando di balli come il Circolo Circassiano (Inghilterra), l'Anter Dro e la Chapelloise (Francia), la Raca Plava (Croazia), le italianissime Gigo occitano e Tarantella Emiliana e tante altre. Non può mancare - ça va sans dire - il Sirtaki.
Perché scegliere le danze popolari?
Perché riportano in vita danze che hanno una storia lontanissima
Perché la danza viene portata in piazza e favorisce l’amicizia: nelle città, nei contesti di feste di paese, di quartiere, suonatori e ballerini vengono chiamati ad animare piazze e strade
Perché le danze popolari coinvolgono il pubblico, che si lascia prendere divertito soprattutto con le danze in cerchio
Perché aggregano giovani, adulti e anziani
Perché, a differenza di altre danze, spesso dame e cavalieri non formano coppie fisse: è un’attività di gruppo