TourMontBlanc22

Premessa

Dall'anno scorso, riflettendo su possibili giri ciclistici tra i passi delle Alpi Franco-Italiane, avevo cominciato a considerare il Tour du Mont Blanc, un percorso  molto popolare tra gli amanti delle pedalate di Endurance. Si tratta di un anello di circa 320 Km di lunghezza che attraversa tre paesi: Italia,  Svizzera e  Francia. Si può percorrere nei due sensi ma non so bene perché nella mia testa il senso di percorrenza possibile e` stato sempre solo uno, ossia quello antiorario, che partendo dall'Italia attraversa la Svizzera, poi la Francia, prima di rientrare in Italia.   Il percorso comprende il valicamento di 6 colli principali, nell'ordine passo del Gran San Bernardo (frontiera Italia-Svizzera, 2473m), col de la Forclaz (Svizzera, 1527m), col des Montets (Francia, 1461m), col des Saisies (Francia, 1650m), Cormet de Roselend (Francia, 1968m), passo del Piccolo San Bernardo (frontiera Francia-Italia, 2188m).  Si tratta di salite con pendenze medie relativamente moderate (tra il 5 e il 6 percento), con pochi tratti duri (raramente oltre il 10/11 per cento), ma il dislivello complessivo è di oltre 7000 metri, che per me significa addentrarmi in un territorio sconosciuto. 

Sono stati  Pistu e Stefano per primi a parlarmi di  questo percorso che loro avevano già fatto in passato. A fine giugno   Pistu mi aveva annunciato che quest'anno lo avrebbero rifatto nel mese di luglio proponendomi di unirmi a loro, ma luglio  sarebbe stato   per me  troppo prematuro.  Cosi ho cercato di prepararmi pedalando piu o meno regolarmente a luglio e nella prima metà di Agosto, studiando bene il percorso, e ascoltando la testimonianza di Pistu sulla loro ultima esecuzione del giro fatto a metà luglio. 

Un'escursione di questo tipo richiede soprattuto una grande disciplina fisica e mentale, accompagnata da forte motivazione. Durante questi mesi estivi, mentre lavoravo da casa, ho nutrito una crescente passione per tentare questa avventura. Sovente mi addormentavo la sera pensando alla sequenza dei colli da attraversare, immaginando come potessero apparire gli arrivi, le salite, ipotizzando i punti in cui sarebbe stato più difficile avanzare, ben consapevole della terribile fama dell'ultima salita (quella del Passo del Piccolo San Bernardo), quella che pone a rischio il completamento del giro. E con questo bagaglio di motivazione mista a paura mi sono finalmente deciso a partire. Qualche settimana fa, con Simona, al Festival Cinema Ambiente abbiamo assistito alla proiezione di un documentario su Walter Bonatti, il quale in una delle tante interviste affermò una frase il cui senso ricordo essere il seguente: ``l'avventura inizia sognandola''. Ascoltandola mi sembrò una frase assai adeguata. 

Per le strade di Aosta alla partenza

Partenza:  23h26 martedi 23/08/2022

Dopo aver cenato con Simona a casa di Margherita ho chiuso lo zaino, verificato di non aver dimenticato nulla di fondamentale, caricato la macchina e sono partito da Ivrea verso le dieci di sera. Piccola sosta per ritirare un po di contante (che preso dalla inquietudine di non tralasciare nulla di importante finirò poi per dimenticare nel porta oggetti della macchina) e via in autostrada per Aosta. Al parcheggio delle funivie di Pila monto borse e borsine sulla bici, gonfio le gomme, installo le luci, e seleziono un po di barrette da mettermi in tasca per i momenti di bisogna. Manca poco alle undici e trenta quando chiudo la macchina, salgo in sella e parto.  


Passo del Gran San Bernardo (Italia/Svizzera)

Ad Aosta è una serata tiepida quando passata la rotonda a fianco dell'ospedale imbocco la strada per il Gran San Bernardo. C'è una piacevole  calma, poche auto, lo spirito è buono sebbene la sensazione di stare per infilarsi in una situazione complicata sia ben presente. E cosi mi incammino, in punta di piedi, timoroso, con un solo mantra che  ripeto anche ad alta voce ``pedala piano, in scioltezza'', ``sii premuroso con il tuo corpo'', ``ricordati che il tuo obbiettivo è tornare alla macchina'', il che in pratica vuol dire arrivare al Passo del Piccolo San Bernardo che si trova a circa 265Km di distanza dall'inizio del percorso: arrivati li si è ``salvi''.

Poco prima di arrivare  a Gignod, appena sopra Aosta, nel silenzio della strada vuota, saluto un signore che sta facendo benzina al distributore, il quale, sorpreso di sentirsi interpellato da un ciclista nottambulo, mi risponde con un buffo sorriso. Uscendo dal paese la zona illuminata termina e la  strada si fa buia, l'auto del signore al distributore mi supera lentamente e io lo saluto alzando il braccio,  senza che lui possa accorgersene nel buio. Sino a Etroubles la strada è noiosamente dritta, poi si inerpica snodandosi in un paio di tornanti ripidi prima di giungere a Saint Oyen, un borgo carino, attraversando il quale passo accanto alla prima sorgente d'acqua: una bellissima fontana con  getto abbondante e rumoroso nel silenzio della notte. Un desiderio viscerale di acqua, attivato anche solo dalla percezione del suo suono,  si rivelerà il leitmotiv della giornata.   Penso a fermarmi e rabboccare le borracce che ho già iniziato a consumare, ma poi mi dico che non è necessario, c'è tempo per riempirle (specie in Francia!). Lasciato Saint Oyen alle spalle si intravedono le luci del casello d'ingresso alla superstrada che conduce al tunnel del Gran San Bernardo mentre  un po più in su  il serpentone illuminato della galleria aperta che porta al Tunnel mi  intimidisce stagliandosi sul pendio sovrastante. 

È passata circa un'ora e tre quarti dalla partenza quando svoltando a destra   imbocco la salita per il Passo e  a quel punto, mi dico, incontrerò ancora meno auto rispetto alle poche che ho incrociato sin li. La valle si fa stretta nella prima parte della salita e la strada lambisce per alcune centinaia di metri  il serpentone fluorescente della superstrada (dal quale si sentono scorrere rare automobili) sino a passargli sotto in corrispondenza del punto architettonicamente più impressionante della struttura, quello in cui la galleria aperta si trasforma in viadotto coperto che attraversando la stretta valle si conficca nella montagna, come un serpente che ne voglia divorare le interiora. 

Da li in poi la salita si fa piu dura, una serie di tornanti si susseguono tra alpeggi che percepisco solo grazie all'olfatto e ai versi delle bestie. Il buio si fa più buio, l'aria più fredda, la solitudine più intensa. Vedendo diversi camper e furgoni parcheggiati lungo la strada mi sorprendo a immaginare di fermarmi, bussare al finestrino e chiedere ospitalità al caldo di un sacco a pelo condiviso con uno sconosciuto. Entrando nell'unica  galleria, pochi metri prima del colle, in lontananza intravedo un gruppo di animali fermo in mezzo alla strada all'estremità opposta della galleria. Avvicinandomi riconosco delle grosse corna:  uno stambecco è intento a leccare l'asfalto nel centro della carreggiata mentre a bordo strada ci sono quelli che immagino essere i suoi figli. Fischio e urlo per segnalare il mio arrivo. Come risposta ricevo dei versi che mi ricordano quelle delle marmotte ma ben più intensi e con un che di sinistro (cosa non è sinistro  quassù a quest'ora?). Più mi avvicino e più il mio sguardo è calamitato dalle corna: ``mo'  che faccio ? passo in mezzo al cornuto e pargoli ? mi fermo e aspetto che se ne vadano? ''. Deo gratia, quando sono ormai a pochi metri, il cornuto con un elegante  spinta sulle zampe posteriori balza sul paracarro in muratura che delimita la galleria lateralmente (anche questa aperta) e da li, gettandosi oltre sparisce inghiottito dal ripido pendio, seguito dai suoi pargoli. 

Finalmente sono al colle, sono le 2h41, mi fermo a bordo del laghetto, mangio un paio di panini, bevo, mi vesto con tutto quello che ho (ben contento di aver portato un paio di copri pantaloni lunghi) prima di buttarmi nella lunga discesa verso Martigny. 


La luna rotola giù dal pendio

Salendo ad un certo punto mi sono voltato...

... e ho scoperto che albeggia

Col de la Forclaz (Svizzera)

La discesa dal Passo del Gran San Bernardo è ripida e mal asfaltata sino  dove la strada  del Passo si ricongiunge a quella di uscita dal Tunnel, quest'ultima, come dal lato italiano, corre dentro una lunga galleria aperta su  un lato, entrando nella quale gioisco per aver guadagnato qualche grado di temperatura. Il pensiero fisso del momento è perdere quota rapidamente in modo da guadagnare calore. 

La carreggiata adesso è ampia e con poche curve non impegnative, tanto che dopo qualche decina di chilometri (Martigny dista 45 Km dal Passo) mi rendo conto di essere rimbambito dal sonno.

Poco prima di Martigny  la lotta con il sonno cessa quando svoltando nel borgo di Martigny-Combe mi fermo per svestirmi e iniziare la salita al Col de la Forclaz. Questa svolta è in realtà una scorciatoia che evita di scendere sino a Martigny passando per una ripida stradina (questo è il settore con le pendenze massime di tutto il Tour) sulla quale si affacciano bellissime case in legno, molto Svizzere, legna accatasta in ceppi di millimetrica precisione, giardini che paiono salotti su tappeti di erba rasata, tutto magnifico e magico  in questa ovattata oscurità. La scorciatoia di Martigny-Combe si congiunge poi con la strada principale del Col de la Forclaz salendo la quale  mi accorgo della presenza della luna alle mie spalle (foto a lato). Quando arrivo al colle sono le 5h43, c'e` una fontana a bordo strada, questa non la manco: bevo, rabbocco borracce (Vive la Suisse!).  Mi rivesto con tutto quello che ho e mi butto in discesa. 

Arrivo al Col des Montets

Prima apparizione del Monte Bianco

Sua Maestà...

Col des Montets  (Francia)

Dopo pochi chilometri la discesa dal Col de la Forclaz termina in una pianura dove si attraversa la dogana tra Svizzera e Francia, a quest'ora deserta. La strada poi riprende a salire per il col de Montets, una salita dolce e corta. Il traffico del mattino si intensifica, essendo giorno infrasettimanale immagino si tratti  più che altro di lavoratori, molti dei quali probabilmente sono in ritardo a giudicare dalla loro guida frenetica.  Arrivato al colle il Monte Bianco fa la sua prima apparizione (foto a lato e sotto) e da qui in poi sarà un fedele compagno per il resto del viaggio. 

Infreddolito,  stanco e bramando la fatidica colazione   che   Pistu e Stefano hanno fatto a Chamonix, al Col de Montets mi fermo pochissimo.  In realtà la prima Boulangerie che incontro alla fine della discesa dal Col Montets è ad Argentiere, il paese che precede Chamonix: va benissimo! Gli scaffali sono ancora semivuoti quando entro e allora domando alla commessa se ci sono i Pains aux Raisins,  che adoro. Con tono scontroso mi risponde ``che si ci sono ma che  sta ancora scaricando la merce  consegnata dal forno''. Nessun problema, aspetto volentieri. Al di là dell'aria burbera è in realtà una lavoratrice motivata e mi serve subito un pain aux raisins gigante con una  tazza di caffe lungo. Scaldandomi mentre gusto  caffè e brioche, diversi clienti mattinieri arrivano a comprare pane, croissant, o panini. La burbera conferma il suo approccio scontroso, ma mi convinco che sia più che altro una corazza. Convinzione che si rafforza quando ordinando il secondo caffe con annesso secondo pain aux raisins il suo tono nei miei confronti diventa più gentile. 

Lame solari tra le creste del Bianco

Cascata del Cuore scendendo sulla piana di Passy

Verso Megeve

Da Chamonix (1035m) per arrivare a Megeve (1113m) bisogna prima scendere nella piana di Passy (532m) percorrendo una bellissima stradina che attraversando il bosco si srotola intorno alla superstrada che collega Chamonix con l'autostrada  per Ginevra. Il sole ormai sorto  rincuora lo spirito e mi riempe di motivazione. Gli spettri della notte, l'insicurezza, svaniti nel nulla. Mi fermo a bordo strada una prima volta per togliermi  giacca e pantaloni lunghi prima di iniziare la piccola salita che apre il settore nel bosco. La strada stretta e tortuosissima in quel tratto scende tra tornanti attraversando  piccoli borghi per poi trasferirsi sull'altro  versante della valle. Accostandomi a bordo strada per una seconda pausa ``idraulica'' sento un auto fermarsi alle mie spalle. L'autista abbassato il finestrino mi domanda ``Tout vas bien ? Vous avez un souci ?'' (Tutto bene? Qualche problema?), per poi sorridermi e ripartire divertito con i suoi passeggeri (burlone). Uscendo dalla zona boschiva inizia la discesa verso la piana di Passy (all'altro estremo della quale si vede la salita per Megeve) e la in un tornante si incontra la cascata del Cuore (foto a fianco).

Mongolfiera in decollo sui pendii di Megeve

Arrivo al Col des Saisies 

Col des Saisies (Francia)

La salita al Col des Saisies si prende dopo aver percorso la, lunga, piatta e trafficatissima valle di Megeve. Sono circa le 10 del mattino e il sole splendente inizia a farsi sentire specie nella parte iniziale piuttosto ripida della salita quella che attraversa il paese Notre Dame de Bellecombe. 

Il buon umore persiste e all'attacco del pendio mi ripeto "mi raccomando prendila con calma", mi sforzo per sentire le gambe muoversi senza troppa fatica, per evitare di respirare troppo forte, che il cuore lavori, ma piano.  Un ciclista anziano con pantaloncini marchiati con il nome di un club ciclistico che mi pare di qualche cittadina nella cintura parigina mi saluta superandomi. Lo guardo allontanarsi davanti a me, esile, polpacci ben torniti, in forma e mi compiaccio di non avere alcun impulso di provare a seguirlo, il mio obbiettivo (ancora molto incerto) e` riuscire a tornare a casa, da solo. 

Dopo l'attraversamento di Notre Dame de Bellecombe la pendenza si stabilizza e il paesaggio diventa progressivamente più gradevole, immerso nel verde dei prati che si stendono sui pendii dolci. Ad un paio di chilometri dal colle un altro ciclista mi saluta superandomi. Anche questo ha visto non poche albe e tramonti ma a differenza del precedente pedala affaticato, osservandolo pedalare qualche metro davanti a me percepisco che è un po al limite, specie nei tratti in cui  la pendenza diventa un po più dura.  E cosi mi riavvicino, a dire il vero senza dover cambiare troppo il mio ritmo, il che "va bene" mi dico. Pedaliamo insieme, io dietro a lui per magari un chilometro. Il testosterone ? L'irresistibile volutta con cui il maschio, ottusamente, crede di affermare la sua superiorità ? In ogni caso in vista di quello che sembra l'arrivo della salita, accelero,  lui pure, allora io di più. Lo stacco. Alcuni pensieri si mescolano nella mia testa: ``che pirla che sei, questa la pagherai più tardi, quello che stai facendo è in contrasto con il tuo obbiettivo'', ``cavoli le gambe però stanno bene, e anche il cuore, e` come una liberazione averle lasciate fare piu fatica di quella fatta sin'ora'', ``adesso mi fermo e gli chiedo scusa per essere cosi imbecille''.  La  presunta fine della salita risulta poi essere appunta presunta,  e dopo aver rallentato  per aspettare  il mio compagno di testosterone e scusarmi (ma  non lo vedo più) la strada riprende a salire. Dopo poco un altro ciclista, pure lui avanti con gli anni (ma questa e` la strada dei nonni?), mi saluta superandomi, ma il cane ormai e` sciolto, per cui salto tutto il rituale ipocrita e mi attacco alla sua ruota, la cima del colle e` ha poche centinaia di metri, ora si vede chiaramente. 

Cormet de  Roselend (Francia)

Dopo essermi rifocillato e soprattutto aver bevuto piu di un litro di acqua su una panchina di Saisies ho ripreso il cammino. Diciassette chilometri di discesa, su una bellissima strada la cui parte alta e` fatta di curve ampie e scorrevoli che si snodano tra prati verdi e  da cui, in lontananza,  il Monte Bianco mi rammenta la sua presenza anche se parzialmente nascosto sotto un cappuccio di nubi. Alla discesa, durante la quale ho incontrato quasi nessuno, segue un tratto di strada completamente pianeggiante per raggiungere la cittadina di Beaufort (conosciuta dagli amanti del formaggio), base della salita al Cormet Roselend. 

Il fisico incomincia a mostrare segni di affaticamento,  arsura implacabile, mal di schiena crescente, gambe affaticate, la motivazione e la fiducia sembrano  ancora ben salde, sebbene si intravedano i primi segnali di insofferenza. Arrivando dalla piana Beaufort appare schiacciato contro delle grosse pareti di roccia che si aprono appena in  una stretta gola ed in quella gola si infila la strada che sale al lago artificiale di Roselend, ossia il primo tratto dei 20 Km della salita per il Cormet. A questo punto la mente incomincia a diventare piu insofferente e ad intaccare lo spirito. Se nelle salite precedenti la lunghezza,  che a volte non ricordavo precisamente, comportava una sorta di scanzonato  auto-umorismo (``mah si spariamoci altri 15 Km di salita, di qua, altri 12 Km di la ...  che vuoi che sia''), ora  il pensiero di questi 20.8 Km da salire per arrivare al colle domina la mia mente, e cosi salendo tra i tornanti scruto il bordo strada in cerca del prossimo omino di pietra che indica la distanza dalla cima e la pendenza media del prossimo chilometro. 

Il Monte Bianco (sullo sfondo) incappucciato scendendo dal Col des Saisies

La gola all'imbocco della salita del Cormet Roselend

La salita al lago Roselend è per altro molto bella, quasi interamente nel bosco al riparo dal sole, sino a sbucare sulla  strada pianeggiante che costeggia il lago. Lassu  il colpo d'occhio è notevole con l'azzurro vivido della enorme distesa acqua trattenuta dalla diga. Sulla sponda opposta si intravede la prosecuzione della salita che con un lungo diagonale ai piedi di una parete rocciosa si infila in  una valle dove si intuisce si trovi il colle (foto sotto). 

Il tempo di una foto riprendo il cammino seguendo la strada  che aggira il lago e riprendendo la salita, in lontananza scorgo i due  ragazzi inglesi che avevo salutato pranzando al col de Saisies, loro su delle belle bici turistiche con tanto di pesante borsone laterale. Poco prima del colle li rincontro fuori da un bar-ristoro dove si sono fermati, li saluto ma non mi fermo, preferisco arrivare in cima prima di riposare, ma dall'altro lato della strada vedo una fontana funzionante ! Bisogna sapere che a causa della siccità le fontane nelle alpi francesi sono quasi tutte spente, il che e` una vera maledizione  per un ciclista. 

Il Lago Roselend visto dal lato di Beaufort...

... e dal lato opposto salendo al Cormet con la diga ben in vista

La visione di una sorgente d'acqua impone una pausa: bevo, mi lavo faccia, braccia e gambe, se potessi mi immergerei nel tronco scavato che fa da vasca per la fontana, ma non ci starei dentro. Ancora un chilometro e sono in vetta, sollevato di essere arrivato la da dove so di poter raggiungere almeno Bourg Saint Maurice, da li poi si vedrà come fare. Il corpo manda ormai mille  segnali confusi, fame, sete, voglia di salato, di birra, di coca cola. Sicché dal rivenditore ambulante piazzato accanto al cartello del colle compro un panino al salame una birra e poi, per digerire, una coca cola. 

Sebbene siamo a quasi 2000 metri il sole scalda  e la discesa si può fare tranquillamente senza coprirsi troppo. Il paesaggio scendendo è davvero stupendo, selvaggio, si entra poi in un'ampia vallata che discende dai piedi del Monte Bianco (foto sotto). Successivamente la strada diventa molto stretta,  tortuosa, soffocante. Il giusto preludio alla calura che mi accoglie  arrivando a Bourg Saint Maurice. 

Arrivo al Cormet

Scorcio della stupenda valle con vista Monte Bianco scendendo verso Bourg St. Maurice

Passo del Piccolo San Bernardo (Francia/Italia)

Ed eccoci al dunque. La temutissima e odiosissima ultima salita al Passo del Piccolo San Bernardo, che nei racconti di Pistu e Stefano è lo spauracchio di questo giro. Il cervello che ormai non ha spazio che per l'essenziale, non mi aveva risparmiato dal considerare che il versante di salita al Piccolo San Bernardo è esposto a ovest, ossia in pieno sole al tramonto: una gioia. Si tratta di una salita dolce, a pendenza pressoché costante, ma lunga, molto lunga: 30 Km. Esiste la possibilità di accorciarla di circa 4km ma al costo di dover affrontare un tratto di circa 5 Km con pendenze ben più ripide, che a questo punto dubito sarei in grado di superare.

Sorriso assolutamente finto a 8km dalla "salvezza"... 

... e realtà all'arrivo al Passo :)

Imboccando la salita mi dico che deciderò sul momento se fare la scorciatoia oppure no. L'arsura è ormai feroce e la ricerca di una sorgente d'acqua è diventata un'ossessione visto che sono obbligato a ciucciare  dalle borracce ogni qualche centinaia di metri. Cerco di ritrovare la stessa attitudine scanzonata che avevo prima, pedalare rilassato, respirando piano. Ma il tappo è saltato,  la nave affonda. Esiste  un solo pensiero: finire di fare fatica. Il giochino degli omini di pietra che indicano la distanza al colle e la pendenza del prossimo chilometro riprende inesorabilmente. Appena ne supero uno, devo impormi di pazientare prima di iniziare a immaginare dove scorgerò il successivo: dopo il prossimo tornante?  dietro quella curva la ? E dopo aver pazientato per una lunghezza che  mi pare più che sufficiente per trovare il prossimo chilometro, mi deprimo quando non lo vedo ancora. In realtà la strada scorre e avanzo piuttosto bene (anche se lentamente) ma il tempo e` come dilatato dalla stanchezza. 

In una piazzola a bordo strada vedo un camper parcheggiato, con targa spagnola, ed un papà che parla con le sue due figlie fuori dal camper. Senza esitazione mi fermo e  chiedo ``Tienes un poco de agua por favor Senor?''. Gentilissimo il papà mi porge una bottiglia di acqua (scusandosi perché non è fresca !)   con la quale riempo una borraccia e riparto sollevato dopo aver  ringraziato nella maniera più calorosa che sia capace di esprimere in quello stato.  

Arrivo al passo del Piccolo San Bernardo con brezza gelida

...e  ultimo sguardo al Monte Bianco scendendo verso La Thuile cercando di non congelarmi 

E cosi via, passato il segnale degli 8Km al colle arrivo a La Rosiere da cui riparto rapidamente dopo aver comprato dell'altra acqua. Mancano ora 6km al colle e dopo una curva a destra la strada si immette nella vallata al fondo della quale si vede finalmente l'Hospice del Piccolo San Bernardo, un  grande casone grigio e tetro, laggiù in fondo. La tipica illusione di fine gita: vedere la destinazione (sollievo), ma dopo poco  rendersi conto che non arriva mai (depressione). In lontananza il lampeggiante di un altro ciclista  che mi precede avanzando più o meno al mio passo non mi consola, cosi come non mi scalfisce un secondo ciclista che mi supera a forte andatura su una mountain bike vecchia e pesante. Arrivo al colle provato, tira una brezza gelida. Mi cambio, manica lunga, copricapo, gilet e inizio la lunga discesa (50Km) per  Aosta fermandomi giusto il tempo per immortalare  un'ultima volta il mio compagno di viaggio (foto sopra). 

Epilogo

Quello che mi piace nell'intraprendere  queste avventure e` il fatto che, durante il lasso di tempo dell'avventura cosi come durante la sua preparazione, lo spirito si libera da molti dei fronzoli in cui spesso finisce per aggrovigliarsi  (perso in  chissà quali più o meno futili processi mentali), per ridursi all'essenziale. Si tratta di  un essenziale artificialmente costruito certo, che esiste solo nel contesto dell'avventura intrapresa, ma in questo perimetro artificiale si è obbligati a muoversi in maniera efficace e questo produce una forte sensazione di benessere. A tale benessere corrisponde poi un'ondata  di empatia che porta ad un naturale  e irrefrenabile sensazione di vicinanza con chiunque si incontri lungo la strada: la signora che ha vigilato sulla mia bici mentre facevo la spesa al supermercato di Saisies, il papà spagnolo con la cui acqua ho riempito la borraccia sull'ultima interminabile salita, il ciclista anziano con cui mi sono sfidato arrivando al Col des Saisies, l'impiegata scorbutica della panetteria di Argentiere  il cui caffè mi ha riscaldato.  

Postilla : Ringrazio Simona e Margherita per il loro preziosissimo sostegno morale.