Lo studio dei fenomeni aeroelastici che si manifestano nei palettaggi delle turbine assiali è di estremo interesse per i costruttori di gruppi turbogas. L’aeroelasticità nasce dall’interazione tra il campo fluido e la struttura e può portare a vibrazioni le quali possono dar luogo, in alcuni casi, a rotture preventive delle palette.
Le vibrazioni indotte da un fluido su una struttura sono tra le maggiori preoccupazioni nella moderna ingegneria non solo perché possono causare numerosi ed elevati cicli di carico portando al cedimento strutturale per fatica (Forced Response), ma anche perché, in certi casi, provocano instabilità (Flutter) che determinano il cedimento improvviso della struttura stessa.
Le vibrazioni indotte da un fluido appaiono in molti fenomeni naturali e in differenti campi tecnici. Le strutture civili, come ponti o alti edifici, sono tipiche costruzioni in cui il vento induce vibrazioni che devono essere tenute in debita considerazione nella progettazione.
Al di fuori delle oscillazioni nei fenomeni naturali, il primo studio sulle vibrazioni indotte da un fluido fu fatto nel 1818 in Inghilterra sui ponti in ferro. E’ comunque nel campo aeronautico dove si capì improvvisamente l’importanza di questi studi per l’ottenimento di strutture affidabili e di lunga durata.
L’aeroelasticità è un termine ingegneristico che definisce un campo interdisciplinare che combina le forze aerodinamiche, inerziali ed elastiche in modo tale che le strutture ed il flusso intorno ad esse interagiscano. Per una miglior chiarezza si può utilizzare il concetto di “triangolo delle forze”, nel quale le forze prima viste occupano i vertici del triangolo stesso (vedi figura).
Dal triangolo delle forze è possibile identificare quattro assi maggiori che descrivono le interazioni tra le seguenti forze:
Il primo campo tecnico interdisciplinare tratta della connessione tra la dinamica e l’aerodinamica e può essere rappresentato dai problemi di stabilità e controllo. Il terzo descrive l’interazione tra la dinamica e i meccanismi solidi e può essere rappresentato come la vibrazione di strutture in assenza di forze aerodinamiche. Il secondo e il quarto sono invece rispettivamente legati all’aeroelasticità statica e dinamica. Ovviamente tale triangolo può essere esteso includendo anche forze di natura differente (come ad esempio quelle termiche, gravitazionali ecc…) con conseguente aumento del numero di combinazioni.
Intorno al 1940 appaiono i primi articoli sui possibili problemi di aeroelasticità nelle pale delle turbomacchine assiali. Questi mostrano che il cedimento delle pale, in pochi giorni di funzionamento, è spesso dovuto al grado di libertà flessionale piuttosto che a quello torsionale. Il più frequente rimedio fu, al tempo, quello di irrigidire sufficientemente la pala per avere uno smorzamento (meccanico o aerodinamico) oppure di usare nastri di bendaggio. Armstrong and Stevenson (1960) diedero nel 1960 una regola empirica che imponeva l’utilizzo della pala con un parametro k=2fc/U1 inferiore a 0.33 per la flessione e a 1.6 per la torsione al fine di evitare lo stall flutter. Tale parametro è tuttora usato per la progettazione di pale di turbomacchine di lunga vita.
Sebbene negli ultimi quattro decenni siano stati fatti enormi progressi nel campo dell’aeroelasticità delle turbomacchine assiali, è facile comprendere come il problema aeroelastico sarà oggetto di studio anche negli anni a venire, sia nell’aeropropulsione che nelle turbomacchine industriali (come in molti altri campi dell’ingegneria); questo anche grazie al continuo sviluppo di tali macchine, rivolto ad un continuo accrescimento dei rendimenti e delle prestazioni, tramite l’aumento delle temperature, velocità di deflusso, efficienza aerodinamica ed utilizzo di materiali e profili più leggeri nelle strutture. Questi sviluppi della tecnica spingono il progettista nella predizione dei fenomeni aeroelastici al di là del campo di tipo empirico che oggi li descrive.
Il problema del progettista è quindi, una volta stabilita la configurazione geometrica ed aerodinamica per il flusso stazionario, creare una struttura soddisfacente dal punto di vista aeroelastico, senza aumentare rigidezza o massa rispetto a quanto non fosse stato originariamente preventivato nel progetto di base, per ottenere la dovuta resistenza e prestazioni. Questo è ovviamente il traguardo più ambizioso, ma non sempre ottenibile senza ritoccare massa o rigidezza del palettaggio originario.