Data pubblicazione: 6-ott-2018 7.19.37
Disturbo del linguaggio: ecco cosa fare
I logopedisti segnalano i campanelli d’allarme da non sottovalutare;
il recupero completo del linguaggio è possibile con «giochi» speciali e un intervento tempestivo
Sono bambini di poche parole. Parlano di rado e male, a volte li capisce soltanto la mamma. E sono tantissimi. Secondo le ultime stime, presentate a Firenze nel corso del congresso nazionale della Federazione Italiana Logopedisti, nel 10 per cento dei piccoli in età prescolare e nel 5-6 per cento dei bimbi che già vanno a scuola c’è un ritardo o un disturbo del linguaggio: dislessia, disgrafia, disturbi dell’articolazione, dell’eloquio o del linguaggio espressivo sono solo alcuni esempi dei problemi di comunicazione che affliggono, in totale, oltre 570mila bambini italiani a cui si aggiunge il «sommerso» dei figli di genitori stranieri, tuttora di dimensione ignota.
Come riconoscere un disturbo del linguaggio
Il primo passo per intervenire e scongiurare le conseguenze negative di un ritardo del linguaggio, che oltre a compromettere l’apprendimento può avere un impatto negativo sullo sviluppo emotivo e il comportamento del bimbo, è riconoscere se qualcosa non va. «Per farlo bisogna valutare il vocabolario fra i 12 e i 18 mesi: il piccolo dovrebbe essere in grado di dire almeno cento parole, questo basta a farci capire che svilupperà un lessico più complesso in seguito – spiega Tiziana Rossetto, presidente FLI –.
Soprattutto, occorre capire se il bimbo ha l’intenzione di comunicare: ci segue con lo sguardo?
Anticipa le richieste con i gesti? Sorride, è espressivo? Si tratta di indicazioni che si possono avere osservando il figlio già durante l’allattamento, quando mamma e bambino guardandosi e interagendo stabiliscono il “turno della comunicazione”.
Se tutto questo c’è, non bisogna preoccuparsi: il bagaglio di parole crescerà, ma non ci sono i segni per temere un serio disturbo dello sviluppo». L’assenza di comunicatività infatti può essere il segnale di un ritardo del linguaggio specifico o anche secondario ad altri problemi, ad esempio un disturbo dello spettro autistico.
Logopedia e gioco
«Se intorno ai 24-30 mesi il linguaggio è ancora povero e il bimbo si esprime con poche parole o suoni incomprensibili “tradotti” soltanto dalla mamma, occorre chiedere una valutazione funzionale linguistica: il bimbo incapace di esprimersi, infatti, non può inserirsi efficacemente nel contesto sociale come è normale attorno a questa età – riprende Rossetto –. Il logopedista aiuta a definire i bisogni del singolo caso e soprattutto aiuta il genitore in un percorso che non deve colpevolizzare il bambino per ciò che non riesce a fare: occorre incoraggiarlo alla partecipazione ma senza giudicare il suo valore per come si esprime». Il gioco può essere molto utile per recuperare un disturbo del linguaggio: tombole sonore, il girotondo delle rime, il gioco delle imitazioni sono solo alcune delle tante attività che possono diventare vere “medicine” per i bimbi: il contesto di gioco infatti attrae il bambino e rende tutto più semplice. «Con ciascun piccolo dobbiamo trovare il canale di comunicazione più adatto – osserva la logopedista –. La collaborazione con la scuola è indispensabile, perché la pratica clinica deve anche tradursi in un metodo didattico adattato alle esigenze comunicative del bambino».
S.O.S DISTURBI DEL LINGUAGGIO INFANTILE MILANO
di Elena Meli
https://www.corriere.it/salute/pediatria/15_maggio_13/disturbo-linguaggio-oltre-570-bambini-ecco-che-cosa-fare-b765d9a4-f96b-11e4-997b-246d7229677f.shtml