PARTE PRIMA
Area spaziosa, destinata alle solenni adunanze pastorali, limitata da una corona d’altissime e fronzute querce, che vagamente distribuite all’intorno conciliano un’ombra freschissima e sacra.Veggonsi lungo la serie degli alberi verdi rialzamenti di terreno, presentati dalla natura, e in varia forma inclinati dall’arte per uso di sedervi con graziosa irregolarità i pastori. Nel mezzo sorge un altare agreste, in cui vedesi scolpito l’animal prodigioso, da cui si dice, che pigliasse il nome la Città d’Alba. Dagl’intervalli, che s’aprono fra un albero e l’altro, si domina una deliziosa, e ridente campagna, sparsa di qualche capanna, e cinta in mediocre distanza d’amene colline, onde scendono copiosi e limpidi rivi. L’orizzonte va a terminare in azzurrissime montagne, le cui cime si perdono in un cielo purissimo e sereno.
Scena prima
Venere in atto di scender dal suo carro. Ascanio a lato di esso. Le Grazie, e quantità di Geni che cantano e danzano accompagnando la Dea. Scesa questa, il carro velato da una leggera nuvoletta si dilegua per l’aria.
[1. Andante grazioso, che ballano le Grazie]
[2. Coro di Geni e Grazie]
Di te più amabile,
Né Dea maggiore,
Celeste Venere,
No, non si dà…
Venere
(al suo seguito che si ritira nell’indietro della scena, disponendosi vagamente)
tira fuori una lunga pergamena ed inizia a declamare:
Geni, Grazie, ed Amori,
Fermate il piè, tacete;
Frenate, sospendete,
Fide colombe, il volo:
Questo è il sacro al mio Nume amico suolo.
(Fa una pausa. Leva di mezzo la pergamena)
Vabè.
Vieni qua, Ascanio, che non ho tanto tempo da perdere in settenari.
Non ho capito perché, in questa commedia sono tua madre, mentre nella realtà – si fa per dire – sarei tua nonna (però ti do uno schiaffo se lo dici, va bene?). Mi fa piacere tornare dove passeggiavo con tuo padre, sono affezionata a questa gente assurda che con la scusa dell’offerta a Zeus (accennando all’altare) - lo so benissimo che è per Zeus, sapete? - pasteggia una volta l’anno a base di carne di toro bianco.
Cosa dicevo? Ah sì, che non ho tempo da perdere…
Ascanio (declama con enfasi leggendo da un rotolo)
Madre, che tal ti piace
Esser da me chiamata, anzi che Dea,
Quanto ti deggio mai!
Venere
(gli toglie il rotolo di mano un poco seccata)
Sì, bene. Grazie. Ma cerchiamo di essere un po’ più sintetici, almeno nei recitativi. E poi te l’ho detto che non sono tua madre. Devi fondare Alba Longa, è quello che tutti si aspettano. Non posso certo occuparmene io. Facciamo che tu eri la mia pianta eletta che metteva radici nel suolo amico.
[3. Aria di Venere]
L’ombra de’ rami tuoi
L’amico suolo aspetta.
Vivi, mia pianta eletta:
Degna sarai di me.
Già questo cor comprende
Quel che sarai di poi;
Già di sue cure intende
L’opra lodarsi in te.
(Fa per andarsene)
Ascanio
Ma… non dimentichi qualcosa?
Venere
Uh! Hai ragione… dove l’avevo messo? (cerca un foglietto) Ah, ecco:
Amata Prole,
Pria che s’asconda il Sole,
Sposo sarai de la più saggia Ninfa
Che di sangue divin nascesse mai.
(scansa il foglietto e parla in disparte, come se facesse una confidenza)
E’ uno schianto di ragazza, bella, vergine, di stirpe illustre…sono apparsa in sogno al padre e gli ho ordinato di venire qui. (lo vede perplesso) Beh? Che c’è adesso?
Ascanio
E se non dovessi piacerle?
Venere
Impossibile: ti adora.
Ascanio
Ma se non mi ha mai visto!
Venere
Ti ha visto, ti ha visto. Vedi, ho chiesto ad Amore di prendere le tue sembianze… (continua il racconto – che il pubblico non sente - allontanandosi, sulla ripresa del coro)
[4. Coro di Geni e Grazie]
Di te più amabile,
Né Dea maggiore,
Celeste Venere,
No, non si dà…
Ascanio (rimasto solo)
Uff, che fatica! Poi questa storia di mettere Silvia alla prova… dice mia madre, cioè mia nonna, che non mi conviene farle capire subito chi sono (imitando la voce di Venere):
“Tu fida.
Vedila pur; ma taci
Chi tu sei, donde vieni, e chi ti guida.
Dimmi, non brami
Veder con gli occhi tuoi fino a qual segno
Silvia t’adori? a qual sublime arrivi
La sua virtù? quanto sia degno oggetto
D’amor, di meraviglia, e di rispetto?”
Ma tanto lo so che lei mi ama, e sicuramente sarà bellissima:
[5. Aria di Ascanio]
Cara, lontano ancora
La tua virtù m’accese:
Al tuo bel nome allora
Appresi a sospirar.
In van ti celi, o cara:
Quella virtù sì rara
Nella modestia istessa
Più luminosa appar.
Scena terza
Pastori, Ascanio e Fauno.
[6. Coro di Pastori]
Venga de’ sommi Eroi,
Venga il crescente onor.
Più non s’involi a noi:
Qui lo incateni amor.
Fauno
(non badando ad Ascanio)
Venite, venite: questo luogo è perfetto per un canto propiziatorio in onore di Venere.
Il sacerdote Aceste è in ritardo, l’ho incontrato qualche ora fa ma non mi ha neanche riconosciuto: aveva un’aria insolitamente allegra, chissà, magari il giorno che tanto attendiamo è arrivato.
[7. Coro di Pastori]
Venga de’ sommi Eroi,
Venga il crescente onor.
Più non s’involi a noi:
Qui lo incateni Amor.
(Il Coro siede lungo le serie degli alberi disponendosi vagamente)
[Recitativo]
Fauno
(volgendosi ad Ascanio)
E questo chi è? Ha tutta l’aria di un semidio.
Ascanio
(accostandosi a Fauno)
Stranier son io.
Avevo voglia di visitare i vostri colli ameni, ho sentito dire che ne vale la pena.
Fauno
Avoglia! E dobbiamo tutto a Venere. Il suo sorriso si prende cura del tempo, dei raccolti, del nostro lavoro. Non ci sono parole per ringraziarla come si dovrebbe.
[8. Aria di Fauno]
Se il labbro più non dice,
Non giudicarlo ingrato.
Chi a tanto bene è nato
Sa ben quanto è felice,
Ma poi spiegar nol sa.
Quando a gli Amici tuoi
Torni sul patrio lido,
Vivi, e racconta poi:
Ho visto il dolce nido
De la primiera età.
Fauno
(guardando da un lato nell’interno della scena)
Ecco, Pastori,
(Il Coro si alza, e si avanza)
Ecco lento dal colle
Il venerando Aceste; al par di lui
Ecco scende la Ninfa...
Ascanio
Oh ciel, qual Ninfa?
Parla, dimmi, o Pastor...
Fauno
Silvia, d’Alcide
Chiara stirpe divina.
Ascanio
(Ahimè, cor mio,
Frena gli impeti tuoi:
L’adorata mia Sposa ecco vicina.)
Fauno
(accennando ad Ascanio, il quale pure sta attentamente guardando dallo stesso lato)
Straniero, guarda quanto è bella, come cammina gentile, che armonia dei gesti, che bel sorriso…
Ascanio
È vero, è vero.
(Devo andarmene subito, o sarò scoperto e mancherò al mio giuramento.)
Fauno
Garzone, è bene che Silvia non ti veda, si potrebbe spaventare. Presto, nasconditi.
(accennando il Coro de’ Pastori)
(Si ritira, e si suppone confuso fra il Coro. – Il Coro s’avanza da un lato alla volta di Aceste, e di Silvia.)
Scena quarta
Ascanio e Fauno, Pastori e Pastorelle o Ninfe, Silvia con seguito di Pastorelle, Aceste.
[9. Coro di Pastori e Pastorelle o Ninfe, e Ballo]
Hai di Diana il core,
Di Pallade la mente.
Sei dell’Erculea gente,
Saggia Donzella, il fior.
I vaghi studi e l’arti
Son tuo diletto, e vanto:
E delle Muse al canto
Presti l’orecchio ancor.
Ha nel tuo core il nido
Ogni virtù più bella:
Ma la modestia è quella
Che vi risplende ognor.
[Recitativo]
Aceste
Figlia mia, quanto sei bella! Ricordati sempre che nelle tue vene scorre il sangue di Ercole.
E presto sarai la sposa del figlio di Enea, come potrebbero non idolatrarti! (Silvia si oscura in volto)
[10. Coro di Pastori]
Venga de’ sommi Eroi,
Venga il crescente onor.
Più non s’involi a noi:
Qui lo incateni Amor.
[Recitativo]
Aceste
Vedrete che imponente città metteranno su Silvia ed Ascanio: queste quattro capanne cederanno il passo a lussuosi palazzi e maestosi edifici dedicati all'arte, alla storia, alla memoria… e anche a qualche solida prigione, che mi sembra pure importante.
[11. Coro di Pastori]
Venga de’ sommi Eroi,
Venga il crescente onor.
Più non s’involi a noi:
Qui lo incateni Amor.
[Recitativo]
Aceste
(rivolto a Silvia)
Oh mia gloria, oh mia cura, oh amato pegno
De la stirpe d’Alcide, oh Silvia mia,
Oggi Sposa sarai. Oggi d’Ascanio
Il conforto sarai, l’amor, la speme:
Ambi di questo suolo
La delizia, e il piacer sarete insieme.
[12. Aria di Aceste]
Per la gioia in questo seno
L’alma, oh Dio!, balzar mi sento.
All’eccesso del contento,
No, resistere non sa.
Silvia cara, amici miei,
Se con me felici siete,
Ah, venite, dividete
Il piacer, che in cor mi sta.
[Recitativo]
Silvia
(Misera! che farò?) Perché dici questo, padre?
Aceste
Me l'ha detto la dea.
Silvia
E cosa ti avrebbe detto esattamente?
Aceste
Di dirlo a te e ai pastori.
E poi disparve
Versando dal bel crin divini odori.
Silvia
(Oh no no no no...)
Aceste
(Ma la Ninfa si turba?...
Numi! Che sarà mai?...)
Silvia
(bisogna che sia onesta) Odimi, Aceste...
Aceste
Cieli! Che dir mi vuoi?
Qual duol ti opprime in sì felice istante?
Silvia
Padre!... Oh Numi!... Che pena!...
Io sono amante.
Aceste
(ah, e chissà che mi credevo!)
E ti affanni perciò? Non è d’amore
Degno il tuo Sposo? O credi
Colpa l’amarlo?
Silvia
No... no no no, io lo rispetto come un dio, come un padre. Conosco bene i suoi pregi, ne parlano tutti... dicono che sia un grande guerriero, un matematico, un artista, un artigiano... parlano tutti del suo grande ingegno e del suo buon cuore.
Sì, ma d’un altro Amore
Sento la fiamma in petto!
[13. Cavatina di Silvia]
Sì, ma d’un altro Amore
Sento la fiamma in petto:
E l’innocente affetto
Solo a regnar non è.
[Recitativo]
Aceste
Avanti racconta, Silvia, ma stai tranquilla: il tuo vecchio padre ne ha vista passare di acqua sotto i ponti.
Silvia
Io.. io non aspettavo altro che il momento in cui sarei andata in sposa ad Ascanio: fantasticavo di lui tutto il giorno e con la sua immagine mi addormentavo... ma stamattina padre, non so se desta o meno, ho visto un giovinetto...
Il biondo crine
Sul tergo gli volava; e mista al giglio
Ne la guancia vezzosa
Gli fioriva la rosa: il vago ciglio...
oddìo Padre, è meglo che non ne parli, mi vergogno dei miei stessi pensieri...
Aceste
(Che tenerezza!) Continua, e poi?
Silvia
Ah, da quel giorno non penso ad altro, non voglio, non sogno altro.
Da un lato Ascanio,
La cui sembianza ignota,
Ma la virtù m’è nota,
Meraviglia, e rispetto al cor m’inspira:
Dall’altro poi l’immaginato oggetto...
dai papà, non mi fare parlare.
Aceste
Ma di che hai paura, non la senti?
Silvia (guardandosi intorno)
cosa?
(Aceste si aggira ispirato come se fiutasse qualcosa nell’aria e Silvia lo segue un po’ preoccupata per la sua salute mentale)
…che cosa, padre?
Aceste (continuando a gesticolare)
Senti la mano
De la pietosa Dea? Questa bell’opra
Opra è di lei.
Silvia
Coosa?
Aceste
Eh, in pratica ti ha messo nel cuore quello che già avevi in mente… cioè… diciamo che ti ha raddoppiato l’amore, nel senso che… voglio dire… insomma, me la sento così, sono un sacerdote: vado a intuito.
Silvia
Numi! chi fia
Più di me fortunata? Oh Ascanio, oh Sposo!
Dunque per te, mio Bene,
L’amoroso desìo
Si raddoppia così dentro al cor mio?
Amo adunque il mio Sposo,
Quando un bel volto adoro? Amo lui stesso,
Quando mille virtù pregio, ed onoro?
[14. Aria di Silvia]
Come è felice stato,
Quello d’un’alma fida,
Ove innocenza annida,
E non condanna amor!
Del viver suo beato
Sempre contenta è l’alma:
E sempre in dolce calma
Va palpitando il cor.
[Recitativo]
Aceste
Direi che si è fatta una cert’ora, qui bisogna che iniziamo ad organizzarci per accogliere la dea. Su, Pastori, andiamo ad imbellettarci con fronde e fiori; Fauno, amici, raccogliete rami e ghirlande e portatele qui per addobbare il luogo, dev’essere impeccabile.
Tu, (rivolgendosi a uno qualsiasi) porta i frutti per l’offerta votiva. Non facciamo gli spilorci, che oggi, oltre ad essere il giorno che le dedichiamo, è il giorno in cui lei ci porta il più grande dei doni.
[15. Coro di Pastori]
Venga de’ sommi Eroi,
Venga il crescente onor.
Più non s’involi a noi:
Qui lo incateni Amor.
(Partono tutti fuorché Ascanio.)
Scena quinta
Ascanio, e poi Venere, e Coro di Geni.
[Recitativo]
Ascanio
Cielo! che vidi mai? quale innocenza,
Quale amor, qual virtù! Come non corsi
Al piè di Silvia, a palesarmi a lei?
Venereeeee!
(Venere sopraggiunge col Coro dei Geni)
Venere
Eccomi, o figlio!
[16. Aria di Ascanio]
Ah, di sì nobil alma
Quanto parlar vorrei!
Se le virtù di lei
Tutte saper pretendi,
Chiedile a questo cor.
Solo un momento in calma
Lasciami, o Diva, e poi
Di tanti pregi suoi
Potrò parlarti allor.
[Recitativo]
Venere
Senti un po’, ragazzino: ti ricordo che sei qui per fondare una città. Devi a-spet-ta-re. Soffri ancora un poco per mettere alla prova la virtù della tua futura sposa. Nascondiamoci là (accennando da un lato) su quell’altura. Intanto, che sorgano i primi edifici della nuova città. Quando i pastori torneranno mi voglio proprio godere la scena.
Treguna… mecoides… trecorum satis dii! (nota formula magica per evocare gli spiritelli laboriosi)
Che il nome di Alba risuoni!
[17. Aria di Venere]
Al chiaror di que’ bei rai,
Se l’amor fomenta l’ali,
Ad amar tutti i mortali
Il tuo cor solleverà.
Così poi famoso andrai
Degli Dèi tra i chiari figli,
Così fia, che tu somigli
A la mia divinità.
[18. Coro di Geni e Grazie]
Di te più amabile,
Né Dea maggiore,
Celeste Venere,
No, non si dà.
Con fren sì placido
Reggi ogni core,
Che più non bramasi
La libertà.
[Ballo]
(Molti Pastori, e Pastorelle, secondo l’antecedente comando d’Aceste, vengon per ornar solennemente il luogo di ghirlande, e di fiori.Ma mentre questi si accingono all’opera, ecco che compariscono le Grazie accompagnate da una quantità di Geni, e di Ninfe celesti in atto di meditare qualche grande intrapresa. I Pastori rimangono a tale veduta estremamente sorpresi: se non che, incoraggiati dalla gentilezza di quelle persone celesti, tornano all’incominciato lavoro. Ma assai più grande rinasce in essi la meraviglia, quando ad un cenno delle Grazie, e de’ Geni, veggono improvvisamente cambiarsi i tronchi degli alberi, che stanno adornando di ghirlande, in altrettante colonne, le quali formano di mano in mano un solido, vago e ricco ordine d’architettura, con cui dassi principio all’edificazione d’Alba, e si promette un felice cambiamento al paese. Questi accidenti, congiunti con gli atti d’ammirazione, di riconoscenza, di tenerezza, di concordia fra le celesti e le umane persone, fanno la base del breve Ballo, che lega l’anteriore con la seguente parte della Rappresentazione)
PARTE SECONDA
Scena prima
Silvia, Coro di Pastorelle.
Silvia
Uh che bello! Guardate, amiche, la bianca città che sta nascendo: tutto questo è sicuramente opera della gran Dea, ora sì che la vedo, la sua mano!
Questa è mirabil prova
De la venuta sua. Fra pochi istanti
De le felici amanti
La più lieta sarò.
[19. Aria di Silvia]
Spiega il desìo le piume:
Vola il mio core, e geme;
Ma solo con la speme
Poi mi ritorna al sen.
Vieni col mio bel Nume
Alfine, o mio desìo,
Dimmi una volta, oh Dio!,
Ecco l’amato ben!
(Siede da un lato con le Pastorelle intorno)
[20. Coro di Pastorelle]
Già l’ore sen volano,
Già viene il tuo bene.
Fra dolci catene
Quell’alma vivrà.
(Il Coro siede.)
Scena seconda
Silvia, Coro di Pastorelle, Ascanio.
Ascanio
(non vedendo Silvia; da sé)
Ma dove sarà? L’ho trovata quando non la cercavo, e ora che la cerco, non la trovo. Che poi se la trovassi dovrei guardarla senza essere visto, perché se lei vedesse me prima del tempo, io non vedrei nel suo cuore e non potrei affidarle la mia stirpe. Mi sembra che nel ragionamento manchi qualche passaggio logico, ma mi conviene far quel che dice Venere: è lei la regina della visibilità.
(vedendo Silvia; da sé)
Ma guarda. Parli del diavolo…
[Recitativo accompagnato]
Silvia
(vedendo Ascanio; da sé)
Oh ciel! Che miro?...
Quegli è il Garzon, di cui scolpita ho in seno
L’imagin viva...
Ascanio
Ah! se potessi almeno
Scoprirmi a lei...
Silvia
Così m’appare in sogno...
Così l’ha ognor presente
Nel dolce immaginar questa mia mente.
Che fia?... Sogno?... O son desta?...
Ascanio
Oh Madre, oh Diva!
Qual via crudel di tormentarmi è questa?
Silvia
No, più sogno non è: quello è il sembiante
Che da gran tempo adoro...
Ascanio è dunque?... O pur son d’altri amante?...
Dubito ancor...
Ascanio
La Ninfa
Agitata mi par... Mi riconosce,
Ma scoprirsi non osa.
Silvia
Ah sì, il mio bene,
Il mio Sposo tu sei.
(alzandosi e facendo qualche passo verso Ascanio)
Ascanio
Cieli! s’accosta:
Come potrò non palesarmi a lei!
Silvia
Imprudente, che fo? Spontanea, e sola
Appressarmi vogl’io?
(S’arresta)
Seco non veggio
La Dea, che il guida...Egli di me non chiede...
Meco Aceste non è... Dove t’avanzi,
Trasportato dal core, incauto piede?
Ingannarmi potrei...
Scena terza
Silvia, Ascanio, Coro di Pastorelle, e Fauno.
Fauno
Silvia, Silvia, ove sei?
Silvia
(accostandosi a Fauno)
Fauno, che brami?
Fauno
(a Silvia)
Io di te cerco, o Ninfa,
(ad Ascanio, che si accosta dall’altro lato)
E a te pur vengo,
Giovanetto straniere.
Silvia
Straniero… allora è lui!
Fauno
(a Silvia, scostandosi Ascanio)
Guarda Silvia, come tutto sta cambiando sotto lo sguardo di Venere! Vedi quelle colonne? I suoi spiriti hanno iniziato l’opera mirabile, tutto si trasforma. La vedi? La senti la sua mano?
Silvia, in tutta la valle piove e sfavilla una grande luce, tanto che il giorno sembra non finire mai!
Tutto si copre di fiori e nuovi boccioli. Per la via risplende una strana scia rossastra, sicuramente il segno del passaggio di lei.
Ma è ora che corra da Aceste, a dirgli che più di lui…
(accennando ai due innamorati)
fu sollecito amore!
Ascanio
(accostandosi a Fauno)
Ed a me ancora
Non volevi parlar, gentil Pastore?
Fauno
(ad Ascanio)
Ah, quasi l’obliai.
Garzon, mi scusa. In dì così ridente
L’eccesso del piacer turba la mente.
Ho parlato ad Aceste del tuo arrivo, e lui
Ha sorriso di gioia…
Silvia
(Oh è lui il mio sposo, ora ne sono sicura!)
Fauno
E ha detto: vanne,
Cerca dello straniere.
Silvia
è lui, è lui!
Il saggio Aceste
Nell’indovina mente
Tutto sa, tutto vede, e tutto sente!
Ascanio
E che vuole da me?
Fauno
Ti prega di restare alle nozze come nostro ospite per riferire al tuo ritorno in patria i prodigi e i piaceri ai quali avrai assistito.
Silvia
(Non è lui!)
Ascanio
Ubbidirò... e del felice Sposo
Ammirerò il destino.
Silvia
(Non è lui, non è lui, non è lui!)
(Si ritira e si siede abbattuta fra le Ninfe verso il fondo della scena)
[21. Aria di Fauno]
Dal tuo gentil sembiante
Risplende un’alma grande:
E quel chiaror, che spande,
Quasi adorar ti fa.
Se mai divieni amante,
Felice la Donzella
Che a fiamma così bella
Allor s’accenderà.
(Parte)
Scena quarta
Silvia, Coro di Pastorelle e Ascanio.
[Recitativo]
Ascanio
(guardando Silvia)
Ma che ha? Ma certo: non crede che sia io il suo sposo…
E io non posso proprio aiutarla. Sarà meglio che mi nasconda, almeno le risparmierò la vista di questo corpo statuario (fa un gesto da bagnino narcisista). Però voglio guardarla di lontano.
[22. Aria di Ascanio]
Al mio ben mi veggio avanti,
Del suo cor sento la pena,
E la legge ancor mi frena.
Ah, si rompa il crudo laccio,
Abbastanza il cor soffrì.
Se pietà dell’alme amanti,
Bella Diva, il sen ti move,
Non voler fra tante prove
Agitarle ognor così.
(Si ritira dalla scena)
[Recitativo accompagnato]
Silvia
(accorrendo ad Ascanio, e poi trattenendosi)
Ferma, aspetta, ove vai? dove t’involi?
Perché fuggi così? Numi! Ma cosa faccio?...
Devo restare fedele ad Ascanio, come ho giurato.
E se invece il mio sposo fosse lui? Ma che motivo avrebbe allora di nascondersi? E straziarmi così?
Basta, meglio che vada via di qui, saprà bene una discendente di Ercole resistere alla tentazione di quattro addominali a tartaruga.
[23. Aria di Silvia]
Infelici affetti miei,
Sol per voi sospiro, e peno,
Innocente è questo seno:
Nol venite a tormentar.
Ah quest’alma, eterni Dèi,
Mi rendete alfin qual era.
Più l’imagin lusinghiera
Non mi torni ad agitar.
[Recitativo]
Ascanio
(accorrendo a Silvia)
Anima grande, ah lascia,
Lascia, oh Dio!, che al tuo piè...
Silvia
(partendo risoluta)
Ma non ci penso proprio.
(Parte)
[24. Coro di Pastorelle]
Che strano evento
Turba la Vergine
In questo dì!
No, non lasciamola
Dove sì rapida
Fugge così.
(Partono)
Scena quinta
Ascanio solo.
Ascanio
Ahi, Silvia è scappata, e c’è mancato poco che mancassi il giuramento fatto a Venere.
Certo ora mi rendo conto appieno della fortuna che ho a sposare una ragazza tanto solida.
Ah sì, mia Silvia,
Troppo, troppo maggiore
Sei de la fama. Ora i tuoi pregi intendo:
Or la ricchezza mia tutta comprendo.
Che fatica, però.
[25. Aria di Ascanio]
Torna, mio bene, ascolta:
Il tuo fedel son io.
Amami pur ben mio:
No, non t’inganna Amor.
Quella, che in seno accolta
Serbi virtù sì rara,
A gareggiar prepara
Coll’innocente cor.
(Si ritira in disparte)
Scena sesta
Ascanio, Silvia, Aceste, Fauno, Coro di Pastori e di Pastorelle, poi Venere, e Coro di Geni.
[26. Coro di Pastori]
Venga de’ sommi Eroi,
Venga il crescente onor.
Più non s’involi a noi:
Qui lo incateni Amor.
Aceste
(a Silvia, che tiene graziosamente per la mano)
Che strana meraviglia
Del tuo cor mi narrasti, amata figlia!
Ti voglio dire questo: continua così: il cielo spesso ci mette alla prova, e mi viene da dire che è la classica situazione in cui i mortali si trasformano in semidei, parola di sacerdote.
[27. Aria di Aceste]
Sento, che il cor mi dice,
Che paventar non dêi:
Ma penetrar non lice
Dentro all’ascoso vel.
Sai, che innocente sei,
Sai, che dal Ciel dipendi.
Lieta la sorte attendi,
Che ti prescrive il Ciel.
Aceste
(ai Pastori, che raccolti intorno all’ara v’ardono l’incensi)
Su, felici Pastori! Ai riti vostri
Date principio; e la pietosa Dea
Invocate con gl’inni.
[28. Coro di Pastori, e Ninfe o Pastorelle]
Scendi, celeste Venere;
E del tuo amore in segno
Lasciane il dolce pegno,
Che sospirammo ognor.
Silvia
Scusate, potreste almeno levarmi da sotto gli occhi quel pezzo di ragazzo?
(indicando Ascanio, ovviamente)
Aceste
(guardando Ascanio)
In effetti mica male il giovanotto.
(A Silvia) Silvia, non mi fare perdere la pazienza, concentrati su quello che devi fare. Inspira, espira, togli la cera, metti la cera…
Osservate, o Pastori:
Ecco scende la Dea.
(Cominciano a scendere delle nuvole sopra l’ara)
Tra quelle nubi
Si nasconde la Dea. Oh Silvia mia,
Meco all’ara ti volgi: e voi Pastori,
De le preghiere ardenti
Rinnovate i clamori.
[29. Coro di Pastori e Pastorelle]
No, non possiamo vivere
In più felice regno.
Ma senza il dolce pegno
Non siam contenti ancor.
(Le nubi si spandono innanzi all’ara)
Aceste
Ecco, ingombran l’altare
Le fauste nubi intorno. Ecco la luce
De la Diva presente, ecco traspare.
(Si veggono uscir raggi di luce dalle nuvole)
[30. Coro di Pastori e Pastorelle]
Scendi, celeste Venere;
E del tuo amore in segno
Lasciane il dolce pegno,
Che sospirammo ognor.
Aceste
Vai, figlia, è il tuo momento:
Chiedi alla Dea.
Silvia
Svelati, o Dea,
Scopri alla fin quell’adorato aspetto
Al tuo popol diletto. Omai contento
Rendi questo cor mio.
(Si squarciano le nuvole. Si vede Venere assisa sul suo carro. Nello stesso tempo escono di dietro alle nuvole le Grazie, e i Geni, che con vaga disposizione si spargono per la scena)
Ascanio
(si va avvicinando a Silvia)
(Or felice son io. Questo è il momento.)
Silvia
Oh Diva!
Ascanio
(si accosta di più)
Oh sorte!
Aceste
Oh giorno!
Silvia
(ad Ascanio, che si accosta)
Ah ma questo è un incubo, ti vuoi levare di torno?
(risolutamente guardando Venere, e colla mano facendosi velo agli occhi, per non veder Ascanio)
Qual è il mio Sposo, o Diva?
Venere
(accennando, e pigliando per una mano Ascanio, il presenta a Silvia)
Eccolo, o cara!
Silvia
(volgendosi ad Ascanio)
Oh Cielo! Perché mai
Nasconderti così?
Ascanio
(a Silvia)
Poi a casa te lo spiego.
[31. Terzetto]
Silvia
(accorrendo ad Ascanio)
Ah caro Sposo, oh Dio!
Ascanio
(accorrendo a Silvia)
Vieni al mio sen, ben mio!
Silvia
(ad Aceste)
Ah ch’io lo credo a pena:
Forse m’inganno ancora?
Aceste
(a Silvia)
Frena il timor, deh frena:
E la gran Diva adora.
Ascanio
Che bel piacere io sento
In sì beato dì.
Aceste
(a Silvia, e ad Ascanio)
De la virtù il cimento
Premian gli Dèi così.
Silvia
Numi! che bel momento!
Come in sì bel contento
Il mio timor finì!
Ascanio
Ah cara Sposa, oh Dio!
Silvia
Ah caro Sposo, oh Dio!
(abbracciandosi rispettosamente)
Silvia, Ascanio e Aceste
Più sacro nodo in terra,
Più dolce amor non è.
Quanto, pietosa Dea,
Quanto dobbiamo a te.
Venere
Ecco qua. Ci voleva tanto? Cara, volevamo soltanto essere sicuri della tua virtù, se ne sentono tante in giro…
Mi sembra sia andata bene, e poi detto fra noi, senza neanche questa piccola trepidazione la storia proprio non stava in piedi. Ora dobbiamo solo sbrigare qualche piccola formalità (tira fuori un rotolone)
(ad Ascanio)
Apprendi, o Figlio, apprendi,
Quanto è beata sorte
Far beati i mortali. In questo piano
Tu l’edificio illustre
Stendi della città. La Gente d’Alba
Sia famosa per te. De le mie leggi
Tempra il soave freno:
Ministra il giusto: il popol mio proteggi.
In avvenir due Numi
Abbia invece d’un sol: te, qui presente;
Me, che lontana ancora,
Qua col pensier ritornerò sovente.
[32. Piccola parte del Terzetto precedente]
Ascanio
Che bel piacer io sento
In sì beato di!
Silvia
Numi! che bel momento!
Come in sì bel contento
Il mio timor finì.
Silvia, Ascanio e Aceste
Più sacro nodo in terra,
Più dolce amor non è.
Quanto, pietosa Dea,
Quanto dobbiamo a te.
Venere
Vi voglio bene, ragazzi, ma ora devo proprio andare...
Silvia
Oh Diva!
Ascanio
Oh Madre!
Venere
(aridanghete!) Addio, miei figli, addio!
[33. Coro Ultimo di Geni, Grazie, Pastori e Ninfe]
Alma Dea, tutto il Mondo governa,
Che felice la terra sarà.
La tua stirpe propaghisi eterna,
Che felici saranno l’età.