Sulle cause della crisi

Sulle cause della crisi

L'opinione dominante sulle cause della crisi verte su malfunzionamenti strutturali della

finanza mondiale. Ne è a capo Nouriel Roubini, che previde la crisi ancora nel 2006.

Secondo questa teoria, la totale

mancanza di regole nella finanza mondiale ha portato i mercati a gonfiare enormi bolle speculative nei

mercati della casa e delle materie prime. I prezzi delle case crescevano senza smettere, e non si capiva

quando ciò sarebbe finito. Siccome i prezzi delle case salivano, le banche dovevano erogare dei prestiti

sempre più alti alle famiglie che volevano comprare la casa.

La rata del mutuo era così alta che spesso superava il 40% del reddito della famiglia, ponendola a rischio

di non riuscire a ripagare il debito. Eppure, le banche continuavano ad erogare i prestiti, perché

l'aspettativa del mercato era che il prezzo delle case sarebbe cresciuto ancora di più: se gli acquirenti

della casa non fossero riusciti a pagare, la banca si sarebbe ripresa la casa, con un valore molto superiore

al mutuo erogato! Il gioco valeva la candela. Le banche potevano continuare ad erogare mutui chiedendo

capitali al mercato finanziario. I capitali venivano comprati dalle banche sulla base dei loro bilanci,

che possedevano negli attivi le ipoteche delle case. Siccome le case aumentavano di valore, ogni anno

le banche si ritrovavano sempre più ricche anche senza aver fatto niente. Per evitare di essere comprate

dalle altre banche, in uno spaventoso turbinio di fusioni, le banche compravano capitali sul mercato

finanziario ed erogavano sempre più mutui, concedendoli anche alle famiglie più povere e senza garanzie

reddituali. Le garanzie dei mutuatari non erano più importanti, perché il valore sempre in crescita delle

case oggetto di ipoteca era di per sé una garanzia considerata più che sufficiente.

Ad un certo punto, però, il giochino si è inceppato. Si è inceppato negli Stati Uniti, cuore dell'economia

mondiale, proprio laddove i mercati erano più liberi di esprimersi. Ad un certo punto, le famiglie non sono

più riuscite a pagare la rata del mutuo. Siccome erano tante, si è riversata sul mercato delle case

un'enorme offerta di case nuove o seminuove, con un conseguente abbassamento del prezzo delle case.

Il prezzo delle case ha cominciato a rallentare, poi è precipitato. Le aspettative di rialzo dei prezzi delle

case erano diventate aspettative di crollo dei prezzi delle case. All'improvviso, le banche si sono ritrovate

con un sacco di debiti, perché gli attivi erano basati sulle ipoteche delle case, il cui valore era crollato. Le

banche non potevano più erogare crediti alle imprese, ma soprattutto - ciò che è più grave - non

potevano onorare i debiti. Chi aveva prestato i soldi alle banche, si è ritrovato con i propri risparmi

svalutati. I risparmiatori si sono ritrovati senza più soldi da spendere. La crisi finanziaria è cosi diventata

reale, perché i risparmiatori si erano a loro volta indebitati per comprare beni di consumo. Le imprese non

sono più riuscite a vendere. Dovendo pagare i rifornitori, hanno chiesto soldi alle banche. Ma le banche

non ne avevano più! Allora sono iniziati i licenziamenti. E i lavoratori licenziati non hanno potuto più

comprare le case, ora a prezzi stracciati.

Ma perché il giochino si è inceppato? Perché, ad un certo punto, gli abitanti delle case non sono più

riusciti a pagare le rate del mutuo? Innanzitutto, le rate erano diventate troppo alte.

Secondo la teoria dominante, tutto inizia nel 2001, con la prima - leggera - crisi finanziaria.

Quando ormai ci si era abituati all'idea di una crisi, l'allora governatore della FED, Alain Greenspan,

abbassò i tassi di interesse notevolmente, con una politica monetaria aggressiva.

Ciò permise alle banche di indebitarsi tranquillamente erogando mutui ad un tasso d'interesse molto

basso, permettendo all'economia di ripartire immediatamente.

Tuttavia, grazie alla mancanza di qualsiasi regolamentazione in proposito, le banche riuscirono a scaricare

il rischio della variazione dei tassi del mutuo sugli stessi acquirenti delle case, erogando mutui a TASSO

VARIABILE SENZA ALCUN TETTO MASSIMO. Fu un affare enorme per tutto il sistema bancario, che si

indebitò con il mercato in un momento in cui era molto conveniente, per poi ottenere una rendita

necessariamente crescente, visto che i tassi erano già molto bassi ed erano destinati ad aumentare.

Le banche potevano cosi guadagnare senza affrontare il loro rischio d'impresa "tipico", che è quello della

variazione dei tassi nell'intermediazione tra chi presta denaro e chi lo prende in prestito.

Tutto il sistema economico era incentivato ad indebitarsi. La tesi della teoria dominante è quindi la

mancanza totale di regole nel mercato dei capitali che, collegata ad una visione di breve periodo degli

agenti economici, avrebbe portato nel lungo periodo alla grave recessione del 2009. Al contrario delle tesi

sviluppate negli anni novanta che ci facevano studiare alla facoltà di economia, i mercati finanziari sono,

secondo la teoria delle bolle, assolutamente imperfetti. Esternalità, selezioni avverse, azzardo morale,

asimmetrie informative e conflitti d'interesse dominano anche questi mercati, che invece sono stati

deregolamentati durante gli anni ottanta e novanta. Lo stesso Alain Greenspan è accusato di essere

uno dei maggiori responsabili della crisi, per aver abbassato eccessivamente il costo del denaro in una

situazione di conflitto d'interesse. Possessore di informazioni privilegiate, è ora considerato uno degli

uomini più ricchi del mondo.

Una teoria alternativa invece, con a capo l'economista James Hamilton, vede nella crescente scarsità di

risorse naturali la causa intrinseca della crisi. Secondo tale visione, l'imperfezione dei mercati finanziari è

una concausa della crisi o addirittura una conseguenza di problemi più profondi nell'economia reale del

pianeta. In un lavoro del 2009, Hamilton mette in evidenza, tramite calcoli statistici, la stretta correlazione

tra l'aumento del prezzo del petrolio e la crisi nel pagamento delle rate dei mutui. Tale aumento, associato

anche ad un generale aumento del prezzo delle altre materie prime e degli alimenti, avrebbe portato negli

ultimi anni ad una sensibile riduzione del reddito reale dei lavoratori dipendenti. L'aumento del prezzo delle

materie prime avrebbe causato anche un aumento dell'inflazione. Per mantenere inalterate le rendite

finanziarie, minacciate dall'inflazione, le banche centrali mondiali aumentarono sensibilmente i tassi

d'interesse: si trattava di una manovra necessaria per garantire il flusso di capitali in offerta da parte dei

risparmiatori. Tuttavia, l'aumento dei tassi d'interesse fece crescere le rate dei mutui a tasso variabile, a

tal punto che molto spesso i mutuatari non riuscivano più a pagare il debito residuo, schiacciati dalla quota

di interessi presente in ogni rata. Lo strangolamento delle capacità di solvenza dei debitori, schiacciati

dalla rata del mutuo e dall'inflazione, avrebbe così innescato definitivamente la crisi.

Secondo tale teoria, dunque, non si è trattato di una semplice crisi finanziaria, ma di una ben più grave

stagflazione, derivante dall'effetto combinato di inflazione e stagnazione. Uscire da una crisi del genere è

più difficile perché non basta pompare liquidità per far ripartire l'economia. L'alleviamento temporaneo

produce nel medio periodo una nuova spirale inflazionaria, esattamente come avvenne negli anni settanta

quando l'economia occidentale dipendeva fortemente dal petrolio. Purtroppo, mentre negli anni settanta la

crisi nell'offerta del petrolio era il risultato di un conflitto politico, nel presente le cause dell'aumento del

prezzo delle risorse naturali sarebbe la conseguenza della crescente domanda di materie prime da parte

delle economie emergenti, in particolare Cina e India. La crescita geometrica della Cina, che sosteneva

l'economia mondiale producendo a basso prezzo beni industriali di media e bassa qualità, ha portato ad una

crescita esponenziale della domanda di petrolio, rame e altre materie prime. Le scoperte di greggio degli

ultimi anni non sono state abbastanza numerose. Le riserve dell'economia statunitense si sono affievolite.

Gli stessi Stati Uniti importano una quota sempre maggiore di petrolio, rispetto alla propria produzione

nazionale.

Secondo la prima teoria delle bolle, la crisi è determinata specialmente da una spirale speculativa

provocata dalla progressiva deregolamentazione del sistema finanziario. Secondo la teoria della

stagflazione, la stessa apertura dei mercati finanziari potrebbe essere stata accelerata per rimandare nel

tempo le conseguenze negative del progressivo aumento del costo dei mezzi naturali di produzione.

Ciò che è certo è che i due fenomeni della bolla speculativa e della crescente scarsità di risorse si sono

combinati tra di loro creando legami di interdipendenza difficili da scindere. La bolla immobiliare ha fatto

aumentare la domanda di materie prime, creando inflazione. Allo stesso tempo, l'inflazione ha fatto

aumentare i tassi d'interesse, che ha reso più conveniente speculare invece che investire in attività

produttive, aggravando il fenomeno della bolla immobiliare. A sostegno della tesi delle bolle, c'è da dire

che il prezzo del petrolio è cresciuto proprio grazie a fenomeni di speculazione. Lo dimostrerebbe il fatto

che, con l'inizio della crisi, il prezzo del petrolio è sceso immediatamente dai 140 ai 40 dollari. A sostegno

della tesi della stagflazione, si fa notare come il prezzo sia già tornato sui 70 dollari, nonostante l'economia

non sia ancora ripartita. Cosa succederà? Si accettano scommesse, via con le quotazioni!