In epoca antica i più ricchi giacimenti di ambra si trovavano sulle spiagge del moderno Golfo di Riga, sulle coste della penisola di Sambia, lambita dalle acque sud-orientali del Baltico (oggi include la città russa di Kaliningrad) e sul litorale compreso tra la foce del fiume Njemen e il delta della Vistola. Su questi lidi venivano periodicamente riversate grandi quantità d’ambra in seguito ai forti temporali dell’inverno e dell’autunno e nei mesi successivi venivano effettuate le raccolte di ambra. Tale materiale era poi presente in abbondanza anche sulle coste del Mar del Nord, principalmente sul litorale della penisola di Eiderstedt nella porzione sud-occidentale dello Jutland: è probabilmente in questo punto che il geografo massaliota Pitea, durante il viaggio compiuto nel 320 a.C. ca., osservò un’isola sulle cui spiagge le correnti depositavano ambra nel corso della primavera. L’ambra era poi raccolta anche sul litorale della Scania (la regione più meridionale della Svezia), nel bacino del basso corso del fiume Elba e su altre isole della Frisia, come nella Glaesaria citata da Plinio (Nat. Hist., XXXVII 42). Sporadici ritrovamenti erano possibili anche ai piedi dei Pirenei lungo le coste del burrascoso Golfo di Biscaglia, dove alcuni autori riportano che l’ambra veniva depositata dalle correnti oceaniche in tempesta (Plin., Nat. Hist., XXXVII 35-37). Essa era poi presente nell'attuale Sud-est asiatico, da cui veniva poi trasportata attraverso l'India fino alla Siria, al Libano e alla Giordania, dove veniva finemente lavorata (cf. Plin., Nat. Hist., XXXVII 37) prima di essere immessa nel Mediterraneo per poi approdare all'area egea. Nell’Odissea omerica i manufatti di ambra sono genericamente associati ai mercanti fenici, che importavano il materiale dalla remota India e in seguito lo commerciavano insieme all’oro.
L’ambra cominciò a essere trasportata in Italia dalle coste del Nord Europa a partire dalla fine del II millennio a.C. (tarda Età del Bronzo) e sin dal VI sec. a.C. quella proveniente dal Mar del Nord divenne certamente il tipo importato in quantità maggiori verso l'Europa meridionale. Come testimoniato dallo storico di V sec. a.C. Erodoto (III, 115), in origine la provenienza dell’ambra era messa in stretta relazione con il mitico fiume Eridano (forse identificato imprecisamente con la Vistola), che sfociava nell’Oceano settentrionale, ma, dopo la confutazione di questa tradizione da parte dell’autore, il nome ''Eridano'' venne trasferito al fiume Po senza tuttavia che il nesso con il traffico dell’ambra ne venisse meno (si veda in proposito il mito di Fetonte, messo in discussione nel II sec. d.C. da Luciano di Samosata nella sua breve opera De electro). La nascita della leggenda relativa all'Eridano è forse da attribuire al fatto che a Occidente i Greci si rifornivano di ambra dall’Adriatico settentrionale e perciò ritenevano che la resina provenisse da quei luoghi, mentre in realtà essa giungeva dalle coste del Baltico dopo un lungo viaggio attraverso l'Europa continentale. Quando la Via dell'ambra sfociava nella zona adriatica, dove il suo percorso era controllato dai Veneti menzionati da Plinio (Nat. Hist., XXXVII 43), essa si ramificava in due direttrici, una che scendeva lungo il fiume Isonzo verso il Golfo di Trieste e una che seguiva le sponde dell’Adige fino alla foce del Po, da cui poi veniva irradiata in tutto il Mediterraneo. Fino al III sec. a.C. i traffici dalle coste baltiche all'Italia proseguirono indisturbati e in modo intenso, ma a partire dalla prima metà del II sec. a.C. si verificò un notevole calo delle importazioni di ambra, al punto che questo materiale cominciò a divenire raro sia in Italia che in Grecia. É probabile che all'origine di questo contrazione dei traffici vi siano le conseguenze delle conquiste di Alessandro Magno, che spostarono l'attenzione sulle vie di importazione che partivano dall’India, ma anche le massicce migrazioni dei Celti che investirono l’intera Europa centrale tra il IV e il I sec. a.C., nonché la crisi demografica che interessò i luoghi del Nord Europa dove si estraeva l’ambra e che fu causata principalmente dagli spostamenti dei Cimbri e dei Teutoni nella seconda metà del II sec. a.C.
I commerci ripresero con rinnovata energia soprattutto a partire dai decenni conclusivi del II sec. a.C., cioè quando venne fondata la città romana di Aquileia (181 a.C.), destinata a diventare il principale centro per lo scambio di ambra nell’Adriatico settentrionale. Inoltre in questo stesso periodo, come confermato dai dati archeologici, l’ambra baltica riprese a essere commerciata anche negli oppida celtici della Slesia meridionale (lungo il fiume Oder) e della Moravia. Tra la fine del I sec. a.C. e l’inizio dell'era volgare il controllo del traffico di ambra nell’Europa centrale fu assunto dal re marcomanno Marobod che, nonostante fosse a capo di una grande confederazione germanica ostile a Roma, concesse liberi commerci tra i Germani e i Romani contribuendo così a facilitarne gli scambi. Questa politica fece sì che molti mercanti interessati a trarre profitto dal lucroso commercio di ambra si stabilissero a Carnuntum, importante presidio romano posto a poca distanza dalla confluenza tra la Morava e il Danubio e destinato a diventare il principale polo meridionale di scambio lungo la Via dell’ambra. Dopo la sconfitta di Marobod nel 19 d.C., la zona tra la Boemia e la Moravia venne occupata dal popolo dei Quadi, alleati di Roma, che presero il controllo dei traffici commerciali che collegavano le coste baltiche al Mediterraneo; come sottolineato dallo stesso Plinio (Nat. Hist., XXXVII 43), i Germani conducevano l’ambra prima verso la provincia di Pannonia, che confinava con il territorio dei Quadi al di là del Danubio, facendola poi pervenire alle zone poste più a sud.
Con l’avanzare verso nord delle frontiere romane nel I sec. a.C. le conoscenze del Nord Europa da parte dei Romani e dei Greci si fecero sempre più approfondite, soprattutto in conseguenza dei viaggi di Agrippa, di cui rimane un’importante testimonianza nei suoi Commentarii, e della grande spedizione condotta nel 16 d.C. da Germanico, che attaccò i popoli della Germania dalle coste del Mar del Nord. Queste imprese fornirono anche l’occasione per saldare i rapporti con le diverse genti germaniche che presidiavano gli itinerari commerciali di prodotti come l’ambra, in cambio della quale i Romani donavano grandi quantità di prodotti artigianali.
Le importazioni di ambra nell’impero romano si fecero più massicce a partire dal terzo quarto del I sec. d.C., ricevendo un deciso slancio a seguito alla famosa spedizione dell’eques Romanus descritta da Plinio (Nat. Hist., XXXVII 45). Essa ebbe luogo negli anni Sessanta del I sec. d.C., al tempo di Nerone (54-68 d.C.), ed ebbe per protagonista un anonimo mercante al servizio dello Stato che si avventurò nelle terre dei Quadi fino alle coste del Baltico, percorrendo in totale quasi 900 km e ottenendo un carico di oltre 4 kg di ambra; egli fu molto probabilmente il primo romano a raggiungere le coste meridionali del Baltico. La preziosa resina sarebbe servita all’imperatore per rendere più magnificenti i giochi gladiatori che egli aveva indetto a Roma al fine di ingraziarsi la plebe. A partire da questa incredibile impresa l’importazione di ambra nei territori romani proseguì ininterrottamente e con intensità fino alla metà del III sec. d.C., raggiungendo un picco tra il regno di Commodo (180-192 d.C.) e l’instaurarsi della dinastia dei Severi. Sin dall'epoca traianea (98-117 d.C.) i maggiori esportatori di ambra baltica verso il mondo romano furono gli Aestii, popolo germanico che occupava le coste del Baltico fino alla foce della Vistola (cf. Tac., Germ., 45); essi furono certamente attivi ancora nel VI sec. d.C., come testimoniato da una lettera inviata loro dal re ostrogoto Teodorico (474-527 d.C.) per ringraziarli del carico d’ambra donatogli (Cassiod., Var., V 2). Nel III sec. d.C. l'ambra era considerata ancora un materiale di valore inestimabile se l'imperatore Severo Alessandro (222-235 d.C.), secondo quanto riferito dalla Historia Augusta (Alex., 25, 9), fece coniare delle monete d’ambra che riproducevano la sua immagine nei panni di Alessandro Magno. Con l’inizio del IV sec. d.C., contemporaneamente all’intensificarsi delle migrazioni barbariche verso le frontiere settentrionali dell'impero, le importazioni di ambra diminuirono grandemente rispetto al passato, ma certamente non cessarono del tutto, come dimostra il fatto che il prezzo dell’ambra venne regolato ancora nell’inverno del 301 d.C. con l’Edictum de pretiis emanato da Diocleziano. La crisi inarrestabile dell'impero occidentale nel IV e nel V sec. d.C., che coinvolgeva soprattutto la fascia renano-danubiana, provocò una drastica contrazione dei flussi commerciali provenienti dal Baltico, mentre invece nell'impero d'Oriente si riuscì a sopperire alla mancanza del materiale grazie ai traffici provenienti dall'India. Nel VI sec. d.C. il continuo afflusso di ambra da est permise all'imperatore bizantino Giustino I (518-527 d.C.) di donare al papa romano Ormisda una lampada in ambra indiana, elemento citato ancora nell'XI sec. negli scritti dell'intellettuale bizantino Michele Psello.
Sommario tratto da AA. VV., Thesaurus Graecae Linguae, vol. V (Z-K), rist. anast., Graz 1954, s.v. ἤλεκτρον; AA. VV., Thesarus Linguae Latinae, vol. V, 2. fasc. III, Leipzig 1974, s.v. electrum; vol. VI, 2. fasc. X, Leipzig 1975, s.v. glaesum; AA. VV., Le Garzantine. Nuova Enciclopedia Universale, Milano19986, s.v. Ambra; AA. VV., Le Garzantine. Antichità classica, Milano 2000, s.v. Elettro; Kolendo, Jerzy, L'ambra e i rapporti tra Cisalpina e regioni centro europee, Padova 1993; Jacob, Alfred, Electrum, in «Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, vol. II.1 (D-E)», a cura di Charles Daremberg, Edmond Saglio, Paris 1892 (rist. anast., Graz 1969), pp. 531-536; Shchukin, Mark B., Rome and the Barbarians in Central and Eastern Europe (1st century B.C. - 1st century A.D.), vol. II, Oxford 1989, partic. pp. 286-291 (Chapter V: The amber route and the Baltic Region); Spekke, Arnold, The ancient amber routes and the geographical discovery of the Eastern Baltic, Stockholm 1957 (rist. anast., Chicago 1976); Causey, Faya, Amber and the ancient world, Los Angeles 2011.