"Uno dei motivi per cui possiamo modificare il nostro cervello, semplicemente attraverso l’immaginazione, è che, da un punto di vista neuroscientifico, immaginare un’azione non è poi così diverso dall’eseguirla come potrebbe sembrare. Quando chiudiamo gli occhi e visualizziamo un semplice oggetto, come ad esempio la lettera “a”, la corteccia visiva primaria si attiva, proprio come se stessimo effettivamente guardando la lettera “a”. Il neuroimaging mostra che nell’azione e nell’immaginazione vengono attivate le medesime regioni cerebrali." Norman Doidge
E’ notizia di questi giorni: “eseguito il primo impianto di un chip Neuralink nel cervello di un essere umano”.
Neuralink è il nome dell’azienda creata allo scopo di produrre dispositivi (chip) impiantabili nel cervello allo scopo di rilevarne l’attività e poterla poi utilizzare per inviare comandi ad un computer con il solo pensiero. A questo chip (delle dimensioni di una monetina) è stato dato il nome suggestivo di Telepathy.
Si tratta di una interfaccia cervello – computer (Brain-Computer Interface, BCI).
Telepathy è certamente una BCI molto sofisticata, tuttavia non è una novità né dal punto di vista tecnico, né soprattutto dal punto di vista teorico. Dal punto di vista tecnico, impianti cerebrali sono disponibili da molti anni - per esempio nel trattamento sintomatologico della malattia di Parkinson tramite la stimolazione cerebrale profonda (DBS, Deep Brain Stimulation). Inoltre, dal punto di vista teorico, è almeno dagli anni Ottanta del secolo scorso che le BCI sono state introdotte nel mercato. Il presupposto è relativamente semplice: tradurre in input per il calcolatore gli impulsi elettrici trasmessi dai neuroni. Il meccanismo prevede tre fasi:
1. catturare e rendere digitale il segnale cerebrale,
2. elaborare le informazioni raccolte,
3. eseguire il comando formulato dal cervello.
In altre parole, le informazioni sull’attività di neuroni specifici possono essere registrate, trasformate digitalmente e trasmesse ad un dispositivo esterno che infine esegue l’azione desiderata, ad esempio guidare il movimento di una protesi, un braccio robotico ecc. Allo stesso modo l’attività cerebrale può essere monitorata per controllare mentalmente, senza svolgere alcun movimento, un cursore e giocare con un videogame, disegnare figure su un computer, utilizzare un elettrodomestico e così via.
In senso stretto, grazie a queste tecnologie pensare corrisponde a ad agire.
Ogni fase del processo di costruzione di una BCI può essere effettuata in modo diverso. Ad esempio, la registrazione dell’attività neuronale può essere eseguita tramite un impianto cerebrale, ma anche usando metodiche non necessariamente invasive; la differenza riguarda la precisione della registrazione, che ovviamente è maggiore per una elettrocorticografia (in cui gli elettrodi sono posizionati direttamente sulla superficie della corteccia cerebrale) rispetto ad una elettroencefalografia (in cui gli elettrodi sono posizionati sullo scalpo per cui i potenziali elettrici da registrare risultano attenuati e dispersi per l’interposizione delle strutture superficiali del cranio). Da questo punto di vista, pur non essendone stata data comunicazione attraverso riviste scientifiche ma solo attraverso i social, il chip della Neuralink promette di risultare particolarmente sensibile dal momento che sembra utilizzare sensori ultraflessibili di grafene (un materiale che ha la resistenza teorica del diamante, la conduttività del rame e la flessibilità della plastica; le sue applicazioni hanno valso il premio Nobel per la fisica 2010 ad Andrej Gejm e Konstantin Novosëlov). D’altra parte, i segnali neuronali utilizzati dalle differenti tecnologie variano anche in base allo scopo per cui vengono costruite: piuttosto noti sono ad esempio i sistemi che consentono la sintesi vocale basandosi sui segnali derivanti dall’elettroencefalogramma. Comunque, se al momento i più utilizzati sono i segnali neurofisiologici rappresentati dai diversi potenziali evocati sono ormai in fase avanzata gli studi che si basano sulle metodiche di neuroimmagine come la risonanza magnetica funzionale e sulle altre moderne tecnologie di indagine funzionale del sistema nervoso.
Queste tecnologie BCI al momento sono adoperate al fine di restituire l’autonomia e l’indipendenza di pazienti affetti da gravi patologie neurologiche non altrimenti emendabili, ma sono in fase di ricerca avanzata applicazioni che riguardano non solo le patologie sensomotorie ma anche quelle che coinvolgono gli aspetti emotivi e cognitivi del comportamento. Così ognuno, con un training appropriato, seguendo sul monitor della risonanza funzionale le immagini delle attivazioni delle diverse regioni cerebrali del proprio cervello in risposta a vari stimoli, può apprendere a controllare in modo volontario l’attivazione di regioni cerebrali specifiche così da ottenere benefici a livello clinico (ad esempio il controllo del dolore, delle risposte emotive patologiche ecc.). Risultati di grande impatto si attendono poi sui disturbi cognitivi; ad esempio, il progetto BrainCom, finanziato dall’Unione Europea, sta perseguendo l’obiettivo di trovare soluzioni per il recupero della parola nei pazienti afasici.
Oltre agli scopi clinici, le BCI hanno però implicitamente la possibilità di modificare le capacità umane e di potenziarle, un progetto che viene definito “transumanesimo”, la prospettiva cioè di superare i limiti, fisici e cognitivi, dell’essere umano.
In effetti chiunque può apprendere a “leggere il pensiero”.
In un recente esperimento eseguito a Washington, Rajesh Rao e Andrea Stocco hanno impiegato le tecnologie BCI per trasmettere il pensiero tra individui diversi. Rao era impegnato in un videogioco e decideva il movimento da compiere; un elettroencefalogramma registrava la sua attività cerebrale; queste informazioni, digitalizzate, venivano inviate ad un casco per la stimolazione magnetica transcranica indossato da Stocco; lo stimolatore trasmetteva l’ordine alla corteccia motoria di Stocco che eseguiva il movimento: in questo modo Rao ha controllato con la propria mente il dito del collega Stocco che si trovava in un diverso laboratorio del campus. In un esperimento ancora più recente, lo stesso gruppo di ricercatori è riuscito a scambiare pensieri (e quindi azioni) tra più di due individui, in modo da arrivare ad una condivisione delle decisioni da prendere.
Ovviamente, l’interfaccia tra cervello e computer, nel momento stesso in cui viene utilizzata per scopi diversi da quello clinico del ripristino di funzioni perse o compromesse, solleva timori inquietanti sulle possibilità di manipolazione della mente e sulla creazione di un mondo distopico, già ripetutamente oggetto della letteratura e della cinematografia di fantascienza. Non c’è alcun dubbio, comunque: queste tecnologie sono inestricabilmente connesse a quesiti di ordine etico e legale, e più generalmente a problematiche di ordine morale, le cui risposte teoriche e pratiche sarebbe irresponsabile, oltre che imprudente, rinviare.