“Sapere è potere”, Francesco Bacone
Immaginiamo di tracciare una linea orizzontale, seguendo il parallelo terrestre, da Marsiglia verso l’Italia. Quale importante città italiana incontriamo per prima?
Quanto siamo certi della nostra risposta? e quanto quindi saremmo disposti a scommettere con chi non fosse d’accordo con noi?
Se, come la maggioranza delle persone interpellate, anche noi avessimo pensato a Genova, dovremmo essere più accorti nel disporre del nostro denaro. La risposta esatta infatti è Siena.
Forse potremmo essere più sicuri di quello che sappiamo se fossimo interpellati sull’Italia? Andando in linea retta da Napoli verso Trieste, stiamo andando verso est o verso ovest? E, sempre in linea retta, andando da Napoli verso Bari, stiamo andando verso nord o verso sud? Prendendo una cartina geografica ci possiamo accorgere, forse con molta sorpresa, che Trieste è ad ovest di Napoli e Bari è a nord di Napoli.
Cosa importa se facciamo questi errori? Forse poco nel caso specifico, ma dovremmo notare almeno due aspetti che rendono il fenomeno osservato particolarmente degno di attenzione:
. tutti immaginiamo l’Italia più verticale di quanto sia in realtà; perché nessuno la immagina invece più orizzontale? Eppure, siamo abituati a visualizzare ogni giorno l’immagine di quanto sia obliqua la nostra penisola; per esempio, rivediamo la posizione geografica dell’Italia ogni volta che vengono trasmessi i notiziari meteo, ma ciò non basta a correggere l’errore!
. l’errore non viene influenzato dall’esperienza o dalle conoscenze (anche specialistiche) personali; essere esperti nel settore non basta ad evitarci di sbagliare!
Inoltre, solitamente siamo così convinti di quello che sappiamo (o meglio, che crediamo di sapere) che riusciamo a ricrederci solo dopo aver provveduto ad una verifica personale (non ci fidiamo delle opinioni altrui); abbiamo, cioè, una fiducia eccessiva nel nostro giudizio.
Un comportamento di questo tipo, che cioè accomuna la grandissima maggioranza delle persone e si manifesta indipendentemente dai dati percettivi e dall’esperienza personale, non solo non può essere casuale ma verosimilmente suggerisce un meccanismo che è intrinseco al nostro stesso modo di pensare. Evidentemente il funzionamento della nostra mente può indurci facilmente a commettere errori sistematici ed involontari, di cui nemmeno ci rendiamo conto.
In effetti, quelli descritti, per quanto apparentemente innocui, sono esempi delle cosiddette “illusioni cognitive”: si tratta di distorsioni sistematiche del modo di pensare e giungere a conclusioni. Sono delle scorciatoie del pensiero, delle intuizioni che ci evitano di utilizzare il ragionamento e la logica.
Come esseri umani, utilizziamo due modalità di pensiero, che sono state definite lenta e veloce. Le illusioni cognitive appartengono al pensiero veloce, cioè, sono conclusioni a cui arriviamo rapidamente e soprattutto senza fatica, senza dispendio di risorse. Il più delle volte questa modalità è sufficiente ad interagire in modo corretto, a volte è addirittura necessario utilizzarla, ma spesso induce involontariamente ad agire in modo erroneo. Come le illusioni percettive ci ingannano sul modo in cui elaboriamo le informazioni che provengono dai nostri sensi ma, nel contempo, ci fanno comprendere in che modo percepiamo effettivamente la realtà, le illusioni cognitive ci ingannano sulla nostra capacità di essere guidati dalla ragione e, nel contempo, ci rivelano le modalità con cui giungiamo a prendere le nostre decisioni.
In termini tecnici queste scorciatoie mentali vengono definite euristiche (dal greco, in cui “eureka” significa “ho trovato”, un modo di esprimere la soddisfazione per aver trovato la soluzione ad un problema). Le euristiche inefficaci possono riguardare sia le conoscenze (come negli esempi citati) che le strategie mentali.
Euristiche inefficaci comuni riguardano la distorsione dovuta alla disponibilità, cioè, giudicare più frequente ciò che ci è più facile immaginare e che ci colpisce emotivamente. Ad esempio, è più alto il numero di decessi per omicidio o per suicidio? per incidente stradale o per infarto cardiaco? Da dove provengono i tre quarti della produzione mondiale di cacao, dall’Africa o dal Sud America? Le risposte corrette, forse inaspettatamente, sono rispettivamente il suicidio, l’infarto e l’Africa.
Se ci sbagliamo è perché le informazioni sbagliate sono quelle più facilmente disponibili nella nostra mente. Averle rapidamente a disposizione ci evita l’uso delle risorse (che giustamente cerchiamo sempre di risparmiare) necessarie per il pensiero razionale. Per avere un’idea del dispendio di risorse necessario per il pensiero lento si può verificare la differenza che avvertiamo quando ci viene chiesto “quanto fa 7 per 8” (la risposta è facilmente disponibile) oppure “quanto fa 17 per 18” (la soluzione va ricercata, richiede strategie specifiche, consuma tempo e si associa ad una sensazione di sforzo e di fatica).
Vale però la pena di sottolineare che, basandosi su questa tendenza della nostra mente, diventa possibile influenzare l’opinione pubblica (basta pensare alla propaganda politica o alle campagne delle agenzie di vigilanza che puntano sulla percezione – vera o falsa non importa - di insicurezza nelle città in cui viviamo).
Un altro esempio comune è rappresentato dall’effetto cornice. Un trattamento terapeutico di cui si dice che in media provoca importanti effetti collaterali nel 5% dei soggetti viene consigliato meno di un trattamento di cui si dice che viene ben tollerato dal 95% dei soggetti. Le due versioni sono due modi diversi di presentare la stessa informazione e quindi dovrebbero avere le stesse conseguenze sul comportamento, ma una cornice positiva o negativa della stessa informazione può determinare risposte addirittura opposte; è quindi possibile in questo modo influenzare le scelte individuali.
In altri termini, il pensiero veloce, intuitivo, che pure si dimostra utile nella maggior parte dei casi nella vita quotidiana, può divenire problematico e indurre in errore in contesti più complessi. La sua applicazione avviene in modo automatico anche quando la situazione richiederebbe invece l’uso del sistema lento, logico, razionale. Solo per fare un esempio, piuttosto semplice:
a. Quale è la probabilità che la figlia abbia gli occhi celesti, sapendo che la madre li ha?
b. Quale è la probabilità che la madre abbia gli occhi celesti, sapendo che la figlia li ha?
La maggior parte di noi giudica più alta la probabilità nel caso a) che nel caso b), ma è un errore: la correlazione deve essere simmetrica, a due vie, cioè quello che vale per la prima affermazione deve valere per la seconda. Il problema è che scambiamo la correlazione con la causalità: certamente la madre è la causa del colore degli occhi della figlia mentre non è vero il contrario; invece, la relazione fra madre e figlia è simmetrica: se la madre ha gli occhi celesti è probabile che anche la figlia li abbia celesti; allo stesso modo però se la figlia ha gli occhi celesti è probabile che anche la madre li abbia celesti.
Il guaio deriva dal fatto che crediamo di saper rispondere.
L’angolo delle neuroscienze
Massimo Piccirilli
Luglio 2025