Maria Laura scrive: “Sono rimasta impressionata dalla lettura di articoli di giornale su un giovane che ha ucciso i suoi genitori dicendo che lo aveva fatto perché non erano i suoi genitori ma persone che li avevano sostituiti. Ma come è possibile giustificarsi in questo modo?”
Senza ovviamente parlare della situazione specifica, di cui non si hanno elementi sufficienti per interpretarne l’origine, bisogna tener presente una condizione patologica che si manifesta proprio in questo strano modo. È la cosiddetta “Sindrome del sosia”, definita in clinica “Sindrome di Capgras”, dal nome dello psichiatra francese che l’ha descritta per la prima volta nel 1923. In questo caso il soggetto vive nella assoluta convinzione che le persone a lui care siano state sostituite da impostori (o replicanti) del tutto identici dal punto di vista fisico. Il convincimento non è modificabile a dispetto di qualunque tipo di prova contraria. In termini neuropsicologici la sindrome può essere considerata come una forma speculare alla prosopoagnosia. I pazienti che soffrono di prosopoagnosia non sono in grado di riconoscere volti familiari (il riconoscimento avviene però grazie ad altre informazioni, come la voce, o dettagli non facciali, come l’acconciatura dei capelli ecc.); tuttavia, di fronte ad un volto familiare che non sanno identificare in modo consapevole, mostrano una risposta inconscia che può essere misurata valutando il sistema neurovegetativo, attivato dalle emozioni. Nella Sindrome del sosia si ritiene che avvenga il contrario, cioè il soggetto mantiene il riconoscimento della identità del volto, ma a questo non si accompagna la risposta emotiva, cioè il sistema neurovegetativo non reagisce in modo automatico; ciò è all’origine di un senso di estraneità: in altre parole, se il volto familiare non genera una risposta emotiva, non può più essere percepito come autentico e appartenente alla persona cara, anche se identico a quello conosciuto. L’unica spiegazione è che si tratti di un sosia. Il disturbo può essere la conseguenza di una anomalia nel funzionamento delle strutture che costituiscono il cosiddetto cervello emotivo.