Questa non è la storia di un eroe perfetto. È la storia di un ragazzo vero, pieno di vita, sogni, risate ... e anche difetti. È la storia di Gabriele — nostro figlio, nostro studente, nostro amico.
Gabriele è nato il 5 agosto 2007 ed è vissuto diciassette anni intensi. Non facili — ma autentici, profondi, luminosi.
Era uno di quei ragazzi che ti colpiscono subito: per il sorriso aperto, la battuta pronta, la curiosità vivace. Attaccava bottone con chiunque, senza imbarazzi, e anche le persone appena conosciute si sentivano subito accolte, come se fossero amiche di lunga data. In classe portava allegria, e anche nei giorni difficili sapeva trovare un modo per far ridere chi aveva vicino.
A suo fratello voleva un gran bene, anche se spesso litigavano, com’è normale tra fratelli. Aveva tanti pensieri per lui. Ci teneva che facesse le scelte giuste, che si impegnasse, che trovasse la sua strada. Era il suo modo silenzioso ma profondo di dire “ti voglio bene”.
E poi c’era il suo gatto nero, a cui era affezionato. Anche nei momenti più difficili, il pensiero di quel musetto in giro per casa riusciva a far sembrare tutto un po’ più leggero.
Amava profondamente la natura, il bosco attorno a casa sua e i luoghi in montagna che per lui erano un vero paradiso. Era felice tra gli alberi, quando faceva legna con suo papà, quando guidava il trattore. Una passione nata prestissimo, tanto che da piccolo se lo metteva in moto da solo, con un certo spavento per i grandi.
Gli piaceva la pesca, una costante nella sua vita fin da bambino e che, durante la malattia, era diventata uno dei pochi momenti in cui riusciva davvero a stare bene. Lì trovava silenzio, concentrazione, pace.
Gabriele spesso diceva che sarebbe stato contento a vivere cent’anni fa, senza tutta la tecnologia che oggi riempie le nostre giornate. Amava l’idea di una vita più semplice, fatta di contatti veri e di silenzi, momenti che lo ricaricavano.
Eppure, proprio lui era capace di portare un vero caos in classe: risate contagiose, battute, scherzi, quel modo tutto suo di sdrammatizzare ogni situazione. Alle feste con gli amici cantava a squarciagola, faceva ridere tutti con la sua energia travolgente.
Gabry era un adorabile gran lazzarón. Ne combinava parecchie, con quel suo spirito libero e un po’ scavezzacollo. Punzecchiava chi gli voleva bene con quella sua ironia tagliente. E quando perdeva le staffe, era difficile da contenere. Ma era impossibile non volergli bene: perché dietro a quella vivacità c’era un cuore grande, capace di legami veri e profondi, dotato di grande generosità e attitudine ad aiutare gli altri nelle difficoltà.
La voglia di tranquillità e la capacità di accendere ogni stanza in cui entrava: un'apparente contraddizione che racconta tutta la complessità e la vitalità di Gabriele, un ragazzo che sapeva essere profondo e leggero, serio e spensierato, tutto nello stesso tempo.
Sognava di diventare carabiniere, proprio come suo nonno, a cui era molto legato. Passava molto tempo dai nonni, dove trovava affetto, sicurezza e tanti momenti semplici ma preziosi.
A marzo 2024, a sedici anni, gli è stato diagnosticato un linfoma mediastinico non Hodgkin. Quando gli hanno dato la diagnosi, in un giorno che doveva essere di vacanza e spiensieratezza, gli è crollato il mondo addosso. Parlava spesso dei capelli che avrebbe perso, come se fosse quella la cosa più difficile da affrontare. Ma in realtà era solo un modo per nascondere una paura molto più profonda, quella di tutto ciò che sarebbe venuto dopo, e dell’incertezza che gli si era spalancata davanti.
Da quel momento è iniziato un percorso molto difficile. Quei mesi di chemioterapia sono stati un susseguirsi di difficoltà fisiche e di momenti di grande fatica, ma anche di paura e di speranza che si mescolavano ogni giorno. Gabriele ha avuto momenti di scoraggiamento, come chiunque al suo posto, ma ha affrontato le sfide senza mai perdere la sua voglia di essere sé stesso, anche quando tutto sembrava remargli contro. Non ha mai perso la speranza, riusciva a trovare il lato positivo della situazione e a sorridere nonostante tutto.
Accanto a lui c’erano sempre la sua mamma e il suo papà, presenze forti e amorevoli, che non hanno mai smesso di sostenerlo. C’erano tutti i parenti, che facevano sentire il calore della famiglia. C’erano gli amici, quelli che andavano a trovarlo e tutti quelli che gli erano vicini con il cuore. E c’erano le infermiere, che lo adoravano.
Dopo mesi duri, la malattia sembrava vinta. Lui era felice di avercela fatta. Ad ottobre era tornato a scuola con una voglia di esserci che ha colpito tutti. Ogni giorno era lì, puntuale, impegnato, con una forza silenziosa che parlava più di mille parole. La sua tenacia racconta molto del suo carattere: anche nelle difficoltà più grandi, non si arrendeva mai.
Lui era orgoglioso di essere uno studente del liceo delle scienze applicate, ma ammetteva di non voler essere un secchione. Recuperare discipline impegnative come la matematica non era affatto semplice, soprattutto in quelle condizioni. Diceva che per capire quelle robe scritte in arabo sarebbe servito un miracolo, eppure era determinato a farcela.
Dalle ultime pagine del quaderno di matematica di Gabriele.
Gabry sapeva di non essere solo: aveva amici e compagni di classe che lo aiutavano e gli volevano bene e aveva capito che anche i professori lo sostenevano con affetto.
E sentiva davvero che ogni giorno aveva un valore speciale.
Poi sono arrivati i forti mal di testa. I medici hanno trovato una grande massa a livello cerebrale. Gli ultimi giorni sono stati duri: le crisi, il corpo che non rispondeva più. Lui era pronto a lottare di nuovo, ma questa volta il nemico era troppo forte. In mezzo al dolore più grande, le sue parole hanno aperto uno spazio di pace, una direzione, una speranza: «Credo che incontrerò il Signore, che andrò in paradiso». In soli dieci giorni, il 22 ottobre 2024, Gabriele si è spento. Ma proprio alla fine, con il suo ultimo respiro, ha regalato alla sua mamma un sorriso.
Gabry ha lasciato un vuoto enorme, ma ha lasciato anche una scia di sorrisi.
I suoi amici parlano di lui con affetto, ricordando le battute, le risate, le giornate leggere passate insieme. Ci resta nel cuore la sua forza e il suo coraggio nella malattia, ma soprattutto ci resta nel cuore la sua voglia di vivere e la gioia con cui sapeva stare al mondo, anche nei momenti difficili.
Ecco come vogliamo ricordarlo: non con il dolore degli ultimi giorni, ma con la luce che sapeva portare, ogni volta che entrava in una stanza. La serenità delle persone che aveva accanto era la cosa per lui più importante: quante volte si leggeva nel suo sguardo il desiderio che fossero tutti felici!
Il sorriso di Gabriele è ancora qui. Vive nei ricordi, nelle foto, nelle storie che continuiamo a raccontarci. Ma soprattutto, vive nei sorrisi che noi ci scambiamo pensando a lui. E a volte basta ridere insieme di una sua vecchia battuta per sentirlo di nuovo accanto.