72: il problema, così come è formulato, è indeterminato. Innanzitutto andrebbe detto esplicitamente che (come in effetti deducibile dal disegno) la velocità finale della boccia 1 ha la stessa direzione e lo stesso verso della sua velocità iniziale. In ogni caso, anche con questa informazione, il problema rimarrebbe indeterminato. Segnalazione di A. Fabbri, 3DSA 24/25. La conservazione della quantità di moto infatti permette di concludere che le velocità delle bocce 2 e 3 sono uguali in modulo, ma non è sufficiente a ricavare le due incognite che rimangono, v1f e v2f=v3f. Per ottenere la soluzione proposta occorre assumere che l'urto sia elastico, cosa che è ragionevole per le palle da biliardo. Lo svolgimento per gli insegnanti arriva alla soluzione proposta attraverso una considerazione geometrica totalmente infondata: secondo il risolutore l'ortogonalità di v2f e v3f implicherebbe v1f=0. Questo non è affatto corretto, e si possono trovare infinite soluzioni che contraddicono questa "deduzione". Per esempio v1f= 1,0 m/s e v2f=v3f ≈ 9,19 m/s oppure v1f= 4,10 m/s e v2f=v3f ≈ 7,00 m/s. Ovviamente, per tali soluzioni, ∆K<0. La condizione di elasticità è quella che permette di concludere (algebricamente) che v1f=0. A posteriori, forse è questa conclusione che ha spinto l'autore dell'esercizio a non fare affermazioni esplicite su direzione e verso di v1f (che, essendo il vettore nullo, non sono determinate). Tutto sommato forse questo esercizio è un po' contorto, e non vale la pena assegnarlo.
99: la soluzione contiene due errori, uno di calcolo e uno concettuale. Innanzitutto i risultati forniti non sono i valori medi della forza esercitata dal terreno ma quelli della forza esterna risultante agente sul sistema. Se la richiesta fosse "Calcola il valore medio della forza risultante sui ragazzi durante l'impatto col suolo" il primo risultato sarebbe corretto, ma andrebbe scritto con 2 cifre significative: 0,35 kN. Il secondo risultato (1,4 kN) sarebbe comunque errato di un ordine di grandezza. Il risultato corretto è Infatti 14 kN. il "teorema dell'impulso" afferma che ∆q = F ∆ t, dove F è il valor medio della risultante delle forze esterne. In questo caso sui ragazzi agiscono sia la reazione vincolare del suolo N diretta verso l'alto, che il loro peso P diretto verso il basso. Poiché la qdm finale dei ragazzi è nulla, ∆q = –q₀, che è un vettore rivolto verso l'alto. Allora, scritto in termini dei moduli dei vettori il teorema dell'impulso equivale a q₀ = (N – P)∆ t ovvero N = q₀/∆t+ P = m (v₀/∆t+g). Nel primo caso N = 0,84 kN. Nel secondo caso si ha N = 14498 N ≈ 1,4 kN. In questo caso, alla seconda cifra significativa l'impulso della forza normale è praticamente uguale all'impulso della forza risultante, perché il contributo del peso è trascurabile. Nel primo caso il contrubuto del peso è tutt'altro che trascurabile.
107: il testo dell'esercizio contiene un evidente errore. L'angolo di 42° dato non può essere quello tra la velocità finale della particella ɑ e la velocità iniziale della stessa particella, perché quest'ultima è per ipotesi nulla. L'angolo è tra la velocità iniziale del neutrone e quella finale della particella ɑ. Il fatto che tra queste velocità ci sia un angolo significa che l'urto è in due dimensioni, e che quindi entrambe le componenti della quantità di moto vanno considerate. La situazione è analoga a quella dell'es. 73.
Per risolvere il sistema è utile mettere a sistema le due equazioni derivanti dalla conservazione della qdm, esplicitare in entrambe il termine contenente la velocità iniziale del neutrone ed elevare al quadrato. È poi possibile semplificare le equazioni utilizzando la relazione fondamentale della goniometria: cos²θ + sin²θ=1. Infatti, sommando le due equazioni si ottiene una relazione che non contiene θn. Mettendo quindi a sistema questa equazione semplificata con ∆K=0 si riesce a ricavare la velocità finale della particella ɑ. Una volta trovata vfɑ, da ∆K=0 si può trovare facilmente vfn ed infine, con le due velocità finali, è possibile ricavare l'angolo di diffusione del neutrone.
110: il problema è carino, ma la scelta dei dati e il formato in cui viene data la soluzione sono imprecisi e fuorvianti. Infatti, la soluzione corretta data con una sola cifra significativa rischia di confondersi con una soluzione ottenuta con un ragionamento errato. Il risultato dovrebbe essere dato con 2 cifre significative. Con tale precisione, la soluzione corretta è 5,8 cm, mentre quella errata è 5,9 cm. Alla terza cifra significativa, la soluzione corretta è 5,76 cm, mentre quella errata è 5,87 cm. Come anticipato, tenendo una sola cifra significativa, entrambi i procedimenti danno lo stesso risultato, e uno studente che ha adottato il procedimento errato rischia di non accorgersi dell'errore. La differenza è minima (al di sotto del millimetro) per via del fatto che la massa della palla è significativamente minore di quella della barca e dei suoi occupanti, e potrebbe essere mascherata da errori di approssimazione in calcoli intermedi. L'errore tipico è assumere che lo spostamento compiuto dalla palla rispetto alla barca (3,0 m) coincida con lo spostamento compiuto dalla palla rispetto alle sponde del lago. I due spostamenti non sono uguali perché la barca si muove nel verso opposto a quello della palla, che quindi percorre meno di 3,0 prima di essere presa. Il problema si risolve sfruttando il fatto che, nell'ipotesi che il sistema sia isolato, il centro di massa del sistema non si sposta. Risulta conveniente utilizzare quanto appreso nel capitolo sulla relatività del moto per esprimere lo spostamento (incognito) della palla rispetto alla riva in termini dello spostamento (incognito) della barca rispetto alla riva e dello spostamento (noto) della palla rispetto alla barca.