LE DONNE DELLA COMMEDIA

LE DONNE DELLA DIVINA COMMEDIA

Dante vive a cavallo tra la fine del Medioevo e l’inizio della civiltà dei Comuni e ciò gli permette di conferire alla donna tutta la dignità che invece le era stata sottratta durante l’epoca precedente. Dante è infatti uno dei massimi esponenti della corrente stilnovistica, il cui compito principale fu quello di definire le caratteristiche di questa nuova figura femminile, non più vista come simbolo di perdizione, bensì come una vera e propria creatura angelica che rappresentava l’unico tramite tra l’uomo e Dio.

Ebbene, il Sommo Poeta riuscì a tratteggiare non solo la figura della donna angelo da lui tanto amata, Beatrice, ma delineò con una maestria inarrivabile numerose altre donne, in particolare nella Divina Commedia. Quelle che compaiono nel suo capolavoro sono infatti donne storiche, donne della Bibbia, donne dei miti greci, donne che appartengono all’immaginario individuale e collettivo.

Molte di esse sono accomunate dal fatto che, durante la loro vita terrena, vissero storie d’amore tra loro più o meno analoghe; procedendo in modo discendente dal Paradiso all’Inferno: Beatrice, l’immenso e platonico amore del poeta stesso; la “libertina” Cunizza che a nessuno negava il proprio amore, a patto che le venisse chiesto cortesemente; la pudica Nella che sempre rimase fedele al caro marito; la “lussuriosa” Francesca vittima di un matrimonio combinato che fu punita in eterno per aver seguito il proprio cuore.

Quelle descritte da Dante sono tutte Donne, degne si essere chiamate tali, ognuna con caratteristiche che, in un mondo apparentemente colmo di creature altamente simili, le rende uniche nel loro genere.

Conosciamo meglio le loro storie…


LA BEATRICE DANTESCA

La donna che Dante trasfigura nel personaggio di Beatrice, musa ispiratrice e amore platonico del poeta, fu probabilmente Beatrice Portinari, detta Bice, della quale non si hanno notizie biografiche certe, ma per analogia si fa risalire la sua data di nascita con quella presunta dello stesso Dante, mentre la data della morte si può desumere dalla Vita nova. Tale opera giovanile viene composta al termine del periodo di traviamento seguito alla morte della donna (1293-1295) e proprio il titolo rimanda ad un rinnovamento spirituale, dovuto all’eccezionalità dell’amore provato dal poeta per Beatrice. La Vita Nova infatti ricostruisce nei suoi 42 capitoli una vicenda esemplare sottratta ai limiti del tempo e dello spazio: l’amore di Dante per Beatrice. La figura della donna angelicata compare a partire dal secondo capitolo, in cui viene descritto il primo incontro avvenuto tra i due all’età di nove anni. In tale testo-itinerarium Dante rappresenta le diverse fasi dell’innamoramento indicando sin da subito Beatrice come la sua amata, rimpianta ma beata in cielo tra gli angeli e viva in terra con la sua anima.

In questa prospettiva possiamo inquadrare al meglio la figura di Beatrice: Dante attraverso lei fa esperienza del divino, l’amore puro e trascendente che prova per Beatrice lo innalzerà fino ad arrivare al cospetto di Dio. Sarà lei ad aprire e chiudere tutto il cammino di Dante sia come uomo che come poeta, fino ad esserne guida nell’esperienza mistica che lo condurrà alla beatitudine.

Siamo nel vivo della vita del poeta, matura di esperienze, di errori e di dolori: nasce la Divina Commedia, o Comedìa, da una visione pessimistica, cupa ed apocalittica della realtà. Un viaggio provvidenziale nei tre regni dell’oltretomba, al fine di purificare il poeta stesso e l’intera umanità, che vedrà come guide spirituali Virgilio nell’inferno e nel Purgatorio e Beatrice nel regno della beatitudine eterna, il Paradiso.

Beatrice appare nel II canto dell’Inferno preannunciandosi già come faro nel lungo cammino attraverso i due regni successivi. È discesa al Limbo per chiamare Virgilio in aiuto di Dante: Amor mi mosse che mi fa parlare” ( v.72). Ricompare poi sulla cima del Purgatorio a compiere l’opera che renderà Dante puro per la salita alle stelle: è il momento centrale della poesia di Beatrice, così come lo è della salvezza del poeta. Ella scende, avvolta in una nuvola fiorita, “sotto verde manto vestita di color di fiamma viva” (Canto XXX, vv. 32/33). Ed infine nel Paradiso diventa simbolo e allegoria della fede, spesso attenta a chiarire problemi filosofici e teologici, ma nonostante ciò rimane sempre fervido nel cuore del poeta il ricordo di un dolce e patetico amore.

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CUNIZZA DA ROMANO


Cunizza da Romano è una delle donne che Dante incontra durante il suo viaggio nel Paradiso.

Era una nobildonna italiana che lo stesso Dante conobbe, figlia di Ezzelino II (signore della Marca Trevigiana) e moglie di Rizzardo, per ragioni puramente politiche.


La donna fu protagonista del famoso ratto, ordito da Sordello da Goito, forse mandato proprio dal fratello della donna, per intorbidire la reputazione del cognato che era un suo rivale politico.

Ella si trova nel III cielo del Paradiso nel “bel pianeta che d’amar conforta”, ovvero quello di Venere, e, essendo uno degli spiriti amanti, si presenta come uno splendore che canta e che danza. In realtà nella prima parte della sua vita non è stata una donna dedita all’amore gentile e cortese e alla fedeltà coniugale, al contrario è stata una donna libertina, di facili costumi, passionale, incapace di rinunciare all’amore carnale e alle avventure amorose. Ebbe moltissimi uomini, tra cui il suo rapitore Sordello Da Goito, ed era rinomata negli ambienti nobiliari dell’epoca, per la facilità con cui si concedeva agli uomini, tanto che di lei si dice che “ritenesse scortese rifiutarsi a chi la richiedeva cortesemente”.

Ma perché Dante la colloca nel Paradiso e non nell’Inferno tra i lussuriosi?

Semplice, Cunizza ha vissuto la sua vita, anche se piena di peccati, come l’adulterio, nella gioia, a differenza di Francesca, senza sensi di colpa, infatti Dante non giudica i personaggi per l’atto del peccato in sé, ma per la maniera in cui esso viene vissuto.

Addirittura si ritiene che il ravvedimento che ebbe, diventando una donna pia, che poi l’ha portata ad occupare tale posizione nel poema dantesco, fu dato dal fatto che l’amore carnale, che ella provò durante la vita terrena, non fu rinnegato o condannato nella vita ultraterrena, ma fu trasmutato, diventando amore carnale per Dio, ovvero la nobildonna è capace di sentire Dio nella carne.


Inoltre, il ruolo che Dante assegna a Cunizza all’interno del canto IX è quello di donna-profeta, in quanto è l’autrice di una triplice profezia contro i signori corrotti della Marca Trevigiana.

2. CUNIZZA DA ROMANO.mp4


NELLA

Nel canto XXIII del Purgatorio, Dante giunge nella VI cornice in cui si trovano le anime dei golosi, coloro che in vita furono dediti al vizio della gola e ora, per contrasto, sono magrissimi, non potendo mangiare i frutti degli alberi né bere. Al centro di questo canto vi è l’incontro di Dante con Forese Donati, membro della famosa famiglia appartenente allo schieramento dei Guelfi neri, fratello di Corso Donati e di Piccarda, posta nel I cielo del Paradiso. Alla vista di Forese, Dante cerca di spiegarsi come mai l’amico, essendo morto da pochi anni ed essendosi pentito in fin di vita, si trovi già nella VI cornice del Purgatorio. A questo punto, Forese spiega che ad accelerare la sua penitenza è stata la moglie, Nella, la ‘’vedovella mia’’, la quale a forza di pianti e di devote preghiere lo ha liberato dall’attesa dell’Antipurgatorio e dalla sosta nelle altre cornici. In questa parte del canto, emerge la figura di Nella, descritta come compagna di una felice vita coniugale, colei che Dante, nella Tenzone, aveva delineato come devota al marito, onesta e unico esempio di virtù tra le donne fiorentine, scostumate, che vanno per le strade mostrando con le poppe il petto.

‘’Tanto è a Dio più cara e più diletta la vedovella mia, che molto amai, quanto in bene operare è più soletta; ché la Barbagia di Sardigna assai ne le femmine sue più è pudica che la Barbagia dov’io la lasciai” (canto XXIII, vv.91-96).


3. NELLA DONATI.mp4


FRANCESCA

La storia di Paolo e Francesca è narrata nel V canto dell’Inferno. Queste due anime sono relegate nel secondo cerchio, ovvero quello dei lussuriosi. Come nella vita terrena essi si lasciarono trasportare dalle passioni (la lussuria), così nella vita ultraterrena sono sballottati da una bufera incessante. Tra i lussuriosi, Paolo e Francesca attraggono lo sguardo di Dante in quanto non volano separate come le altre, sembrando insieme straordinariamente leggere nel vento. Ad un certo punto il poeta chiede di parlare con loro ed esse si avvicinano. Il dialogo tra Dante e Francesca si apre con la narrazione della sua vicenda terrena e del suo innamoramento nei confronti di Paolo. Francesca ha il coraggio di raccontare a Dante tutta la loro vicenda amorosa, Paolo se ne sta in disparte a piangere e non proferisce alcuna parola.


È una delle prime donne a ribellarsi al volere maschile, prima quello del padre e poi quello del marito. Non accettando il matrimonio organizzato dagli uomini contro la sua volontà, dimostra così una forte personalità che si oppone alle tradizioni del tempo, anche a costo di morire. Con Francesca da Polenta si apre lo spazio dedicato alle figure femminili nella Divina Commedia.


Francesca, figlia del signore di Ravenna, aveva sposato Gianciotto Malatesta, signore di Rimini: uomo zoppo, deforme e violento. Il loro non era stato un matrimonio per amore, ma per motivi politici e diplomatici. I due cognati si dichiararono il loro amore durante la lettura di un libro, il romanzo cortese “Lancillotto”. La loro colpa non è tanto di essersi innamorati, ma di aver messo in pratica il comportamento peccaminoso dei due personaggi letterari, Lancillotto e Ginevra, moglie del re Artù. Hanno scambiato la letteratura con la vita e ciò ha causato la loro irrevocabile dannazione. Francesca, come altri personaggi dell’Inferno, vive il contrasto fra la nobiltà d’animo e il peccato, fra la pietà suscitata e il giudizio di condanna. Ciò che la distingue è la delicatezza dolorosa propria dell’immagine femminile stilnovistico-cortese.


Francesca, inoltre, non è nella posizione lontana e irraggiungibile delle donne-angelo, oggetto di contemplazione e mai soggetto di discorsi. Nel V canto è lei la protagonista della storia, ed è lei stessa a narrarla. Ciò fa di lei un personaggio forte e di una modernità che lo Stilnovo non conosceva. Francesca, infatti, è riuscita a rivelarci cos’è cambiato nell’immaginario medievale sulla donna e sull’amore dalle sue origini all’età di Dante. La lussuria non nasce solo dalla corruzione o bestialità, ma anche dal cuore con valori cortesi e dalla gentilezza stilnovistica: quell’ amore” che “a nullo amato amar perdona”.

4. FRANCESCA DA RIMINI.mp4