Dipinti... divini

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Boccioni, Il sogno

Per contribuire al progetto del Dantedì, abbiamo deciso di analizzare l’opera “Il sogno”, del pittore Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 19 ottobre 1882 – Verona, 17 agosto 1916). Questo quadro è stato realizzato tra il 1908 e il 1909 ed è custodito a Milano nella Collezione privata Palazzoli, le sue dimensioni sono 140 x 130 cm. È realizzato con olio su tela.

Il dipinto rappresenta i celebri amanti Paolo Malatesta e Francesca da Polenta, presentati dal poeta Dante Alighieri nel Canto V dell’”Inferno” della sua famosissima “Divina Commedia”. Il pittore decide di riprendere in ambito artistico ciò che è stato scritto in primo luogo dall’autore del ‘300, rimanendo in parte fedele alla descrizione originale fornita dal testo e introducendo degli aspetti innovativi che distaccano per alcuni elementi il quadro dall’opera scritta.

I due soggetti vengono rappresentati sospesi nell’aria, nudi, avvinghiati in modo appassionato; Paolo mantiene lo sguardo fisso sul collo dell’amata, con espressione affettuosa, mentre lei abbandona il capo all’indietro con gli occhi chiusi e la bocca semiaperta, come se fosse in una sorta di estasi, mentre i capelli lunghi e mossi sparsi all’aria ne delineano a pieno la femminilità e sono l’unico elemento che la distingue dall’uomo. Infatti, i due corpi appaiono quasi identici tra di loro e, a primo impatto, essendo sovrapposti, anche cromaticamente, sembrano una figura sola. Gli amanti sono adagiati su quella che si potrebbe identificare come una nube vermiglia.

Il quadro è strutturato su due livelli principali, individuabili dalla componente cromatica già al primo sguardo. In primo piano, al centro, vi sono Paolo e Francesca stretti nell’eterno abbraccio: essi rappresentano il fulcro sia semantico che prospettico dell’opera, riprendendo un noto espediente rinascimentale (cfr. “Il pagamento del tributo”, Masaccio, 1425). Per metà i loro corpi occupano la sezione superiore del dipinto e sono posti in diagonale, dando la sensazione visiva di ascensione in corso. Il secondo livello, invece, è costituito dallo sfondo, a sua volta bipartito; esso è caratterizzato nella sezione bassa da una componente più macabra e oscura, mentre il registro superiore sembra quasi collocare la vicenda in un ambiente che, agli occhi di un osservatore che non conosce l’episodio, potrebbe apparire quasi etereo e quindi certamente non infernale. Vi è quindi un marcato contrasto tra le due parti che compongono l’ambiente circostante: al di sotto dei due amanti, si estende a perdita d’occhio una distesa d’acqua scura e torbida in cui sono immerse le anime dei peccatori, contorti in una costante sofferenza; salendo con lo sguardo, si incontra un passaggio molto brusco ad una parete rocciosa sovrastata da nuvole.

La componente cromatica gioca un ruolo fondamentale all’interno di questa tela, ricoprendo una funzione simbolica. Il contrasto è dato dalla contrapposizione tra colori caldi e freddi, oltre che accesi e spenti. I due soggetti principali risaltano grazie ai toni caldi, tendenti dal giallo al rosso, che appaiono quasi dorati per l’utilizzo della luce, la quale sembra concentrarsi solo in questa parte del dipinto. La volontà dell’artista è forse quella di dare all’osservatore l’impressione di una statua aurea, facendo apparire gli amanti come veicolo di un amore idealizzato. Anche la nube rossa è un simbolo che tende a divinizzare i soggetti: questo aspetto, più che alla “Divina Commedia”, sembra richiamarsi alla “Vita Nova”, opera giovanile di Dante; in particolare al capitolo III, in cui l’autore sogna Amore che scende dal cielo avvolto da una nuvola rossa. Per questo motivo si potrebbe pensare a tale nube come elemento sacrale e riferimento ad Amore stesso, che trascina Paolo e Francesca in una passione coinvolgente ed elevatrice. In contrapposizione a quanto appena detto, allo sfondo vengono attribuiti colori più freddi: nella parte inferiore essi tendono al cupo, richiamandosi all’ambiente infernale, mentre in quella superiore si notano in particolare i toni del cielo, da cui pare scaturire una luce particolarmente realistica, che si riflette sui protagonisti. Grazie all’uso dei colori, si ha l’impressione che Paolo e Francesca siano completamente slegati ed estraniati dal contesto infernale e dalla condizione che caratterizza le anime dei dannati che si contorcono sotto di loro.

Inoltre, dall’opera emerge un certo surrealismo, dato dalle tonalità; è come se Paolo e Francesca appartenessero a una dimensione onirica, collocata in uno spazio che non somiglia all’Inferno, ma neanche al Purgatorio o al Paradiso. Dalla tela traspare una sensazione di irrealtà, di sospensione dell’istante, di rallentamento; il quadrò è dominato da un’atmosfera estatica. I colori dorati, la luce, la fluttuazione, la leggerezza e l’unione armoniose dei corpi, le espressioni dei visi: tutti questi elementi contribuiscono a creare l’impressione di essere immersi in un sogno.

È necessario mettere a confronto la rappresentazione di Boccioni con la descrizione originale del Canto V, per individuare così gli elementi di somiglianza e quelli di discontinuità. Nel testo originale, Dante evidenzia la componente profana dell’amore che vince Paolo e Francesca, attuando anche un implicito confronto con quello sacro che egli prova nei confronti di Beatrice, il quale ha caratterizzato l’esistenza del poeta. Tuttavia, nel dipinto, l’artista sembra voler eliminare la componente di dannazione che solitamente si accompagna alle anime, dando un’impressione più positiva dell’amore che lega i due individui. Nella tela essi sono sospesi nell’aria, ma non vengono trascinati da “l’aere maligno” (“Inferno”, Canto V, v. 86), che tormenta i lussuriosi, bensì sono adagiati in modo leggiadro su una nuvola; questa, in opposizione al testo, appare benigna e sacra. Quando Francesca si rivolge per la prima volta a Dante, si riferisce al proprio sentimento amoroso come a un “mal perverso” (“Inferno”, canto V, v. 93); ciò non viene però trasposto nell’opera dipinta: qui, infatti, l’amore pare elevarli e non tende al profano.

In conclusione, Boccioni rivisita in modo personale la vicenda di Paolo e Francesca rispetto a come la racconta Dante. I tratti cupi della scena e l’ambiente infernale vengono attenuati, lasciando spazio a un clima più calmo e pacato. La luce e i colori forniscono una presentazione che non accentua l’aspetto peccaminoso e profano dell’amore tra Paolo e Francesca, il sentimento viene elevato a un livello superiore e più trascendente, e il pittore si distacca così dalla visione dantesca.

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