Il nome Apicio era in realtà a quanto pare un soprannome col significato di “goloso”; anche per questo, secondo le testimonianze, pare siano vissuti tre Apicio e tutti e tre pare si siano occupati di cucina. Colui di cui noi trattiamo è Marco Gavio Apicio, vissuto tra il 25 a.C. e il 37 a.C. Fu considerato il più grande gastronomo della Roma del regno di Tiberio. Alcune fonti riportano che avesse aperto addirittura una scuola di cucina, dove i figli dei patrizi imparavano a cucinare e conversavano di prelibatezze. La leggenda racconta di come Apicio nutrisse le murene, con le quali preparava i suoi banchetti, con la carne degli schiavi. Pur essendo molto ricco, dilapidò il suo patrimonio con gli eccessi del bere e del mangiare, e decise di togliersi la vita con il veleno, anche per il timore di non poter più allestire i suoi sontuosi banchetti, stando a quanto racconta Marziale. Viene citato quale simbolo della decadenza dei costumi e della moralità romana, dedita più ai piaceri della tavola e della carne che alle responsabilità civili, da Seneca (Dialogi XII, 10, 8), il quale lo definisce un “cattivo esempio per la gioventù” e da Plinio il Vecchio (Naturalis Historia VIII, 209), che lo racconta come “il più grande tra tutti gli scialacquatori”
Il De re coquinaria (L'arte culinaria) forse è un rimaneggiamento di un antico ricettario di Marco Gavio Apicio. Altra ipotesi è che l'autore di tale opera sia stato un certo Celio, un cuoco che poi la attribuì ad Apicio. Seppure si tratti nel complesso di appunti frettolosi, disordinati, essi costituiscono il più importante libro di cucina scritto in latino, preziosa testimonianza della cucina degli antichi romani, nella quale essenziali per la riuscita dei piatti erano i condimenti. L’opera è infatti, probabilmente, il risultato dell’unione di due volumi diversi, l’uno dedicato alla cucina, l’altro alle salse. Si tratta di una raccolta di 450 ricette per tutti i gusti e tutte le fantasie, che ci ha permesso di conoscere i vari prodotti impiegati nella cucina romana, anche se al suo tempo questa aveva perso quel carattere di frugalità che l'aveva contraddistinta nei secoli fino alla fine della repubblica e della quale Catone, che tanto amava le antiche tradizioni, era orgoglioso.
L’opera è divisa in 10 libri, ognuno dei quali affronta un argomento differente:
Epimeles — suggerimenti vari
Sarcoptes — carni tritate, manzo
Cepuros — verdure e ortaggi
Pandecter — varie (salse, torte, antipasti…)
Ospreon — legumi
Aeropetes — uccelli
Polyteles Uolatilia — gourmet
Tetrapus Quadripedia — quadrupedi
Thalassa — mare
Halieus Piscatura — pesci
Il latino di Apicio è povero dal punto di vista letterario e adatto invece al linguaggio dei cuochi dell’epoca, dal momento in cui la letteratura gastronomica preferiva la finalità pratica piuttosto che la forma. Si tratta di un’opera di uso corrente, alla quale si sono aggiunte varianti e nuove ricette, dando così vita, edizione dopo edizione, alla versione di cui disponiamo oggi, aggiornata dal punto di vista linguistico, tanto che gli Estratti sembrano in latino medievale, modificati da aggiunte, esclusioni e perdite involontarie.