Riapre il caso Orlandi, cosa sappiamo a 40 anni dall'irrisolto mistero

Ebbene si, dopo 40 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, il caso viene riaperto. Si riaccendono le speranze della famiglia, che però non ha mai smesso di cercarla. Staremo a vedere cosa accadrà nelle prossime settimane. Ma cosa sappiamo fino ad ora? L’unico modo per scoprirlo è seguire questo articolo.

Chi era Emanuela?

Emanuela nacque a roma il 14 gennaio 1968. Era figlia di Ercole Orlandi, membro del Prefetto del Vaticano. 

Abitava insieme ai suoi familiari in un appartamento all’interno delle mura Vaticane. Amava la musica, di fatto frequentava da anni l'Accademia di Musica Tommaso Ludovico da Victoria, in piazza Sant'Apollinare. Praticava corsi di flauto traverso, canto corale e pianoforte. Era una ragazza semplice, descritta dalle amiche “acqua e sapone”.

Il giorno della tragica scomparsa

Emanuela scomparve il giorno del 22 giugno 1983. Uscì di casa alle 16:00 per andare alle lezioni di musica, che si sarebbero tenute nel pomeriggio dalle 17:00 alle 18:00, e successivamente quelle di canto corale, dalle 18:00 alle 19:00. Quel giorno uscì 10 minuti prima dalla lezione, per chiamare a casa, dove rispose sua sorella. Emanuela le raccontò che un uomo la avvicinò per proporle un lavoro come addetta al volantinaggio per l’azienda di cosmetici Avon, per la modica cifra di 375.000 lire. Emanuela disse lui che voleva aspettare un parere dalla famiglia, onde evitare spiacevoli equivoci. A questo punto, lei aspettò le sue amiche, per poi andare a prendere l’autobus.  

Emanuela però quel giorno non prese l’autobus, dicendo alle sue amiche che avrebbe aspettato quello successivo, dato che era troppo affollato. Da li non si ebbe più notizia di lei. La famiglia cominciò subito a cercarla, ma niente da fare. Il giorno dopo ne denunciarono la scomparsa alla polizia, e diffusero il messaggio anche sui più grandi quotidiani del tempo, fornendo il numero di telefono. 

La lunga serie di telefonate

Da lì in poi cominciarono le infinite telefonate. Tra le tante , ne arrivò una, che testimonia l’avvistamento di una ragazza, tale “Barbara”, ma con tratti molto simili ad Emanuela, mentre pubblicizzava dei prodotti Avon. Al telefono parlava un tale “Pierluigi”. Il 25 giugno si presentarono a casa Orlandi 2 agenti del SISDE, che ispezionano l’abitazione, e obbligarono la famiglia a collegare al telefono un registratore, utile per raccogliere prove importanti. Arrivò una seconda telefonata, fatta questa volta da un tale “Mario”, che raccontò alla famiglia di questa ragazza che pubblicizza prodotti Avon, tale “Barbarella” , che da lì a poco avrebbe dovuto tenere un'esibizione di canto corale, proprio come Emanuela.

Le strane telefonate dell’Americano

Il 5 luglio, arriva un’ulteriore telefonata, stavolta fatta da un uomo, chiamato “L’Americano”, per il suo accento, che diceva di aver contatti con la sala stampa Vaticana, e di conversare spesso con Emanuela. Aggiunse poi che 2 dei suoi elementi avessero già contattato la famiglia, denominati come “Pierluigi” e “Mario”. Da qui si aprì la prima pista di indagini, che premeva sul tenatato assassinio del Papa. Infatti questo Americano annunciò che se entro il 20 luglio le autorità italiane non avrebbero rilasciato Mehmet Ali Agca, responsabile del tentato omicidio al papa, Emanuela Orlandi sarebbe stata uccisa. 

Mehmet venne identificato come membro dei Lupi grigi, un movimento di estrema destra turco.  Nei giorni seguenti  l’Americano chiama ancora a casa Orlandi, dicendo loro di andare a Piazza del Parlamento, dove, in un cestino della spazzatura, c’era una prova cruciale, che confermava la detenzione da parte dell’Americano di Emanuela. All’interno del pacchetto c’era una delle rette della scuola e  la fotocopia della sua tessera di musica. Da qui cominciarono le rivelazioni molto importanti di Ali Agca, che veniva portato a processo. Egli dichiarò che non tentò di uccidere il Papa sottordine dei Lupi grigi, ma sottordine dei Bulgari e del KGB, i servizi segreti russi. Il tutto era logico, dato che il papa era polacco, e veniva visto come una sfida verso Mosca. 

Il 17 luglio, l’Americano chiamò l’ANSA, dicendo loro di aver lasciato un'altra prova in un cestino in Via Dataria. Il pacchetto viene trovano. Esso conteneva una cassetta, con 2 messaggi, uno propone il solito scambio di Emanuela con Ali Agca, mentre l’altro era la registrazione di una donna, che all’inizio si presumeva Emanuela, che ansimava, in preda a dolore, esclamava “Oddio, ahia, perché Dio perché”. Questa prova venne subito scartata, visto che si scoprì provenire da un film pornografico.

La scadenza dell’ultimatum

Il 20 luglio, giorno della scadenza dell’ultimatum, l’Americano chiama al Vaticano, dicendo che restavano poche ore alla morte della ragazza. I servizi segreti dissero poi alla famiglia Orlandi che era il caso di spostare le telefonate presso uno studio di un avvocato, l’avvocato Gennaro Egidio. La famiglia accettò. Questo avvocato però non veniva visto bene, data la poca esperienza che aveva con i casi di terrorismo.

Il possibile legame con la Banda della Magliana

Il caso del terrorismo internazionale non convinceva molto. Secondo molti, il caso aveva a che fare con il mondo della criminalità e del denaro. 

Nel 2008, Sabrina Minardi, ex amante del boss della Banda della Magliana Enrico de Pedis, confermò di aver tenuto Emanuela prigioniera in un appartamento a Torvaianica e poi nel centro di Roma, per conto di Enrico. A rafforzare questa pista arrivò un messaggio a  “Chi l’ha visto”, dove si diceva di andare a controllare nella cripta della Basilica di Sant'Apollinare, e rivedere anche il favore che Renatino fece al Cardinal Poletti. Subito si andò a controllare la Basilica, proprietà del Vaticano. Al suo interno si trovò la tomba di Enrico de Pedis. Per essere sepolti in quella basilica, si doveva avere un forte legame con il Vaticano. Allora furono condotte diverse ricerche, e si scoprì che nel 1984 Enrico venne arrestato, tramite l’amante. Allora una giornalista si recò all’indirizzo della Minardi. 

La Minardi racconta poi che in un pomeriggio, dopo un giro in macchina, Renato le diede le chiavi della BMW, e le disse di accompagnare Emanuela al benzinaio vicino al Vaticano, subito dopo la strada delle Mille curve, dove una macchina targata città del Vaticano la preleverà. Emanuela era in condizioni pietose, non era in grado di rispondere alle domande di Sabrina. 

Arrivati al punto scelto, un cardinale prelevò questa ragazza e se ne andò. Vennero così riaperti i casi e fatti tutti gli accertamenti. Il tutto venne confermato, anche le testimonianze della Minardi. Tanti giornalisti però si chiesero del legame della banda della Magliana con la vicenda. Si ipotizzò un ricatto da parte del Vaticano. Dopo alcuni mesi Raffaella Fanelli, giornalista, riuscì a intervistare Abbatino, boss della fazione dei Testaccini della Banda della Magliana. Su questo ci scrisse anche un libro. Abbatino raccontò di un certo quantitativo di denaro, che Renatino de pedis aveva depositato nelle casse del Vaticano, ma che il Vaticano non restituì mai.

Roberto Calvi, il banchiere di Dio 

Da qui, si arrivò subito a pensare a Roberto Calvi, CEO del Banco Ambrosiano a Roma, una banca privata, molto legata al Vaticano. Egli era strettamente connesso alla Banca Vaticana, dove a capo di essa c’era Paul Marcinkus, insieme al papa fortemente anticomunista, opponendosi al pensiero dell’Unione Sovietica del tempo, che bandiva anche la religione. Il papa era polacco, quindi crebbe in un paese fortemente dominato dagli atei. 

La profezia della Madonna di Fatima

L’interesse del papa di riportare il cattolicesimo in Polonia era fortemente religioso, dato che si riconosceva nella profezia avvenuta il 13/05/1917, la profezia della Madonna di Fatima, che profetizzava l’omicidio di un papa, a meno che non sarebbe stata ristabilita la fede cattolica nell’impero russo. L’attentato avvenne lo stesso giorno della profezia di Fatima. Il papa allora volle subito ristabilire la fede nel suo paese di appartenenza. 

Insieme a Marcinkus pensarono che la strtategia migliore fosse quella di incanalare segretamente denaro ad un movimento anticomunista in Polonia, Solidarność. Furono inviati circa 200.000.000 di dollari a questo movimento. Tutto questo ovviamente non poteva apparire sui libri contabili Vaticani. Così Marcinkus si rivolse a Calvi, raccomandando di ciò. Dopo numerose operazioni di riciclaggio di denaro sporco, il Banco Ambrosiano andò in bancarotta, perdendo miliardi di lire. In tutto ciò, Calvi scomparve a Londra. Venne trovato da un impiegato delle poste inglesi impiccato sul ponte dei Frati Neri. Si pensava prima ad un suicidio, ma le dinamiche non potevano confermare ciò. Si pensò quindi ad un omicidio da parte della Mafia. Questa uccisione voleva mandare un messaggio al Vaticano. Uccisero Calvi perché aveva un grosso debito con i malavitosi, così da allertare gli altri debitori. Questo omicidio è collegato al rapimento di Emanuela, dato che i due crimini sono stati commessi dallo stesso ente, la Mafia, con uno scopo comune, colpire il Vaticano, e con lo stesso messaggio, quello di restituire i soldi della Mafia. Niente era un caso.



Marco Accetti e il collegamento con il caso Gregori 

Sei anni dopo la testimonianza Minardi, con il caso Banda della Magliana ancora aperto, spunta fuori un nuovo testimone, che presume di aver creato il caso Orlandi, tale Marco Accetti. Egli sosteneva di essere l’Americano, di aver rapito Emanuela e di sapere tutto a riguardo. 

Dice inoltre di aver portato Emanuela in un istituto a Villa Lante, passeggiandoci a lungo, sotto copertura di una parrucca. L’Americano afferma poi di essere anche coinvolto nel caso di Mirella Gregori, una ragazza di 15 anni scomparsa qualche settimana prima di Emanuela. 

Marco Accetti suppone che fu lui a suonare al campanello di casa Gregori, dopo il rientro da scuola della ragazza. Al citofono rispose Mirella. Marco si finse un compagno di scuola di Mirella. Riferendo il tutto alla madre, Mirella le chiese se poteva scendere per 5 minuti. La madre acconsentì, ma Mirella non risalì più. Marco la ingannò, dicendole che con questo finto rapimento avrebbe portato soldi a casa. Non arrivano notizie a casa, fino a che un testimone chiamò al bar dei Gregori, e descrisse indumento per indumento come era vestita Mirella quel giorno, arrivando anche alla marca della biancheria intima, fornendo indizi sulla possibile fine di Mirella. 

Marco Accetti affermò di essere lui ad aver telefonato, perché, per ottenere la libertà di Mehemet, servivano due cittadine, Mirella Gregori, di cittadinanza italiana, per far pressione sul Presidente della Repubblica, ed Emanuela Orlandi, di cittadinanza vaticana, per far pressione sul Papa. Marco ottenne ciò che voleva, perché i due capi di stato fecero due appelli per liberare le ragazze. Con questo inoltre si andavano a confermare tratti di testimonianze di Marco. Cosa che inoltre gli diede credibilità fu il ritrovamento del famoso flauto di Emanuela, da lui nascosto in un ex studio cinematografico a Roma. 

Dopo alcuni giorni a Pietro, fratello di Emanuela, venne proposto un incontro con Marco in diretta Tv. Pietro fece molte domande su Emanuela a Marco Accetti, ma lui ci speculava sopra, cercando di spostare sempre la conversazione sul caso Gregori. Questo fece capire che non c'entrava niente con il caso Orlandi, ma era responsabile del caso Gregori. Vennero quindi condotte delle perizie su Marco Accetti, e venne fuori l’accusa di autocalunnia, ossia si accusava di una cosa sapendo di non esserne responsabile, con l’intento di ingannare il giudice. Venne poi condotto un confronto di voce tra Marco e l’americano, data la sua forte insistenza. Si scoprì che ci furono 2 Americani, uno che chiamò fino a luglio, e uno che chiamò da settembre a dicembre. Il primo non era Marco, mentre il secondo si. Il primo Americano parlava solo di Emanuela, mentre il secondo parlava molto spesso anche di Mirella, quasi essendone ossessionato. Significa che Marco Accetti non ha niente a che fare con Emanuela Orlandi, ma solo con Mirella Gregori, cosa che Marco nega, sostenendo di essere responsabile di tutti e due i rapimenti.

L'agghiacciante risposta di Papa Francesco

Dopo aver fatto chiarezza sul caso Accetti, le indagini si basano sulle dichiarazioni di Sabrina Minardi. Intanto le persone erano sempre più solidali con la famiglia Orlandi, diffondendo l’opinione che il Vaticano stesse nascondendo la verità, aspettando che il caso venne dimenticato. Nel 2013 Papa Francesco venne eletto come nuovo pontefice. Dopo 2 settimane, il papa tenne una messa nella parrocchia di Emanuela. La famiglia Orlandi chiese lui informazioni. Egli li gelò con questa risposta: “Emanuela sta in cielo” , ripetendo più volte ad ogni affermazione dei familiari di Emanuela.

Vatileaks e il misterioso documento di bilancio

Nel 2016 arrivò il più grande scandalo che riguarda il Vaticano, detto Vatileaks, dove documenti top secret comparvero nelle prime pagine di giornale. Molti cardinali e molti giornalisti vennero messi a processo, tra cui Emiliano Fittipaldi, giornalista investigativo, che , durante il processo, ascoltò un particolare molto importante raccontato da un cardinale lì presente. Egli testimoniò che 2 mesi prima qualcuno entrò in Vaticano, con le chiavi, scassinò una delle 15 casseforti, dove all’interno di esse rubò documenti che riguardavano scandali politici del passato, rapporti con la massoneria, e un dossier, riguardante Emanuela Orlandi. 

Il Vaticano quindi sapeva da decenni cosa era successo ad Emanuela, ma, con la scusa che il tutto accadde nel territorio italiano, non dissero niente a nessuno. Fittipaldi allora, una volta saputa la presenza di questi documenti, si mise a cercarli con forte determinazione. Tramite una sua fonte, ottenne un documento, datato 1998, riguardante le spese sostenute dal Vaticano per Emanuela Orlandi. 

Questo documento fu scritto dal Cardinale Lorenzo Antonetti. In esso erano elencate le “spese per sostenere l’allontanamento domiciliare di Emanuela Orlandi". Stando a queste carte, Il Vaticano pagò rette, vitto, alloggio, spese mediche e di trasferimento a Londra, presso un ostello della gioventù solo per ragazze, dei padri Scalabriniani, fortemente connessi con il Vaticano . 

Queste spese furono sostenute fino al 1997. Una delle spese più intriganti fu l’ultima, di 21.000.000 di lire, una spesa “di trasferimento presso la città-stato Vaticano con relativo disbrigo delle pratiche finali”. Ciò fa pensare che Emanuela Orlandi morì in Inghilterra e venne sepolta segretamente al Vaticano. Da qui inoltre si può anche ipotizzare che papa Francesco era al corrente su tutto. 

“Cerca dove guarda l’Angelo”: testimonianza shock

Pietro Orlandi allora si riferì all’avvocato Laura Sgrò, che seguiva il caso da molto tempo. Lei studiò tutte le carte su Emanuela, e notò l’assoluta mancanza di collaborazione del Vaticano. Un giorno, nel 2018, l’avvocato trovò un indizio, che diceva di cercare “dove guardava l’angelo”. Si intendeva una tomba in uno dei luoghi di sepoltura del Vaticano, o alla Chiesa di sant'anna, o al cimitero teutonico. Venne trovata questa tomba al cimitero teutonico. Allora l’avvocato insistette per ottenere il permesso d’apertura della tomba. La richiesta fu accettata, ma la tomba era vuota. 

La telefonata a Monsignour Viganò

Dopo l’apertura delle tombe, arrivò una nuova testimonianza, da Monsignour Viganò. Egli disse all'avvocato Laura Sgrò che la stessa sera del rapimento, arrivò una telefonata all’ufficio stampa Vaticano che Emanuela fosse stata rapita. Se la telefonata avvene veramente, questo sottolinea la colpevolezza del Vaticano in questo caso, dato che la notizia di smarrimento era data solo il giorno dopo. Inoltre questo sottolineava che il Vaticano sapeva del rapimento ma non dice nulla alla famiglia. 


La possibile pista sulla pedofilia

Dopo alcuni giorni, arriva una testimonianza da parte della migliore amica di Emanuela Orlandi, che, dopo una lunga giornata di scuola, Emanuela chiamò, dicendole che doveva raccontarle un segreto molto importante. Le due si incontrano e Emanuela racconta lei che, durante un suo giro nei giardini Vaticani, un cardinale, molto vicino al Papa, l’aveva infastidita, con fini sessuali. Ciò spiega il rapimento, perché si può ipotizzare che la Banda della Magliana sapeva di questo segreto, e rapì Emanuela con lo scopo di ricattare il Vaticano. La seconda pista può essere quella dello scandalo finanziario, dei soldi dati a Solidarność. Un altra pista può essere quella del terrorismo internazionale, con il fine di liberare Agca. Su ogni pista c’è un pizzico di verità, ed ogni teoria conduce al Vaticano, che però continuerà a nascondere tutto, sino a che ciò non rimarrà nel dimenticatoio.

Lorenzo Princi, Lorenzo Negroni 3°BIA