Scuola, salute mentale, depressione e suicidio

Nei giorni 25 febbraio e 5 marzo si sono svolti due incontri della Rete degli Studenti Medi di Viterbo sul tema della salute mentale in relazione alla scuola, organizzati nell’ambito della più ampia iniziativa nazionale “Chiedimi come sto”. L’iniziativa, oltre a quanto predisposto a livello territoriale e ad una campagna social di sensibilizzazione, prevede anche la raccolta diretta di dati sulla situazione attraverso un questionario, distribuito all’interno della comunità studentesca italiana.

Il primo incontro, che ha visto la partecipazione di venticinque studentesse e studenti provenienti da varie scuole della provincia, è stato un momento di discussione generale, incentrato prevalentemente sulle influenze negative della scuola sulla salute mentale degli studenti, sugli aspetti che hanno un ruolo di rilievo in questo processo e su quali potrebbero essere alcune delle strade utili alla rimozione di queste influenze.

L’assemblea è iniziata con una panoramica sui principali problemi attuali degli studenti italiani, come: il nuovo esame di Stato, già oggetto di proteste e disapprovazioni anche da parte dei dirigenti scolastici e degli esperti; le continue quarantene, più frequenti in questa prima parte dell’anno; le nuove misure di contenimento del virus, che hanno confezionato una didattica spezzata, e le valutazioni, fonte di stress e ansia e, seppur aventi alla loro base criteri che tengono conto di più aspetti, dalla dubbia utilità in quanto concentrate sull’analisi della capacità di memorizzare delle nozioni che poi vengono dimenticate nel giro di pochi giorni.

 Alla discussione è seguito un quiz in digitale incentrato sulle domande: “Come stai?” e “Se penso alla scuola penso a…” - alla quale veniva richiesto di rispondere con la prima parola o espressione pensata spontaneamente - più un terzo quesito che chiedeva di assegnare un punteggio in decimi alla scuola, allo svago e alle amicizie, e agli hobby, proporzionale all’importanza nella propria vita di ognuno di questi tre fattori. La parola più digitata in risposta alla seconda domanda è stata: “ansia”, accompagnata da “merda”, “depressione”, “regole”, “abuso di potere”, “gerarchia”, “ansia e incertezza”, “autorità” (in particolare dei professori, che a volte impongono il rispetto anziché ottenerlo con l’autorevolezza che dovrebbero trasmettere), “ipocrisia” e - forse in controtendenza rispetto agli altri vocaboli - “educazione”. Una scuola che, viste le parole che richiama alla mente solamente al suo pensiero, fa sentire gli studenti frustrati e ansiosi, non è in grado di guadagnare importanza per sé; non a caso, dalle risposte alla terza domanda si è appreso che l’importanza della scuola nella propria vita è percepita dagli studenti in forma minore rispetto a quella delle amicizie, dello svago, degli hobby e di altri fattori - ma comunque ad un livello alto in una scala assoluta, per un valore medio pari a circa sette decimi.

Successivamente al quiz sono stati analizzati i fattori che sono alla base del malessere degli studenti, in particolare: l’estetica degli edifici, poco gradevole e che spesso vede pareti, pavimenti e soffitti con colori monotoni e che trasmettono tristezza; la presenza di danneggiamenti strutturali che non vengono mai riparati, come fori nei muri, o anche porte, finestre e serrande rotte o non funzionanti correttamente; bagni maleodoranti e spesso sporchi - anche a causa della mancanza di un reale senso civico in noi studenti, per colpa di una scuola che non ci insegna come dovrebbe i valori della condivisione e del vivere in comunità - e continui problemi con i riscaldamenti; e, per quel che riguarda gli insegnanti: valutazioni basate solo su conoscenze mnemoniche e disinteresse diffuso nei confronti del benessere psicologico ed emotivo degli studenti. Da un approfondimento più mirato di quest'ultimo punto, è emerso che diversi insegnanti - chiaramente, non tutti - tendono a pensare che lo studente medio non abbia altre cose importanti nella vita oltre alla scuola - quando invece le ha: la famiglia, la salute, le amicizie, le passioni… - e dietro ad ogni ritardo, assenza o mancanza vedono come unico motivo la non-voglia di studiare. In casi estremi, questa mentalità si estende fino a portare l'insegnante a pensare che eventi come attacchi di panico o crisi d'ansia durante le verifiche o le interrogazioni non siano altro che delle scuse e delle finzioni. Nei casi più moderati, invece, gli attacchi di panico vengono spesso liquidati con semplici inviti alla calma, ovviamente inefficaci. Gli insegnanti non ricevono una formazione sulla gestione di problemi del genere o, in generale, sul come relazionarsi con gli studenti, e spesso quindi non sanno come agire nel caso di un attacco di panico, o anche, per esempio, come comportarsi con studenti transgender o con disturbi alimentari per non far sentire loro ulteriormente il peso della propria condizione. Sono presenti i 24 CFU per l'insegnamento (esami universitari su discipline socio-psico–antro-pedagogiche obbligatori per l'abilitazione) ma sono stati introdotti solo di recente, e molti insegnanti di carriera non hanno mai sostenuto tali esami. 

Tra edifici decadenti, valutazioni inutili e stressanti e docenti privi di una formazione adeguata sul come affrontare le problematiche degli studenti, aggravano la situazione disuguaglianze, sportelli psicologici disagiati e scuole rigide, chiuse e isolate. Gli studenti che sono costretti a lavorare per sostenere finanziariamente la famiglia hanno meno tempo da dedicare allo studio, i sostegni economici pubblici hanno un impatto quasi per nulla rilevante, e senza una vera uguaglianza non ci può essere meritocrazia - che dovrebbe invece costituire la base del sistema scolastico. Gli psicologi della scuola - di solito, uno per istituto - spesso mettono a disposizione poche ore alla settimana, anche in scuole dove gli studenti sono mille o più; le liste d'attesa sono esageratamente lunghe, e gli interventi risultano privi di continuità. Le scuole hanno regole ferree, la cui durezza è stata aumentata dalla pandemia; in molti istituti non è possibile trascorrere l’intervallo fuori dall’aula, o nell’eventuale cortile se presente, ed è obbligatorio vestirsi in certi modi e vietato in altri; viene così limitata l’espressione della vera personalità del singolo, oltre che aumentato il grado di percezione del peso delle regole. Inoltre, queste stesse scuole sono spesso chiuse al di fuori dell’orario delle lezioni o delle attività extracurricolari programmate, quando invece potrebbero essere un luogo dove studiare, trascorrere il tempo con gli amici, o anche sviluppare i propri hobby e le proprie passioni, oltre che, attraverso l’organizzazione di iniziative aperte a tutti, uno strumento per diffondere i valori repubblicani e la legalità in tutto il territorio, in particolare in quei quartieri dove la criminalità ha un discreto livello di diffusione. Dovrebbero prevalere le idee di scuola come “seconda casa” (per gli studenti) e scuola come “presidio delle istituzioni” (per tutti).

Le soluzioni a tutti questi problemi appaiono abbastanza ovvie, ma, come ha sottolineato lo psicologo Fabiano Villetti, presente all’incontro, quelle sopra esposte sono le stesse problematiche di cui si lamentava lui da studente, nel ‘68. Il fatto che tuttora persistano dovrebbe invitare in particolare gli insegnanti e i dirigenti a porsi delle domande, e, considerando le continue manifestazioni di piazza, persuadere i politici che forse l'unica vera grande riforma della scuola realmente efficace e attuabile è quella che passa per il confronto, il dialogo e l'ascolto degli studenti, e che finora nessuno si è prodigato di attuare.

Distintamente dal primo incontro, il secondo non è stata solo un'occasione di dibattito, ma anche e soprattutto un momento di formazione, a guida della psicologa e psicanalista Francesca Dominici, sui temi della depressione e del suicidio. Di questi ultimi, oltre che dei disturbi della salute mentale in generale, si tende a non parlare molto; sono a tutti gli effetti dei tabù, derivanti da un forte problema culturale che impedisce al dialogo di nascere. Eppure, è proprio dalla non-conoscenza, quindi dall'ignoranza, che nascono gli stereotipi, i pregiudizi e le discriminazioni. Proprio per una maggiore sensibilizzazione, e anche perché la depressione è un fenomeno molto diffuso tra gli adolescenti italiani, con il suicidio come seconda causa di morte tra i 15 e i 19 anni, si è deciso di trattare questo tema.

La lezione ha visto un approfondimento molto dettagliato del variare, nella storia, della concezione della malattia mentale, partendo dall'antica Grecia - dove si è passati dal concetto di punizione divina ad un qualcosa di più simile al male casuale - fino ad arrivare, passando per quando veniva intesa come un'offesa alla moralità, alle teorie di Freud, al sintomo come manifestazione di un problema non organico, alla successiva istituzione dei manicomi e quindi alla comparsa di un (ancora embrionale) approccio curativo. Si è successivamente fatta un'importante distinzione tra depressione come stato d'animo passeggero, dovuto ad un evento spiacevole come un lutto, e depressione come sindrome, caratterizzata da precisi sintomi psico-cognitivi e non solo. Dopo questo, si è parlato delle principali possibili cause della depressione, evidenziando in particolare il fattore famiglia, e di questo disturbo - e della sua relativa cura - da tre punti di vista: quello psicoanalitico, quello psicoterapico e quello psichiatrico, maggiormente concentrato sull'aspetto neurobiologico. Si è parlato della c.d. "depressione mascherata", ovvero quando la depressione non si manifesta con i suoi sintomi "classici" emotivi e cognitivi, ma attraverso sintomi "fisici": dolore, problemi della pelle, ecc., per poi concludere con alcuni chiarimenti sul suicidio, specificando che spesso è il punto estremo che si raggiunge con una depressione in corso, ma che questa o un evento grave non sono sufficienti affinché si realizzi; questa concezione ha accompagnato tutta la riflessione, portando con sé il concetto fisso che spesso la depressione e il suicidio derivano da alterazioni di altro tipo, quali disturbi borderline, schizofrenici o di altro genere, che - secondo la psicoanalisi - si sviluppano nell'individuo già a partire dai primi mesi di vita.

Durante la discussione sono stati fatti accenni, attraverso mini-dibattiti, anche ad altri temi, tra cui lo psicologo di base (psicologo pubblico gratuito e accessibile non solo a chi soffra di una malattia mentale, attualmente non presente in Italia), la depressione, probabilmente tra le principali cause della dispersione scolastica, come " malattia di serie B", e l'inefficienza del servizio di psicologia pubblica (con dettagliati approfondimenti da parte del già citato psicologo Fabiano Villetti, autore del libro "Cose pazzesche", dura critica ai Centri di Salute Mentale e agli altri servizi territoriali).

Gli ultimi due incontri dell'iniziativa, di venerdì 11 e sabato 19, saranno incentrati sulla sessualità, sulla body positivity, sull'alienazione e sulla socialità; il tutto contestualizzato nel mondo studentesco e, più in generale, scolastico. Ancora una volta il Davincino sarà presente per documentare gli sviluppi dei dialoghi, e svolgere la duplice funzione di informatore (sulle attività organizzate dalle associazioni del territorio, in questo caso la Rete degli Studenti Medi) e sensibilizzatore, sulla base degli interventi degli esperti.

Mirko Giuggiolini, 5° BIA