Liberi Pensieri

Penelope

Penelope ha 7 anni ed è una bimba paziente e giudiziosa. Questo nome le sta proprio a pennello!

È figlia unica e forse per questo ha imparato, per non annoiarsi, a riempire il suo tempo con tante attività diverse.

Da quando ha imparato a leggere, lo scorso anno, si è fatta regalare in ogni occasione tanti libri da tutti e gli scaffali della sua cameretta sono pieni di storie.

Sin da piccina ha imparato ad ascoltarle, prima di dormire, dalla voce dolce della mamma o da quella più profonda del papà, che però si addormenta sempre prima della fine...

Ma da qualche giorno la mamma è molto stanca, perché i suoi turni in ospedale si sono allungati. E il papà ha l'aria preoccupata: non dovrebbe, adesso lavora a casa!

Per fortuna, se no Penelope sarebbe sola, visto che non può andare a scuola e non può stare coi nonni.

Ascoltando i discorsi dei grandi, Penelope ha capito che sta succedendo qualcosa di molto grave.

Sembra che la colpa sia di un esserino minuscolo, che non si può vedere: si chiama virus e porta una corona.

Viene da molto lontano e ha viaggiato e viaggiato in tutto il mondo, prendendo un sacco di aerei e di navi. Prima gli piaceva stare negli animali, soprattutto nei pipistrelli, ma poi si è stancato di girare di notte e ha deciso di entrare negli uomini. Non bussa e non chiede “permesso”, passa dal naso e dalla bocca. Sarà per questo che molte persone vanno in giro mascherate?

Veramente in giro non si può più andare: un signore che sembra importante lo ha detto alla tivù. Al telegiornale si vedono città deserte e tanti poliziotti e soldati per le strade e tante persone negli ospedali con strane tute e caschi.

A Penelope sembra di avere già visto quelle immagini in un film...ricorda che le aveva fatto paura e che la notte aveva dormito nel lettone.

Ha tante domande, ma per adesso aspetta: abbiamo già detto che è molto paziente.

Per fortuna la mattina vede le sue maestre e i suoi compagni di scuola, anche se nello schermo del computer. È bello “incontrarsi”, anche se non ci si può toccare! Le maestre raccontano, spiegano, danno i compiti: hanno detto un nome strano, “DAD”, ma Penelope lo ricorda, perché a scuola studia anche inglese...

Il pomeriggio, dopo aver fatto i compiti, Penelope fa tante attività: legge, disegna, gioca con “dad” (quello vero!), va in giardino a correre un po', prepara i biscotti da mangiare a colazione. E poi qualche cartone, senza esagerare.

Certo che con questo bel sole avrebbe voglia di andare al parco con gli amici, di fare un giro in bici o di raccogliere le conchiglie sulla spiaggia, ma le regole vanno rispettate!

Alle sei c'è l'appuntamento sul balcone: si canta tutti insieme coi vicini di casa!

Qualcuno suona, qualcuno stona, ma è comunque divertente. Prima non ci si vedeva mai, adesso si chiacchiera e ci si scambiano riflessioni, anche se l'argomento è sempre lo stesso.

I nonni li sente tutti i giorni al telefono o su Skype: anche se sono vecchi, hanno imparato ad usarlo! Devono stare in casa (la spesa gliela porta la mamma), perché il virus è molto cattivo con loro.

Il nonno di un compagno purtroppo si è ammalato ed è in ospedale e non possono neanche andare a trovarlo.

Non si sa quando finirà questa strana situazione, ma Penelope osserva, ascolta e non si lamenta. Si lava spesso le mani e non si tocca gli occhi e la bocca, come le hanno insegnato.

Pensa di essere comunque fortunata: stanno tutti bene e può fare tante cose.

Le mancano gli abbracci, ma è paziente e sa che prima o poi tutto tornerà come prima e anche meglio, perché forse si apprezzeranno di più le piccole cose di tutti i giorni date troppo spesso per scontate.

E poi, nel film che le aveva fatto paura, c'erano tante persone buone che avevano salvato tutti!


Racconto della prof.ssa Stefania Boschi, pubblicato su ForlìToday il 25 marzo 2020


Mancanza

Noi non apprezziamo il valore di ciò che abbiamo mentre lo godiamo; ma quando ci manca o lo abbiamo perduto, allora ne spremiamo il valore.

(William Shakespeare)

Questa foto, rappresenta quello che sento, quello che mi manca.

Mancanza dei miei ragazzi, il vederli la mattina entrare assonnati, il cercare di capire nei loro sguardi se c’è qualcosa che non va, se stanno bene o hanno problemi.

Mancanza dei loro sorrisi e delle loro risate.

Noi docenti facciamo del nostro meglio per mantenere i contatti e per far sentir loro che ci siamo.

Ma l’averli di fronte, occhi negli occhi, non potrà mai essere come adesso.

(Prof.ssa N.)

Balconi

Spazi rubati

all'isolamento

spazi di musica

di cambiamento

Dei vicini i volti

prima sconosciuti

si affacciano cauti

ora benvenuti



Azzurro del cielo

rosso di un tulipano

sbocciato audace

senza baccano

Piccole cose

ora più importanti

conserviamole con cura

e guardiamo avanti

("Anonimo")

La cucina che unisce


Non mi piace particolarmente cucinare. Cucino per obbligo, mangio per vivere o meglio vivo per mangiare ciò che di gustoso cucinano altri... Sono una frana completa in cucina: le intenzioni buone a volte vincono la mia pigrizia e inabilità tra i fornelli, ma anche con tutta la più determinata volontà, il prodotto finale è quasi sempre deludente.... sono, in altre parole, davvero una schiappa.

Considero questa “condanna” quotidiana, una tra le perdite di tempo più noiose e inutili che ci siano.


Ma ora farei meglio ad usare il passato. Sí, il passato in quanto tutto ciò è stato valido fino a quando si è abbattuta su di noi la quarantena.


Mai avrei pensato che la cucina sarebbe stata la mia salvezza. Mai e poi mai avrei ritenuto questa pratica quotidiana, una delle poche certezze di questo infausto momento. Essendo a casa dal lavoro, al mattino la voglia di alzarmi è praticamente pari a zero: un piccolo stimolo mi giunge, inaspettato, dal progettare il menù del giorno. Fantastico ancora in pigiama su cosa poter sperimentare di nuovo, cercando nel web ricette simpatiche, facili e che possano piacere ai “giudici” di casa. La cosa più bella però è che cucinare mi ha permesso di allentare la distanza tra me e i miei figli. Avere dei figli adolescenti non è affatto semplice. Averli poi a tre anni di distanza l’una dall’altro, in un momento così delicato, è ancora più difficile. Nel lungo tempo sospeso che stiamo vivendo, riesco a coinvolgere mia figlia (ma anche mio figlio) in questa attività che oserei dire è diventata per noi quasi terapeutica. La pausa forzata da tutto e da tutti ci ha “rubato” tanto ma una cosa ci ha restituito: Il TEMPO. Essere in stand by fino a data da destinarsi ci ha permesso di riappropriarci di una qualità di vita che, seppur nelle restrizioni, ci permette di avere dei ritmi più umani e utili alla relazione familiare. Cucinare coi miei ragazzi consente di entrare maggiormente in contatto e di scambiare pensieri e riflessioni che, nella frenesia della normalità, a volte ci sfuggono.

Gustare insieme, infine, quanto abbiamo realizzato a più mani è davvero una grande soddisfazione.

Il prodotto finale, come potete vedere dalle foto, è ancora da perfezionare ma siamo molto gratificati nel poter condividerne la creazione.

Fabiana, mamma di una studentessa del Liceo.


Vorrei

Vorrei.
Vorrei tanto.
Vorrei quel tanto che però ormai da due mesi scarseggia… anzi: manca proprio totalmente.

Vorrei fare.
Vorrei dare.
Vorrei, solo soltanto: vorrei.

Vorrei tornare solamente a fare quello che facevo prima… niente di che in realtà.

Tutto nella norma:
giri sulla mia Graziella rosa, dalla tinta ormai scrostata, per esplorare luoghi isolati! Proprio come accade nei film che mi piacciono tanto! Partite (e vittorie) a carte, sul legno delle panchine e dei tavoli da picnic del parco, ormai logorati e usurati dal tempo, andare a scuola
(Sì... proprio strano a dirsi, mi manca la scuola. Assurdo. Quanta gente chissà cosa penserà di me ora!).

Mi fa quasi paura immaginare quei corridoi vuoti, quasi da film horror (da brividi). Preferisco semplicemente ricordarli, così: pieni di ragazzi che ripassano, ridono, scherzano. In preda all'ansia pre/post verifica di matematica.

Vorrei.

Continuano a mancarmi persino quegli spogliatoi che talvolta avevano i pavimenti bagnati di pioggia, col freddo che ti trapassa le ossa … ma i canti dello spogliatoio delle ragazze, con i balli sulle panchine sono comunque ricordi più forti di tutto il resto.
E la lotta per l'armadietto con la catena lunga, che poi si presentava irrimediabilmente troppo corta.
Tutti quei: "Chi ha un lucchetto?" oppure gli innumerevoli "Posso chiudere con te? Ti prego!".
Le tantissime ore passate eleganti come pinguini oppure bianchi latte come ricoperti di neve, con i cappelli a fungo sulle teste piene di pensieri rivolti altrove.

Vorrei.

Gli intervalli passati di corsa, e quel maledetto minuto di ritardo (solo per andare a salutare l'amico/a la cui classe si trova nell'altro plesso)!

Vorrei.

I bagni: quanti pianti tra quelle 4 mura!
Ma ora le uniche 4 mura che conosco, sono quelle di casa mia…
Proprio quelle 4 mura in cui sono ormai rinchiusa da più di due mesi interi.

Tutto è in pausa da quel 23 febbraio: domenica.
Il ricordo che mi fa più male è però del giorno precedente: "Ciao! Ci vediamo lunedì!"
Tutto racchiuso in quella breve frase… piena di affetto, umorismo e voglia di rivedersi per prendersi ancora in giro come solo noi migliori amici sappiamo fare.

Quella frase mi rimbomba in testa e mi fa pizzicare il naso ogni volta che appare improvvisamente tra i miei ricordi… non è però uno dei più belli.

Vorrei.

Mi mancano quei 5 ragazzetti che mi ronzano attorno come mosche, sono proprio simpatici.

Vorrei.

Mi mancano le partite a Dodgeball in palestra, e persino le volte passate in classe a fare teoria perché avevamo fatto troppa confusione (beh… in realtà quelle non mi mancano per niente! Shh!).

Vorrei.

Mi mancano i professori, con la loro continua voglia di andare avanti, la loro fretta, la loro frenesia: sono proprio inimitabili ma, dal piccolo schermo del mio cellulare, non riesco proprio a percepirle nella stessa maniera, nonostante mi sforzi tanto.

Anche loro dicono che gli manchiamo: ma gli mancheranno veramente tutte le scene mute, i fischi del gesso sulla lavagna, la connessione lenta o totalmente assente (...quella ancora è presente), le comunicazioni e le innumerevoli circolari sempre troppo d'intralcio per un programma così ricco? Mancherà loro veramente tutto questo?

Vorrei.

Mi mancano fatti, mi mancano persone, mi mancano momenti, mi mancano presenze, mi mancano le ansie, mi mancano.
Mi manca tutto questo e anche di più.
Vorrei, vorrei tornare a fare tutto questo, a provare tutto questo, a sentire tutto questo.

Vorrei.

Vorrei ancora tornare a correre sotto la pioggia, sporcandomi totalmente i lacci delle mie nuove Vans, solo per non perdere il 92. E le lotte per salire sul bus? Ne vogliamo parlare? Le gomitate nelle gengive ci si dava. Ma eravamo tutti vicini.

Vicini come ora non possiamo stare.
Vicini come solo possiamo ricordare.

Ma ora siamo vicini col pensiero: mannaggia a quel maledetto metro che mi impedisce di essere felice.

Vorrei.
Vorrei tanto.

Vorrei, voglio. Ma dicono che l'erba voglio non cresce neanche nel giardino del re, quindi continuo ad usare questo benedetto condizionale, nella sola speranza che tutto quello che 'voglio' ora, un giorno possa tornare.

Vorrei tornare.
Torneremo.

Ruffilli Sofia - 2F