La guerra di Piero è diventato negli anni uno dei brani in assoluto più popolari di Fabrizio De André; con questa canzone, dall'impronta fortemente antimilitarista, il cantautore ritorna sul tema della guerra, tre anni dopo La ballata dell'eroe. Il punto di riferimento stilistico è Georges Brassens, ma l'ispirazione viene dalla figura dello zio del cantautore, Francesco. Il ricordo del suo ritorno dal campo di concentramento, i suoi racconti, il resto della vita trascorsa alla deriva, segnarono profondamente la sensibilità del nipote Fabrizio, che in più occasioni si ricorderà di lui.

La canzone presenta 13 strofe con rime baciate e talvolta incrociate.

Per quanto riguarda il contenuto, il testo è narrato da due voci: il narratore e Piero, il protagonista; l'autore non canta di una guerra in particolare, ma della guerra in sé.

La canzone narra la storia di Piero, un soldato che in una luminosa giornata di primavera, dopo un lunghissimo cammino iniziato in inverno, oltrepassa il confine che divide due nazioni. Mentre Piero riflette sull'inutile ferocia della guerra, vede un uomo in fondo alla valle: un soldato nemico, che sicuramente ha i suoi stessi pensieri e prova le sue stesse paure. Piero, pur sapendo che soltanto uccidendolo potrà salvarsi, rimane indeciso, poiché riflette sul significato del suo possibile gesto. Quell'incertezza, frutto di un atto istintivo di umana solidarietà, gli è tuttavia fatale, poiché l'avversario, accortosi del pericolo, non esita a sparargli. Questa è una canzone classica contro la guerra. La prima e l'ultima strofa sono le stesse, e queste tirano fuori l'immagine di un campo desolato che crea il tema della guerra: un campo senza fiori eccetto i mille papaveri rossi, simbolo di un cimitero di guerra. Questa è la storia di un soldato, di nome Piero, ma rappresenta qualsiasi uomo in guerra. Non sembra un soldato professionale, ma piuttosto una vittima. Fabrizio usa la voce onnisciente, descrivendo prima di tutto il campo e poi Piero. In seguito, la voce gli offre dei consigli: “Fermati Piero, fermati adesso”, rendendo l'ascoltatore sempre più partecipe. La voce cambia natura quando Piero si trova davanti al soldato nemico (il quale, pur essendo il nemico, è qualcuno come lui, con i suoi stessi dubbi e le sue stesse paure) come se a parlare fosse la guerra stessa, dicendogli: “sparagli Piero, sparagli ora”. La follia della guerra viene denunciata senza lanciare proclami, ma con quasi rassegnata tristezza. Secondo noi, l’unica colpa di Piero è di non aver ucciso un uomo con la divisa di un altro colore, non per vigliaccheria, ma per un senso di fratellanza; per la consapevolezza di essere (come il nemico) una semplice pedina di un gioco disumano ed assurdo che schiera umili contro umili in una lotta senza senso. La guerra di Piero assume un valore universale, emblematico, di denuncia dell'azione più tragica e folle che l'uomo possa commettere.