A voi, che mi avete seguita per tutti questi anni,
dedico questo racconto simbolico che ho scritto per salutarvi e per augurarvi ogni bene futuro!
Spero che questa esperienza del BLOG DI CLASSE
vi sia piaciuta e che vi rimanga nel cuore,
anche quando diventerete adulti.
Un fortissimo abbraccio!
Maestra Milena
In un prato, in un punto imprecisato del mondo e in un giorno come tanti altri, una farfalla stava volando qua e là allegramente.
Ad un tratto si accorse che un puntino verde, sotto di lei, la stava fissando: la fissava in continuazione. Cercando di non considerarlo, continuò a svolazzare di fiore in fiore, ma notò che il puntino non le staccava mai gli occhi di dosso. A quel punto decise di vederci chiaro e si abbassò un poco. Con somma sorpresa constatò che il puntino verde non era altro che un piccolo bruco, con due occhioni grossi che luccicavano come due gocce di rugiada. La farfalla gli si fermò davanti.
– Ciao, chi sei tu?
– Sono un bruco.
– Come mai stai lì impalato a guardarmi?
Il bruchino abbasso lo sguardo intimidito ed il sorriso dolce che aveva sulle labbra scomparve di colpo.
– Mi piace vederti volare….
La farfalla guardò l’animaletto con un’occhiata incredula.
– Su, non fare così! – gli disse sbrigativa.
Capì in un solo istante che lo aveva ferito.
Non avendo il coraggio di dire altro, si guardò intorno e con un leggero fremito volò via. E come un battito di ciglia, ecco nuovamente l’ammirazione negli occhioni estasiati del piccolo bruco.
Passarono i giorni e la vita continuò serenamente nel bosco: le api raccoglievano il
miele, laboriose come al solito; le formiche raggranellavano piccole briciole di pane; le cicale cantavano i loro lieti motivi rallegrando tutti coloro che stavano lavorando in quello splendido posto.
Solo un personaggio se ne stava lì, in silenzio, con due gonfie gocce di rugiada, immerso in una tristezza infinita: era il bruco.
Ma ecco che qualcosa, anzi qualcuno, sbucò dall’orizzonte lontano. Si potevano distinguere i leggeri battiti delle tenere ali. Era proprio lei: la farfalla. Il suo sguardo era diretto verso il prato e, quando vide due goccioloni fissarla, capì che era il momento di fermarsi.
– Ciao bruco!
– Ciao farfalla!
– Scusami se l’altro giorno sono scappata… Penso di averti offeso.
Un sorriso dolce ed ingenuo apparve sul viso del bruco.
– No, ci vuol altro, credimi….
– E allora dimmi, ti piace veramente vedermi volare?
– Sì, è stupendo, piacerebbe pure a me!!
La farfalla non sapeva cosa dire, si sentiva a disagio.
Vi fu un attimo di esitazione poi, con la voce che le tremava, provò a dire: -Vorresti provare?
Le era balenata nella mente un’idea, un’autentica folgorazione!
– Dici davvero? Sì, lo vorrei tanto – sospirò il bruco eccitato.
Bastò un solo sguardo e le formiche che avevano assistito alla scena cominciarono a tagliare steli di erba e li intrecciarono, costruendo così quattro cordicelle leggere ma resistenti.
Quindi, un gruppetto di loro piuttosto numeroso corse nel bosco e tornò indietro con un guscio d’arachide. Le cordicelle vennero fissate al guscio e…VOILӐ!
La farfalla si fissò le quattro estremità alla schiena e disse all’amico: – Dai, sali!
Fu un solo attimo, e si ritrovarono entrambi a volare.
Fu come in un sogno. La felicità era tanta.
Da lassù piccolo bruco vedeva ora paesaggi stupendi. Aveva le lacrime agli occhi: lui stava volando! Dopo tanti giorni passati a sospirare solo nel prato, era finalmente arrivato il suo momento.
Fu una giornata veramente indimenticabile e, come tutte le cose belle, trascorse troppo in fretta; presto la luna prese il posto del sole e la farfalla se ne tornò a casa, salutata dal bruco che non stava più in sé dalla felicità e che non sapeva come ringraziarla.
Seguirono altre giornate altrettanto meravigliose e sembrava che questo sogno non dovesse mai finire. I due piccoli insetti erano felici e insieme passarono spensierati momenti a volare, ridere e cantare.
Ma un brutto giorno, all’orizzonte, non comparve più la farfalla. Nubi minacciose arrivarono al suo posto; passarono le ore, e il bruco capì che la sua amica non sarebbe più tornata.
Ormai quei dì incantevoli erano soltanto un ricordo.
Venne l’inverno e la neve scese leggera su tutto il bosco.
La natura si era addormentata e con essa tutti gli animaletti.
Solo uno era sveglio, triste.
I suoi occhioni erano più lucidi e gonfi del solito: piangeva.
Pregava che tornassero quegli istanti felici e che la sua farfalla ricomparisse per poterlo far sorridere ancora una volta.
Ma la neve continuò a cadere bianca, fredda, inesorabile, senza portare con sé dal cielo alcun altro colore. Finché un giorno fece capolino un tiepido raggio di sole, che timido scaldò la boscaglia.
Era la primavera che, puntualmente, faceva il suo atteso ingresso.
La vita si risvegliò ovunque, accompagnata da un clima di festa.
Anche gli uccellini migratori fecero ritorno dalle terre lontane, e presto cinguettii di piccoli esseri, appena venuti al mondo, cominciarono a rallegrare l’atmosfera del bosco, quello stesso bosco dove ancora viveva un piccolo puntino verde, con due gocce di rugiada come occhi, e con un cuore pieno di speranza. Tutti quei cambiamenti lo stordivano un po’, lo facevano sentire strano, percepiva che qualche cosa… non andava in lui.
All’improvviso si sentì male. Il suo corpo si irrigidì e cadde in un sonno simile alla morte.
Le formiche, sue amiche, lo ricoprirono di petali di fiori e pregarono per lui.
Passarono le ore, lente. Sembrava che ogni cosa si fosse fermata nella radura.
Ogni minuscolo animale rimaneva in silenzio, nell’attesa di un miracolo.
Ma ecco che, come d’incanto, accadde qualcosa di eccezionale.
La pelle del bruco si strappò, come un vestito, e da essa uscirono due ali, poi un corpo, poi due zampe e due lunghe antenne.
Un leggero fremito e… via, verso il cielo azzurro: il suo sogno si era finalmente avverato.
Ora, laggiù, nel prato, la vita continua nella più assoluta normalità.
Nelle giornate assolate, c’è chi dice di aver visto una farfalla, la più bella, raccogliere un piccolo bruco e portarlo con sé nel cielo infinito.