Berlin-I fuochi di Tegel

Berlin- I fuochi di Tegel

Berlin è una saga per ragazzi di genere post-apocalittico composta da sei volumi scritti da Fabio Geda e Marco Magnone. Fabio Geda è uno scrittore italiano nato nel 1972 a Torino, nei suoi romanzi tratta temi di disagio minorile in diverse parti del mondo. Marco Magnone, nato nel 1981 ad Asti, è autore di saggi e romanzi per ragazzi.

Il primo volume della saga è “I fuochi di Tegel” pubblicato nell’estate del 2015, il romanzo ha un genere letterario che fa parte della narrativa distopica.

La copertina della mia edizione rispecchia molto lo stile e l’ambientazione della storia. In primo piano è illustrata una lettera “B” che sta per l’iniziale del titolo della saga, infatti nei volumi successivi la copertina rappresenta la lettera del titolo che corrisponde al numero del volume.

La narrazione è ambientata nell’aprile del 1978, si racconta che tre anni prima è scoppiata un’epidemia che colpiva tutta la popolazione dai diciassette anni in su causandone la morte. Ormai erano rimasti vivi solo i bambini e ragazzi che, per sopravvivere, si erano divisi in cinque gruppi che occupavano diverse zone di Berlino Ovest. La situazione era stabile e non c’erano conflitti tra i diversi gruppi, fin quando però i ragazzi del Tegel rapirono Theo, il bambino che viveva con le ragazze dell’Havel. Per riportare il bambino a casa le ragazze chiesero aiuto ai ragazzi del Gropiusstadt che all’inizio rifiutarono per paura di andare contro i Tegel, ma dopo grazie a Jakob accettarono. Christa, Nora e Britta andarono insieme ai ragazzi: Bernd, Sven (il più vecchio) e Jakob e dovettero superare diverse prove pericolose in modo da riavere il piccolo. Durante l’ultima prova Sven venne colpito dal virus e morì, così non riuscì a superarla. Anche se avevano perso una ragazza di Tegel, Wolfrun, la quale conosceva Jakob fin da piccola decise che, nonostante la sconfitta, avrebbero ridato loro Theo. Tutti i ragazzi tornarono alle loro basi soddisfatti del lavoro che avevano fatto insieme, ma allo stesso tempo molto dispiaciuti per la morte di Sven. A Gropiusstadt scese una grande tristezza, siccome Sven era il “capo” del gruppo i suoi componenti dovettero decidere chi da questo momento in poi avrebbe preso le decisioni. Dopo l’impresa compiuta a Tegel si decise che il nuovo “capo” fosse Jakob: nonostante la sua giovane età i ragazzi erano convinti delle sue capacità. Le ragazze dell’Havel furono molto grate di avere degli amici che le aiutarono, nonostante la difficoltà dell’impresa, a poter riabbracciare di nuovo Theo.

I protagonisti di questo volume sono: Jakob, Sven, Christa. Tutti i personaggi vengono presentati attraverso dei flashback nei quali si racconta della loro infanzia e della loro vita prima dell’epidemia. Uno dei personaggi che più mi è piaciuto è Sven, un ragazzo di diciassette anni che lotta da mesi contro il virus, e anche se non è in gran forma fa di tutto pur di salvare qualcuno. Gli antagonisti sono i ragazzi di Tegel, anche se è grazie a Wolfrun che sono riusciti a riportare a casa Theo. Christa è una giovane ragazza piena di forza, coraggio e voglia di mettersi in gioco, proprio come Nora,che è un personaggio secondario che si è messa in pericolo per salvare il piccolo. Bernd è un ragazzo del Gropiusstadt che è andato con i compagni a Tegel.

Il linguaggio è semplice e piacevole, sono presenti delle dettagliate descrizioni che danno la possibilità al lettore di immergersi completamente nella storia. Le frasi non sono molto lunghe e viene usata sia la paratassi sia l’ipotassi a seconda delle situazioni.

Oltre ai flashback ci sono anche dialoghi realistici che incuriosiscono il lettore e fanno sì che la narrazione non diventi noiosa. Il narratore è esterno e l'autore non commenta le diverse parti.

La frase che mi è piaciuta di più è: “Mio padre diceva che c’è gente che alla morte ci arriva viva, mentre altri, quando tocca loro, è come fossero già morti da un sacco di tempo“. Questa frase è detta da Jakob in un momento nel quale ripensa a com’era la vita prima dell’epidemia. Questa citazione è una delle più famose del libro proprio per il suo significato. Il padre stava insegnando al figlio una delle cose più importanti, che la vita deve essere vissuta a pieno, La vita non vissuta ma lasciata scorrere per inerzia non può essere definita vita.

Un’altra frase che mi ha colpito molto è: “Non è il mondo che avevano scelto. Ma è l’unico che rimane.”. Da queste frasi si può capire che i ragazzi non potevano fare nulla contro il virus ma dovevano solo cercare di sopravvivere sebbene il brutto periodo che stavano passando.

Il romanzo mi è piaciuto molto, anche per il tipo di linguaggio, perché era semplice e adatto anche ai ragazzini ma nonostante ciò trasmette le giuste emozioni. Secondo me l’insegnamento che volevano dare gli autori è che bisogna sempre aiutare le persone che hanno bisogno anche se questo significa mettere in pericolo se stessi, proprio come ha fatto Sven, gli altri ragazzi del Gropiusstadt e le altre ragazze. L’episodio che più mi ha incuriosita è quando Sven non riuscì a superare la prova e morì a causa del virus. Mi ero particolarmente affezionata a questo personaggio e mi è dispiaciuto molto della sua morte, anche perché credo sia il personaggio che più ha contribuito ad insegnarmi l’importanza di aiutare le persone, la tua famiglia, i tuoi amici oppure chi semplicemente ti chiede la mano. Rileggerei questo libro altre cento volte e non mi stancherei, perché mi ha fatto comprendere il valore dell’amicizia vera che malgrado le difficoltà tra amici ci si aiuta sempre. Gli autori per sottolineare che le difficoltà ci sono paragonano spesso la differenza tra la vita prima e dopo l’epidemia.

B.V. 3B