MTAA, Simple Net Art Diagram, 1997
Alexei Shulgin, Natalie Bookchin, Introduction to net.art (1994 - 1999), 1999. Versione italiana
Paul Slocum, Catalogue of Internet Artist Clubs, 2016
Rhizome, Net Art Anthology, 2016 - 2019
Heath Bunting, King's Cross Phone In, 1994
JODI, https://wwwwwwwww.jodi.org/, 1995
Operando su una piattaforma pubblica, la net art affianca a un pubblico di “affezionati” un vastissimo pubblico potenziale di spettatori “generici”: il “bored at work network” (Jonah Peretti) e l'accidental audience (Brad Troemel). Lungo tutta la sua storia, la net art ha sviluppato diverse strategie per agganciare e coinvolgere questo tipo di pubblico: manipolando i motori di ricerca e i sistemi di indicizzazione, agendo al di fuori della etichetta di “arte”, attingendo a materiali o lavorando su temi che possono attrarre un pubblico non specializzato, operando attivamente su piattaforme pubbliche destinate ad altri usi.
Evan Roth, #1 Bad Ass Mother Fucker. Google intervention, 2005 to present
etoy, Digital Hijack, 1996
Alexei Shulgin, Easylife XXX, 1997
Olia Lialina, Animated GIF Model, 2005
Petra Cortright, VVebcam, 2007; Youtube Channel, 2007 - ongoing
Brad Troemel et al, The Jogging, 2012 - 2014
Jon Rafman, Still Life (Betamale), 2013
Eva e Franco Mattes, BEFNOED, 2013 - ongoing
Lettura consigliata: Brad Troemel, “The Accidental Audience”, in The New Inquire, March 2013
Operare su una piattaforma pubblica vuol dire anche poter sfruttare le potenzialità, e subire i rischi, insiti nel lavorare al di fuori di un contesto “protetto” e di una nozione da cui tutto è tollerato; vuol dire poter agire direttamente al livello della realtà, e non solo a quello dei significanti. Gli artisti sfruttano spesso questa potenzialità simulando o rubando identità, creando falsi mediatici. Tuttavia, la rete non è uno spazio totalmente libero, ma un contesto socioeconomico in via di definizione: operare in rete, quindi, vuol dire anche agire all'interno di, o reagire a, un set di regole stabilito da altri, dalla netiquette ai termini di servizio delle piattaforme attuali.
Vuk Cosic, Documenta Done, 1997
Cornelia Sollfrank, Female Extension, 1997
0100101110101101.org, Vaticano.org, 1998; Darko Maver, 1998; Copies, 1998
Electronic Disturbance Theater, Floodnet, 1998
Andy Bichlbaum and Mike Bonanno, RTMark, 1993 - 1999. Gwbush.com, 1999; Gatt.org, 1999 - 2002; The Yes Men, 1999 - in corso
etoy, TOYWAR, 1999 - 2000
UBERMORGEN.COM, [V]ote-auction, 2000
UBERMORGEN.COM, The EKMRZ Trilogy, 2005 – 2009
Paolo Cirio & Alessandro Ludovico, Hacking Monopolism Trilogy, 2005 - 2011
Les Liens Invisibles, Seppukoo, 2009
MODDR, The Web 2.0 Suicide Machine, 2009
Tobias Leingruber, Social ID Boureau, 2012
Kyle McDonald & Jonas Lund, Social Roulette, 2013
Ben Grosser, Go Rando, 2017
Trevor Paglen, Kate Crawford, ImageNet Roulette, 2019
Ryder Ripps, RR BAYC, 2022; Gordon Goner, 2022
Gazira Babeli, 2006 - 2009; Gaz' of the Desert, 2007
Cao Fei, RMB City. A Second Life City Planning, 2007 - 2011
Constant Dullaart, Human Saver (DVD Guy), 2010
Eva & Franco Mattes, Re-enactments, 2007 - 2010; No Fun, 2010
Jayson Musson, Art Thoughtz, 2010 - 2012
Ann Hirsch, Scandalishious, 2008 - 2009
Constant Dullaart, High Retention, Slow Delivery, 2014
Amalia Ulman, Excellences and Perfections, 2014
Wolfgang Staehle, Untitled, 2001
Cao Fei, I mirror, 2007
Jon Rafman, Cool-Aid Man in Second Life, 2009
Jon Rafman, Nine Eyes of Google Street View, 2008 - ongoing
Se da un lato la rete si configura come uno spazio pubblico, dall'altro permette di accedere a un livello straordinario di intimità. Un sito web può attirare milioni di utenti, ma la relazione che si attiva è sempre individuale - uno a uno. La net art si esperisce, nella maggior parte dei casi, sul proprio computer, nel proprio ambiente domestico, senza filtri e mediazioni; e con il computer dell'utente si relaziona, portando e sottraendo contenuti, chiedendo di installare programmi (o installandoli senza chiederlo), giocando con i software dell'utente ecc.
To be continued
Nata spontaneamente in rete senza un “mondo dell'arte” di riferimento, la net art ha sempre rivendicato una rigorosa autonomia nella definizione delle proprie “regole”, e nella costruzione della propria storia. Anche quando questo “mondo dell'arte” si è sviluppato con il suo corollario di curatori, critici, riviste, istituzioni e libri, sono sempre stati gli artisti a segnare il passo, chiudendo una fase o aprendone un'altra con dichiarazioni, interviste, saggi e manifesti. A volte, gli statement sono dei veri e propri “progetti”, e frequente è la tendenza a incorporare la riflessione teorica sulle proprie pratiche all'interno del lavoro, ad esempio in numerosi “video essay”. Dalla net.art al Post Internet, un breve percorso attraverso la teoria della net art.
To be continued
Nella net art, la ricerca di una autonomia è inevitabilmente passata attraverso l'autodeterminazione istituzionale, attraverso la creazione di piattaforme e network, l'organizzazione di “gruppi di navigazione” (surfing clubs) e di lavoro, la proposta di nuovi formati espositivi e di soluzioni che permettessero di bypassare il mondo dell'arte con i suoi punti d'accesso prestabiliti. Approfittando delle possibilità di networking e dell'economia dell'attenzione della rete, gli artisti hanno cercato di costruire da soli il proprio ambiente, dando vita a contesti che potessero funzionare da luoghi di aggregazione, spazi di lavoro e piattaforme di lancio.
To be continued
Olia Lialina, Treasure Trove, 2017
To be continued
La scelta radicale di operare in un contesto differente da quello della galleria e del museo, e di confrontarsi con un mezzo nuovo, ha portato la net art a riprendere alcuni spunti tipici del modernismo, lavorando sugli elementi di base del mezzo: url, finestre, codici, barre di scorrimento, link, il browser come interfaccia, gli elementi costitutivi delle varie piattaforme, per quanto riguarda il web; gli elementi dell'interfaccia grafica, gli strumenti dei software più utilizzati ecc. per quanto riguarda il “desktop studio”. è, questa, una tendenza trasversale, che percorre tutta la ricerca legata alla rete, dalla prima net.art al post internet; e che ha elementi di forte tangenza ma anche di radicale differenza rispetto all'attenzione del modernismo per la specificità mediale, legati al fatto che internet e il desktop sono sia il medium, sia l'ambiente della net art (il che ci permette di interpretarla, di volta in volta, come formalismo, critica istituzionale, celebrazione, “new aesthetics” ecc.
To be continued
Introdotto nel 1987 come formato fortemente compresso, e quindi facilmente trasmissibile in rete, il Graphics Interchange Format (GIF) è da sempre considerato il formato nativo del web. Nato proprietario per poi essere convertito in formato aperto; in grado - unico fra i formati di immagine - di supportare l'animazione; sempre visualizzabile nella finestra del browser, senza bisogno di plug-in o codici di embed; in grado infine, come il formato PNG, di integrarsi in qualsiasi contesto, grazie al transparent background che le consente di bypassare la convenzionale forma quadrangolare delle immagini; il formato GIF ha superato indenne tutte le trasformazioni del desktop computing e della rete, ed è sopravvissuto con successo al venir meno della sua necessità a seguito dell'ampliamento di banda e dell'introduzione di varie soluzioni per la visualizzazione del video.
Se, nel web vernacolare degli anni Novanta, la GIF (statica ed animata) esiste in piccoli formati ed è funzionale alla creazione e condivisione di elementi decorativi e dinamici per le homepage, nel social web dei primi anni 2000 la GIF risorge come linguaggio creativo, di cui vengono apprezzati la leggerezza, le peculiarità estetiche, il modo in cui risolve elegantemente le problematiche poste dalla compressione, la capacità di adattarsi alla fruizione dinamica dell'infinite scrolling; al punto da fare la fortuna delle piattaforme sociali che la supportano, come Tumblr e Google+, e da costringere quelle che non la supportano - come Facebook - a cambiare la propria policy. Ancora oggi la GIF animata non ha perso il suo smalto, sopravvivendo, come formato o come modello, nelle brevi animazioni in loop che popolano le piattaforme NFT.
Olia Lialina, Dragan Espenshied, Digital Folklore, Merz & Solitude 2009
Olia Lialina, “Ubiquitous Minicinema”, 2010
Olia Lialina, In memory of Chuck Poynter, user and GIF maker, 2011. In One Terabyte of Kilobyte Age, 2009 - in corso
Hito Steyerl, “In Defense of the Poor Image”, in e-flux Journal, Issue 10, November 2009
Sally McKay, “The Affect of Animated GIFs (Tom Moody, Petra Cortright, Lorna Mills)”, in Art&Education, 2009
Paddy Johnson, "A Brief History of Animated GIF Art", in Artnet News, 2014. Part 1 - Part 2 - Part 3 - Part 4
Chiara Moioli, The Real Dancing Girl, 2013
Ryder Ripps et al, Dump.fm, 2010 - 2017. Memorial link; Memorial link; Memorial link; Memorial link
Ani Gif, 2011
Born in 1987. The Animated GIF, The Photographers Gallery, London, 2012
Moving the Still, Paddle8, online, 2012
Well Now WTF?, Silicon Valet, online, 2020
Objkt, NFT marketplace basato su Tezos
To be continued
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