Il gioco è per definizione un'attività ricreativa che coinvolge una o più persone. La psicologia ha individuato nel gioco un evento cognitivo e di apprendimento, attraverso il quale il bambino sviluppa i suoi sensi, le sue emozioni e le sue attività cerebrali. La didattica ha sempre valorizzato questa dimensione ludica del bambino, offrendogli nella scuola dell'infanzia nella scuola primaria strumenti mirati di gioco. Nella scuola superiore la combinazione tra gioco e apprendimento viene generalmente trascurata: il gioco è un evento marginale, una parentesi nella serietà della vita scolastica quotidiana.
Eppure le attività ludiche a cui i bambini si dedicano si modificano via via, di pari passo con il loro sviluppo intellettivo e psicologico e rimangono un aspetto fondamentale della vita di ogni individuo, in tutte le fasce d'età.
"…l'uomo è pienamente tale solo quando gioca", dice Schiller. Giocando, infatti, ogni individuo riesce a liberare la propria mente da contaminazioni esterne, quale può essere il giudizio altrui e ha la possibilità di scaricare la propria istintualità ed emotività.
Uno dei campi privilegiati per la realizzazione delle strategie di didattica metacognitiva è certamente quello della motivazione all'apprendimento.
Anche nella scuola secondaria le proposte di didattica metacognitiva possono essere quindi veicolate mediante un approccio ludico, attivando tecniche di gioco. Coinvolgere gli studenti in attività stimolanti, che incanalino le loro energie verso apprendimenti sempre più completi ed esaurienti, mantenendo il loro interesse sempre alto, è un compito molto impegnativo per i docenti. In particolar modo i docenti di materie scientifiche, pur non trascurando la rigorosità delle materie che insegnano possono proporre agli alunni dei giochi. Attraverso questi gli studenti sperimentano numerose abilità, mettono alla prova le loro potenzialità, saggiano la loro socialità, sviluppano strategie di approccio e conoscenza del mondo che li circonda.