Focus  2

IL  TRENINO  DELLA  VITA

 di  GIANFRANCO  TRUCCHIA

Il trenino della vita di G.Trucchia in una foto del 1996

Indicazioni sull'oggetto

Trenino in ceramica e legni di frassino (ruote), wengè (cerchi scuri nelle ruote), palissandro (pomelli alle estremità delle aste del carrello) e tiglio (carrello).  I dodici personaggi in ceramica sono oggi inseriti all'interno di otto teche fissate a parete, chiuse da lastre in plexiglass entro cornici di legno. 

Indicazioni sul soggetto

"Il treno della vita" è formato da dodici elementi piramidali antropomorfizzati in ceramica che raffigurano personaggi caricaturizzati, rappresentativi di diverse classi sociali,    che oggi sono inseriti all'interno di otto teche in legno di palissandro, con pareti interne blu e chiuse da pannelli in plexiglass. I personaggi sul trenino sono stati realizzati in ceramica, sono posti di profilo e sono da considerare da sinistra verso destra. 

Nella prima teca troviamo tre personaggi con una struttura corporea piramidale, occhi fissi e nasi pronunciati, sono in un atteggiamento umile e rappresentano i popolani che trainano gli altri vagoni. I tre elementi piramidali sono sagomati in modo da essere compenetrati tra loro.

La seconda teca presenta il personaggio del giudice. 

La terza teca ospita un personaggio che raffigura una nobil donna con gorgiera. 

Nella quarta teca è presentato un anziano nobile, di bassa statura e tarchiato. 

La quinta teca presenta due notai gemelli, caratterizzati da lunghe barbe che formano una mezza luna. 

Nella sesta teca viene ospitato un monaco, caratterizzato dalla tonsura. 

La settima teca ospita il personaggio del medico, pallido in volto, con camice bianco e papillon.

Infine, nell'ottava teca vengono presentati due personaggi che rappresentano la coppia del generale e l'abissina, rivolti l'uno verso l'altro. L'uomo ha un naso pronunciato,  folte sopracciglia e grandi baffi; la giovane abissina ha labbra tumefatte e carnose. 

I carrelli e il sistema di collegamento dei vagoni è costituito da listelli e assi in tiglio con estremità in palissandro, le ruote sono realizzate in legno di frassino con cerchi scuri in legno wengè.

Il prof. Gabriele Galassini negli ultimi anni del Novecento ha realizzato dei vagoni cubici in legno, entro cui vennero inseriti i personaggi, concepiti come box autonomi per focalizzare l'attenzione sull'identità di ciascuno dei personaggi, rappresentativi delle diverse classi sociali che viaggiano insieme sul treno della vita.


Notizie storico-critiche

"Il treno della vita" è stato ideato dal prof. Gianfranco Trucchia nel 1992 ed è stato realizzato negli anni 1993-96 dagli studenti dei prof.Trucchia e del prof. Andrea Franchi nei Laboratori di legno e di ceramica.

L'opera non nasce da un progetto strutturato e definito, hanno riferito la prof.ssa Sandri e il prof. Bonazzi, ex-allievi dell'ISAB; la sua ideazione si è sviluppata in modo estemporaneo e con soluzioni talvolta improvvisate, la realizzazione di questa opera è dunque di natura ludica e beffarda oltre che didattica.

Osservando l'opera, ancora oggi possiamo cogliere il tono ironico e dissacrante con cui vengono presentati gli esponenti della società italiana in epoca fascista, l'epoca a cui rimanda la coppia del "generale e l'abissina".

L'ordine compositivo dei personaggi è stato cambiato nel tempo, come documenta una fotografia scattata nel 1996 presentata dalla prof.ssa Sandri, ex-allieva del prof. Galassini e del prof. Bonazzi, durante una sua lezione-testimonianza rivolta alla classe 4F del corso Design del Legno, tenutasi il 3 aprile 2023.                                      

La fotografia documenta anche come fino all'ultimo decennio del Novecento i personaggi realizzati in ceramica fossero semplicemente disposti sui carrelli in legno, mentre oggi sono inseriti entro vagoni cubici di dimensioni uniformi, chiusi da una lastra di plexiglass e con le pareti interne recentemente dipinte di blu.

Il prof. Andrea Franchi è stato docente di Decorazione plastica all'Istituto Statale d'Arte di Bologna dal 1971 fin verso la fine del Novecento.

Il prof. Gianfranco Trucchia è stato docente di Scultura e Decorazione Plastica all’Istituto Statale d’Arte di Bologna dal 1971 al 1976, dal 1978 al 1979 e dal 1982 al 1993.

Il prof. Gabriele Galassini ha insegnato Scultura e Decorazione Plastica nel Laboratorio di intaglio, intarsio ed ebanisteria dell'Istituto Statale d'Arte di Bologna dal 1983 al 2003 e dal 2004 al 2021 ha insegnato Design del Legno e dell'arredamento nel Laboratorio di Architettura e ambiente dell'ISART.

Facendo parte del patrimonio dell’ex Istituto Statale d’Arte, il trenino è stato trasferito nel 2004 dalla sede dell'ISAB in via Cartoleria 9 alla sede dell'IsArt in via Marchetti 22.

dalla scheda OA con identificativo 273354 

prof. Andrea Franchi    nel 1997

3 aprile 2023

Gli studenti di 4F ascoltano la testimonianza orale della prof.ssa Sandri Emanuela,  ex-allieva del prof. Gabriele Galassini e del prof. Rudy Bonazzi.                 

Questa testimonianza è stata parte integrante del Progetto "Catalogazione dei beni storico-culturali del Liceo Artistico Arcangeli", in quanto fonte di informazioni riguardo i materiali e le tecniche utilizzate nella realizzazione del trenino e di altri oggetti di arredo in legno, conservati nel Laboratorio del Legno, oggetto di analisi e catalogazione da parte degli studenti di 4F.

Gianfranco Trucchia


Biografia

Nasce a Bologna il 18 febbraio del 1939 da una famiglia di origine bolognese-marchigiana. La passione per la pittura e la scultura lo accompagna fin dalla nascita portandolo a frequentare l’Istituto Statale d’Arte di Bologna in cui si diploma come Maestro d’Arte Ceramica. Nel 1964 ottiene l’incarico per la cattedra di Ceramica con la direzione dei Laboratori e l’insegnamento del relativo Disegno Professionale presso l’Istituto Statale d’Arte Ceramica “F. A. Grue” di Castelli.

Qui, a partire dal 1965 e per 5 anni, insieme ad altri maestri e agli allievi, avvia la realizzazione del grandioso “Presepe” in ceramica che rappresenta una straordinaria  innovazione pur nella continuità della tradizione artistica di Castelli.

Il “Presepe monumentale” si compone di 54 statue a grandezza naturale, in refrattario tenero, smaltato con la pentacromia tipica della tavolozza castellana.

Fu esposto per la prima volta in uno scenografico allestimento nella Piazza Roma di Castelli, Sotto un manto di neve nel dicembre del 1965.

L’anno dopo dopo fu esposto a Roma, ai Mercati di Traiano e successivamente per interessamento del Ministero degli esteri, per circa tre mesi, nelle città di Gerusalemme, Betlemme e Tel Aviv.

Durante la sua permanenza a Castelli, Trucchia, realizza con le sue opere mostre personali e partecipa a mostre collettive e a numerosi concorsi nazionali e internazionali, ricevendo vari primi premi. Tra i più importanti si segnalano il primo premio ex aequo nel 1965 con l’opera “Testa”- che sottolinea la poetica metafisico-surreale dell’artista, che presenta sdrammatizzazioni culturali grazie ad una tecnica sobria e raffinata- ed il primo premio nel 1967 con l’opera “Pannello grande”, entrambi al Concorso Internazionale d’Arte Ceramica di Castelli; la medaglia d’oro nel 1969 con l’opera “Scultura” al Concorso Internazionale d’Arte  Ceramica di Gualdo Tadino; la medaglia d’oro nel 1970 con “Gruppo di forme” al Concorso Internazionale d’Arte Ceramica di Cervia. In quegli stessi anni, diversi studenti dell’Istituto Statale d’Arte Ceramica di Castelli conseguono importanti affermazioni nei vari concorsi sotto la guida del professor Trucchia.

Fino al 1972 insegna all’Istituto d'Arte di Castelli ed in seguito gli viene assegnata la cattedra di Scultura e Decorazione Plastica all’Istituto Statale d’Arte di Bologna, dove affianca con passione e coinvolgimento gli studenti frequentanti i suoi corsi, con i quali intrattiene rapporti lavorativi e di collaborazione anche negli anni successivi. Intraprende un’intensa attività come creativo in uno studio grafico pubblicitario, ma continua ad operare privatamente come pittore e scultore.

Di lui è stato scritto: “Sono tanti i pittori ex giovani in carriera che, con il trascorrere degli anni, meditano un ritorno nell’arengo espositivo continuando a mantenersi operosi nel proprio atelier, senza mai decidersi a proporsi a critici d’arte e galleristi, scoraggiati da possibili rifiuti e disattenzioni che non potrebbero tollerare. Gianfranco Trucchia, desaparecido da molti anni come pittore, è un caso esemplare, emblematico”, tanto che  dopo diversi anni passati a dipingere nel proprio studio senza mai far vedere la luce ai suoi quadri, nel 1992 prende contatti con un gallerista bolognese ed allestisce la personale “Streghe e stregati”, dove la sua pittura viene definita come un’arte che “per arrivare alla sua conclusione chiede ospitalità a materiali altri, privilegiandoli perché la inglobino; oppure è un’arte del dipingere che, arrivata alla sua conclusione, ingloba materiali che non privilegia, ma ospita soltanto; oppure ancora è un’arte del dipingere che, arrivando alla sua conclusione, si falsifica inglobando materiali altri, per interrompersi e dirottarsi incompiuta”.

Nell’estate del 1993 espone “Favole e falsi” alla Fondazione Museo Alternativo Remo Brindisi a Lido di Spina. Nello stesso anno, apre l’atelier “Paese dei Balocchi” a Bologna, per ricercare la potenzialità creativa che vive in ogni persona tenendo corsi in questa scuola di ceramica fra gioco e arte determinato a trasmettere la sua conoscenza a chi dimostra passione e attitudine.

Viene a mancare nel marzo del 1994 dopo una breve malattia. Di se stesso scriveva: "Gianfranco Trucchia è nato, prima o poi morirà, lavora usa il colore e mette parole”.

 

Tratto da: "La tradizione del futuro" I CentoDieci anni della Scuola d'Arte di Castelli a cura di Carlo Fabrizio Carli, Verdone Editore

Il prof. Gianfranco Trucchia nel Laboratorio di Decorazione plastica dell'ISAB

G. Trucchia, Senza titolo  Id: S0015        

Dimensioni: cm 25x10x6    Tecnica: Ceramica     Anno: n/a

 Presepe monumentale   

di Gianfranco Trucchia 

esposto nel 1966 sul sagrato della chiesa di Castelli  

Presepe Monumentale di Castelli

Dicembre 1965

L’opera monumentale Il Presepe è la testimonianza di una felice applicazione didattica al servizio della scuola e dell’arte.

Opera corale, improntata sull’esigenza di una ricerca formale, fu progettata e diretta dal ceramista Serafino Vecellio Mattucci, direttore dal 1958 al 1977, che nel 1961 volle per il nuovo Istituto d’Arte insegnanti-scultori quali Gianfranco Trucchia, Roberto Bentini e Daniele Guerrieri.
Attingendo “nel solco profondo della tradizione” e accogliendo l’invito di Giò Ponti ad indagare il destino della ceramica che realizzava “una quarta dimensione alla scultura… nella quale forma-materia-colore sono una cosa sola”, Mattucci iniziò fin dal 1955 ad elaborare l’idea di una nuova plasticità per Castelli. Così negli anni sessanta, in pieno informale, l’artista fece una riflessione sulle potenzialità della materia e stabilendo un contatto più plastico che decorativo con la madre terra realizzò con professori e studenti un’opera per la scuola che facesse scuola come un viaggio nella cultura e nella civiltà dell’uomo e in continuo divenire. Nelle vesti di regista individuò per la composizione architettonica delle figure, la forma archetipa modulare degli antichi vasai: l’anello cilindrico e nel rispetto dell’antica suddivisione artigiana dei compiti coinvolse tutta la scuola depositaria di cultura e “porta aperta” verso la conoscenza. Per quasi un ventennio Mattucci diresse una modernissima scuola-bottega verso la realizzazione di un’impresa titanica, di circa cento pezzi, presentando al mondo intero l’espressione rinnovata di unicità ed estro creativo castellano che configurò l’Istituto come una scuola-pilota sviluppata con criteri vicino a una moderna Bauhaus. Il Presepe di Castelli diventò così uno dei più alti esempi di cromatismo materico su cui furono stesi i colori della tradizionale pentacromia elaborati personalmente dall’artista e ammorbiditi con l’uso della cristallina prodotta segretamente da Mattucci nella fabbrica Spica dell’Ing. Potito Randi. Qui, in un felice connubio tra arte e industria, furono utilizzati anche i forni a tunnel per la cottura dei grandi pezzi in materiale refrattario. L’opera fu esposta per la prima volta nel Natale del 1966 sul sagrato della chiesa di Castelli e riconosciuta dall’intera comunità come “il presepio di tutti”, stabilì il primo rapporto tra scuola e società. La moderna epifania rivelazione dello spirito, di ormai 74 pezzi, raggiunse l'entusiasmo del grande pubblico e della critica nel 1970 ai Mercati Traianei di Roma per poi diventare una star internazionale nel 1976 nei luoghi sacri della cristianità: Gerusalemme, Betlemme e Tel Aviv. Per Il Presepe nel 1981 Mattucci ricevette la prestigiosa onorificenza di “Cavaliere della Croce di Gerusalemme” conferitagli dal Gran Maestro della Chiesa di Dio di Gerusalemme. Del Presepe si sono occupati la stampa nazionale ed internazionale e diversi critici. Oggi l’opera di 54 pezzi è esposta nei locali del Liceo Artistico per il Design “F. A. Grue” ex ISA.
Maria come mediatrice tra Dio e l’uomo, tra la terra e il cielo, fu rivestita di un cielo stellato blu cobalto. Il cilindro (il corpo) come il fusto di una colonna era costituito da rocchi i quali “venivano modellati sul tornio in gesso per realizzare lo stampo che serviva per la successiva modellazione con il refrattario” (ricordo del Prof. Daniele Guerrieri), successivamente questi venivano decorati con l’uso della tradizionale pentacromia castellana su cui veniva steso un grosso strato di cristallina traslucida (la “penicillina” segreta di Mattucci) per ammorbidire i contorni e spezzare la rigidità del segno.

Realizzato come un viaggio intorno alla civiltà e ricco di incontri, il Presepe diventava anche un’educazione all’immagine per gli studenti, stimolando divertenti e acuti paralleli stilistici
come emerge dal ricordo del ceramista Prof.Maurizio Carbone che da giovane studente distingueva lo stile del Prof. Trucchia da quello del Prof. Bentini dalla fisionomia magra e allungata dei volti delle statue su cui leggeva tratti simili allo scultore bolognese. Trucchia diede una connotazione più barocca rispetto alla fase successiva che fu risolta con volumi più sintetici. Nei Re Magi la materia e le preziosità cromatiche furono messe in risalto dalla vibrazione spaziale data dai pieni e dai vuoti, dalle scanalature dei busti come colonne e dai riccioli decorativi a spirale in cui si insinuava la luce e il colore di materia.
Alla continua ricerca di un incontro tra tradizione e innovazione, le figure delle Dame sembravano provenire dal dolce stil novo con una capigliatura a boccoli all’insù tipica della generazione beat anni ‘60-’70 che le collocava nella modernità e le inseriva in una dimensione affabulativa ricca di colte annotazioni.  Nel copricapo è evidente la ricerca di una geometria sacra dai messaggi universali. A forma di cono spiraliforme rivolto verso l’alto ricorda il cammino dell’anima verso il Paradiso delineato da Dante nella Divina Commedia.
Con l’Abruzzesina siamo in epoca Roberto Bentini e la figurazione cambia, ma nonostante i volumi diventino più sobri e “la struttura a colonna viene in parte abbandonata per una maggiore libertà interpretativa” (Antonio Planamente), si avverte, in tutta l’intera composizione corale, unità e presenza identificativa di quell’aura castellana scaturita dalla regia di una mente creativa, alla continua ricerca del nuovo. Il piatto in testa con le pizze di formaggio (realizzate da Daniele Guerrieri), riconduce alla tradizione delle donne abruzzesi di portare sulla testa conche e ceste pesanti che, nonostante la fatica, imponeva un portamento da mannequin anni ‘70.   ll Presepe coltivò un linguaggio fluido, dinamico che proiettò l’opera verso il futuro. La programmazione scolastica ogni anno proponeva un nuovo argomento scelto dall’attualità configurando la scuola come un laboratorio di idee dal carattere fortemente informato e sperimentale. Nella seconda fase lo scultore Roberto Bentini spezzo la colonna per concedersi divagazioni contemporanee con volumi sempre più essenziali nutriti di citazioni culturali rintracciabili nella sfera terrestre in mano all’Astronauta vicina ai concetti spaziali di Lucio Fontana. L’idea di realizzare un Presepe in continuo divenire come simbolo e augurio di una spiritualità universale e sempre viva, fece affrontare temi come la pena di morte, il primo sbarco dell’uomo sulla luna e il Concilio Vaticano II.


https://www.gianfrancotrucchia.it/it/eventi/presepe-monumentale-di-castelli/15