5. Lapidario


Nel 1735 il marchese Ercole Bevilacqua, diede vita al primo museo pubblico della città riunendo nel cortile del palazzo dell' Università (Palazzo Paradiso, ora sede della Biblioteca Comunale Ariostea) una raccolta composita, formata da marmi archeologici, medievali, rinascimentali, lapidi sepolcrali provenienti da edifici distrutti e da ritrovamenti nel territorio a cui si aggiunsero ben presto anche donazioni di privati. Il nucleo lapidario del neonato Museo Civico non trovava una sistemazione organica, così alcuni pezzi rimasero nel cortile di Palazzo Paradiso, altri furono depositati in magazzini comunali, altri ancora alla Certosa e da qui trasferiti al Palazzo dei Diamanti. La necessità di riunire i materiali portò alla creazione del Museo Archeologico (1924) presso il Palazzo dei Diamanti dove vennero raccolti i reparti archeologici e all'istituzione del Museo della Cattedrale (1928) dove furono sistemati i marmi paleocristiani e romanici. Durante il secondo conflitto mondiale il Palazzo dei Diamanti subì gravi danni a causa di una bomba e alcune opere furono traslocate nell'estate del 1952 nelle stanze a piano terra di Casa Romei - tradizionalmente considerate camere di servizio - altre opere erano state sistemate nelle sale del piano nobile secondo la disposizione data da Gualtiero Medri nel 1952, anno dell'istituzione del Museo di Casa Romei.

La prima sala è in gran parte occupata da fregi marmorei decorativi, alcuni dei quali facevano parte di una serie di decorazioni dell'antico cenobio della Certosa, eseguiti da maestri marmorari ferraresi tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo. La sala precedentemente ospitava camere di servizio.

Tra gli elementi originali del lapidario è riconoscibile il Ritratto di Napoleone I, con il capo cinto da una corona di alloro dorata, e la Mano reggente il globo, simbolo del suo potere. Questi sono gli unici frammenti rimasti della colossale statua marmorea posta al centro dell'attuale Piazza Ariostea. L'opera fu realizzata dallo scultore bolognese Giacomo de Maria nel 1810, durante gli ultimi anni dell'impero di Napoleone, e rimase sulla colonna al centro della piazza per quattro anni, fino alla fine dell'impero napoleonico nel 1814.

Nella stanza è presente anche un'altra curiosità: la vasca da bagno, riconoscibile nell'angolo, delimitata da una recinzione. Decisamente "avveniristica" per l'epoca in cui era stata realizzata, veniva utilizzata dalla famiglia Romei e disponeva di un foro di scarico dell'acqua posto nell'angolo prospicente il muro esterno. Sono riconoscibili tracce di intonaco rosso, fatto con il coccio pesto ovvero polvere di mattone, che garantiva l'impermeabilità e la possibilità di pulire le vasche una volta finito il bagno.