Scuole trentine in vetta alle classifiche nazionali? Sì, ma non dimentichiamoci dei docenti!

Data pubblicazione: Nov 22, 2016 2:18:36 PM

Negli ultimi giorni, all'attenzione dell'opinione pubblica trentina sono state sottoposte una serie di classifiche riguardanti i livelli di preparazione forniti dalle nostre scuole superiori. Classifiche ampiamente discusse e oggetto anche di qualche polemica, considerata l'imminente apertura degli Istituti superiori all'orientamento e alle nuove iscrizioni, i cosiddetti open day.

Come ricorderete si tratta di un'indagine ad ampio spettro, condotta dalla Fondazione Agnelli sul territorio nazionale con la pretesa di misurare i traguardi di effettiva spendibilità universitaria e lavorativa delle competenze maturate dagli studenti dopo il conseguimento del diploma di scuola secondaria di secondo grado.

Perché la lettura di tali dati possa essere il più possibile integrata, anche la nostra voce sindacale rivendica il proprio spazio, in almeno due prospettive.

1. A chi sventola, legittimamente, queste graduatorie come espressione dell'eccellenza della nostra Scuola, ricordiamo che la qualificazione degli Istituti passa attraverso l'attività didattica che i docenti svolgono quotidianamente in trincea. Pertanto, non dimentichiamo che i co-protagonisti della classifica sono i docenti, se è vero che l'apprendimento e l'insegnamento sono due processi complementari. Quegli stessi docenti -lo ribadiamo con fermezza- il cui contratto è fermo da 7 anni, impantanato in una palude che non lascia ancora intravedere all'orizzonte tempi migliori.

2. Come FLC CGIL, pur associandoci al plauso corale di fronte all'ennesimo prestigioso riconoscimento nei confronti degli studenti trentini, abbiamo l'obbligo di ricordare che i dati vanno contestualizzati, restituiti alle coordinate di quella oggettiva complessità a cui appartengono, al fine di evitare facili automatismi che identifichino tout court il successo degli studenti con il criterio numero uno di premialità dei docenti. Non ci stiamo al gioco di chi fa presto a far coincidere il merito dei docenti con il punteggio in graduatoria dei propri alunni.

Forse che le scuole che non si trovano sul podio hanno speso minori energie e minori risorse pedagogico-didattiche nel percorso di valorizzazione dei talenti studenteschi o nel contenimento del disagio? Forse che le molteplici variabili che connotano la complessità della funzione docente possono esaurirsi in un numero, associato a mo' di etichetta alla scuola?

Ben vengano, dunque, di queste analisi, come incentivo per le scuole a riflettere sui propri stili di insegnamento per proiettarsi verso traguardi di eccellenza sempre più alti.

Tuttavia, non cediamo superficialmente a una visione monodimensionale dei dati, ma sforziamoci di inserirli nell'insieme di tutte quelle tessere che compongono sinergicamente il mosaico del comparto scuola.