Perché é bene non fare un nuovo ospedale fuori città?

Nuovo e gratuito? Nemmeno per sogno!

Negli interventi favorevoli al nuovo ospedale a Montenero ci sono due parole che vengono ripetute come un tormentone: “nuovo” e “gratuito”.

Sono le chiavi di ogni messaggio commerciale con cui si cerca di vendere i detersivi o i pannolini ed è deprimente che ormai la politica sia ridotta a una brutta imitazione della pubblicità.

Ma anche qui come in ogni pubblicità c’è il trucco e l’ospedale a Montenero non è affatto gratuito.

Certo, il terreno è del Comune, ma i lavori chi li paga?

I costi verranno coperti con un forte indebitamento dell’ASL, con la concessione di molti servizi ai privati che presteranno i soldi per costruire (lo chiamano project financing, suona meglio) e con la svendita di molte strutture che oggi sono pubbliche.

Un solo esempio, sarà venduta l’attuale sede dell'ASL a Monterotondo insieme ai suoi undici ettari di parco, già oggi sottratti ai livornesi da ASL e Comune che non sono stati capaci di tenerlo aperto.

Sarebbe la sede ideale per una casa di riposo o un servizio di riabilitazione, ma può finire a privati che quasi sicuramente la utilizzeranno a fini speculativi.

Già in tutta la provincia è partita la svendita, per fare cassa. Case di riposo, ambulatori, sedi amministrative, e chi più ne ha più ne metta, da Livorno all’Elba.

Ma il “nuovo” ospedale non è gratuito anche perché la cementificazione di Montenero Basso ha dei costi ambientali pesanti.

Questo non può capirlo l’economista neoliberale, che ragiona col portafoglio, ma lo capiscono i cittadini, quando vedono il loro territorio devastato e le frane che si moltiplicano, come a Massa in questi giorni. Poi si piangono lacrime di coccodrillo sulle palazzine che non dovevano essere costruite, come se fossero cadute dal cielo. Un modello di sviluppo, questo sì, vecchio come il cucco, per cui, da questo punto di vista, l’ospedale a Montenero non è neanche tanto “nuovo”.

E neanche il modello di sanità che ci sta dietro ci sembra nuovo, ma anzi un ritorno al passato:  sentiamo parlare di “intensità di cure“ e poi vediamo gli operatori dell’assistenza domiciliare che vanno a giro in autobus perché si deve risparmiare sui costi delle auto, così in un’ora invece di fare due pazienti se ne fa uno solo e qualcuno resta fuori dalla lista.

È questa l’”intensità” con cui si curerà la gente?

La verità è che l’ospedale “nuovo” è lo specchietto per le allodole dietro il quale si nasconde la più grossa operazione di privatizzazione della sanità che sia mai stata tentata nella nostra città. Forse l’ospedale lo finiranno tra cinquant’anni, perché i loro tempi sono questi, ma intanto ci ritroveremo una città senza neanche un ambulatorio.

Attenzione, perché le offerte speciali spesso sono ingannevoli!