Alla ricerca di noi stessi...

Chi siamo noi? Come lo scopriamo?

Come viene discusso nel quarto capitolo non è facile rispondere a questa domanda. Questo perché la nostra soggettività include sia quello che sento, penso e voglio (Io), sia il modo in cui mi vedo (Me).

Nell’«Io» il soggetto si vede da dentro (in prima persona), mentre nel «Me» si vede da fuori (in terza persona) attraverso l’osservazione diretta – allo specchio o attraverso i Selfie – o mediata dalla considerazione che gli altri hanno di noi.

E già qui nascono i primi problemi. Per il soggetto è molto più facile vedersi da dentro che da fuori. Per questo il Me è spesso più accessibile all’Altro piuttosto di quanto non lo sia a noi.

Allo stesso tempo, però, l’Altro non può vederci dentro, per cui l’accesso al nostro Io è limitato da quello che gli mostriamo noi.

Per cercare di rappresentare graficamente il livello di consapevolezza all’interno della relazione tra Io e Me e tra soggetto e Altro, gli psicologi americani Joseph Luft e Harry Ingham hanno introdotto un modello conosciuto come la «matrice di Johari» (Johari window). In questo modello il livello di consapevolezza si articola in quattro livelli in relazione a Io e Me

In pratica il soggetto si osserva da dentro e da fuori, e attraverso l’analisi di quello che vede diventa progressivamente consapevole delle proprie caratteristiche individuali (identità personale) e della posizione che occupa all’interno della società (identità sociale).

All’interno di questo processo i Selfie, unendo la forza dell’autoritratto con il potere comunicativo dei social media, permettono di scegliere e di proporre un aspetto specifico della propria soggettività, rendendolo immediatamente visibili alle persone che sono intorno a noi.

Allo stesso tempo, attraverso i selfie degli altri, posso vedere quali sono i mondi possibili (chi posso essere) e decidere chi voglio essere e che cosa voglio fare.