Dottor Sebastiano Bucolo - Otorinolaringoiatra

Il Dottor Bucolo è il responsabile della vestibologia e del centro acufeni nell'ambulatorio ORL dell'Ospedale San Giovanni Bosco di Torino.

Si occupa del trattamento medico e chirurgico delle patologie dell'orecchio, del naso, della faringe, della laringe, del cavo orale e delle altre strutture correlate della testa e del collo, tra cui anche il trattamento chirurgico alla tiroide e paratiroidi, nonché quello medico e chirurgico alle tonsille e alla ghiandola parotide.

A che cosa serve la visita otorinolaringoiatrica

La visita otorinolaringoiatrica è l’esame medico che ha l’obiettivo di individuare eventuali patologie a carico di orecchie, naso e gola e alle altre strutture appartenenti al distretto testa-collo.

La visita eseguita dal medico otorinolaringoiatra analizza lo stato di salute di questi complessi organi che, pur ben distinti l’uno dall’altro, sono spesso funzionalmente correlati e possono presentare patologie associate, come infiammazioni, infezioni e tumori.

Come si svolge la visita otorinolaringoiatrica

La visita otorinolaringoiatrica è una valutazione medica specialistica non dolorosa.

In una prima parte il medico otorino procede con un’indagine sullo stato di salute del paziente (valutazione anamnestica), sulla presenza di sintomi legati agli organi di competenza, sulle eventuali cure in atto, sui farmaci assunti e sulle eventuali patologie note al paziente.

La seconda parte consiste nella visita vera e propria con tutti quegli esami che possono permettere di individuare le cause dei sintomi raccontati dal paziente.

In particolare vengono eseguiti i seguenti esami aggiuntivi:

• un’accurata ispezione del cavo orale e dell’orofaringe. L’ipofaringe e la laringe vengono valutate accuratamente mediante l’utilizzo di fibre ottiche rigide o flessibili la “laringoscopia”, che permette di visualizzare la situazione anatomico clinico funzionale evidenziando eventuali anomalie e lesioni;

• otoscopia, mediante di uno strumento denominato otoscopio, che permette di valutare, all’interno dell’orecchio, la membrana timpanica e il condotto uditivo esterno;

• una rinoscopia, esame che viene eseguito con un sottile endoscopio a fibre ottiche e che permette di esplorare l’interno del naso le porte di comunicazione con le cavità paranasali il Rinofaringe e l’apertura delle tube di Eustachio;

• una palpazione del collo per escludere la presenza di tumefazioni sospette;

• un esame audiometrico tonale e impedenzometrico: permettono di studiare in modo esauriente la funzionalità uditiva del paziente dando informazioni sulla soglia uditiva e sulla capacità di vibrazione del timpano.


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Gli acufeni

Viene definita acufene una percezione acustica non organizzata, ovvero non realmente prodotta da alcuna sorgente sonora né all'interno né all'esterno del corpo. Con questa definizione, si vuole distinguere il disturbo dell'acufene dai rumori fisiologici o da quelli causati da condizioni patologiche all'interno del corpo stesso e anche dalle allucinazioni uditive. Nello specifico, dato che la percezione uditiva è da considerarsi come un segnale proveniente dal cervello che non è in grado di percepire direttamente suoni, luci o altri segnali nella loro forma originaria, ma solo come segnali bioelettrici derivanti dalla conversione operata da specifici recettori - le cellule ciliate cocleari dell’orecchio interno (coclea) - l’acufene è da definirsi piuttosto come un segnale bioelettrico che si origina in qualche punto del canale uditivo capace di produrlo, come l’orecchio interno, il nervo acustico o le vie uditive centrali.

Chi soffre di acufene, lo descrive come un rumore fastidioso, spesso anche molto intenso, che si percepisce a uno o a entrambi gli orecchi o, più genericamente, all'interno della testa. Questi “rumori” sono in genere percepiti come dei fischi sottili dalla frequenza acuta (molti li paragonano al suono di una pentola a pressione) o come ronzii e dunque dalla frequenza più grave (simili al rumore del mare o a un ronzio elettrico). La percezione di chi è affetto dal disturbo non è sempre la stessa; in certe occasioni l’acufene si avverte come un suono variabile e diffuso su tutte le frequenze dell’udibile: è simile a un cinguettio, al frinire delle cicale o dei grilli o è equiparabile a un cigolio. Altri pazienti descrivono un “rumore” pulsante come il battito del cuore oppure intermittente come una sorta di scatto meccanico.

In merito, invece, alla sua intensità, va specificato che pur essendo un parametro misurabile con prove audiometrie di acufenometria, la cosa più importante da considerare è come viene percepito a livello soggettivo e dunque il disagio che provoca alla persona che ne soffre. Un acufene definito dalle prove audiometriche di lieve entità può essere, viceversa, percepito come estremamente fastidioso, fino a diventare insopportabile tanto da peggiorare in modo netto la qualità della vita provocando difficoltà a svolgere le normali attività quotidiane. Il disturbo è quindi definibile non come una specifica malattia, bensì può essere valutato come sintomo di altre patologie non necessariamente appartenenti alla sfera acustica. Nella maggior parte dei casi, esso è di tipo soggettivo, ovvero il suono può essere percepito solo da chi ne è colpito e, in questo senso, può considerarsi un suono “fantasma”. Sono pochissimi i casi in cui gli acufeni possono considerarsi suoni oggettivi, vale a dire ascoltabili anche da un esaminatore esterno. In questa rara evenienza, si può anche aggiungere che gli acufeni oggettivi vengono prodotti da un movimento meccanico all’interno del cranio o nel distretto cervico facciale. Alcuni esempi sono le piccole contrazioni cloniche di alcuni muscoli o la rumorosità del flusso sanguigno nelle arterie.

Una minima variazione di funzionalità può giocare un ruolo, seppur momentaneo, sull’intera catena delle vie uditive. Come conseguenza di un trauma acustico, o l’età, o infezioni virali, tossicità ai farmaci, o una storia familiare di sordità può accadere che in piccole porzioni di coclea (una componente dell’orecchio interno composta da una spirale ossea collegata a un canale cocleare contenente i liquidi cocleari) le cellule ciliate (quelle all'interno della coclea) possano venire a mancare. Questa condizione, unita a un malfunzionamento di una piccola zona di cellule ciliate, può dare origine a uno scompenso che si trasforma in un acufene.



È dunque proprio dalla coclea che gli acufeni tendono a “prendere il via”. Un’area in cui una sofferenza, anche di lieve entità, può dar luogo a una piccola lesione che, a sua volta, può indurre uno sbilanciamento dei nuclei nervosi e quindi causare l’insorgere dell’acufene.

L’acufene dunque può originarsi a seguito di malattie comuni dell’orecchio come infezioni virali o batteriche, otite, otosclerosi, timpanosclerosi e, come detto, sordità genetiche. Possono contribuire al manifestarsi del disturbo anche altri malfunzionamenti, quali problemi di articolazione cervicale o temporomandibolare o di postura, problemi all’orecchio medio e problemi odontoiatrici.

Alcuni studi scientifici chiamano in causa anche gli effetti tossici di determinati farmaci, tra cui quelli di uso comune come l’aspirina (acido acetilsalicilico) e alcuni antibiotici (aminoglicosidi). Esistono poi anche altre sostanze che possono causare l’acufene: diuretici dell’ansa (furosemide, acido etacrinico), chinino, indometacina, carbamazepina, tetracicline, litio, antipsicotici, antidepressivi triciclici, inibitori delle monoamine ossidasi, antistaminici, farmaci bloccanti i recettori beta-adrenergici, anestetici locali, steroidi, caffeina e alcol. In questi casi il disturbo può essere reversibile sospendendo il farmaco o la sostanza che l’ha generato. I meccanismi con cui queste sostanze inducono l’acufene non è del tutto noto, ma si ipotizza che quelle che lo determinano agiscano a livello della coclea, mentre quelle che causano solo l’acufene colpiscano i nuclei uditivi tronco-encefalici.

Alcuni ricercatori indicano tra le possibili cause, scatenanti o predisponenti al disturbo, composti chimici di uso comune contenuti in determinati alimenti. Si tratta in particolare degli edulcoranti impiegati come sostituti degli zuccheri e degli esaltatori di sapidità come i glutammati che, anche senza saperlo, vengono introdotti ogni giorno nell'organismo attraverso cibi e bevande.

Va aggiunto che il corpo produce sostanze normalmente utilizzate dall’orecchio per svolgere le sue funzioni fisiologiche ma che, in condizioni di stress acustico o psicofisico, possono diventare lesive per l’orecchio stesso. In questo caso si parla di “eccito-tossicità”. L’esperienza clinica mette infatti in relazione l’elevata frequenza con cui i pazienti riferiscono l’insorgere dell’acufene in concomitanza o a seguito di un periodo di forte stress o intense emozioni. Inoltre l’orecchio può essere vittima di patologie “autoimmuni” che spesso si manifestano anche con acufeni.

Se nella maggior parte dei casi è l’orecchio a generare il suono dell’acufene, il suo mantenimento avviene ad opera del cervello che ha la capacità di adattarsi e modificarsi. Nel caso dell’acufene i centri nervosi superiori sviluppano un’attenzione selettiva a questo suono e sembra che lo facciano proprio autogenerandolo e facendolo continuare a percepire anche se la causa di partenza è stata rimossa. Ne consegue che se il sistema uditivo “si sbilancia” e genera l’acufene e il cervello lo segue, non significa che si è in presenza di una condizione irreversibile, perché proprio il sistema uditivo stesso e il cervello sono in grado di riequilibrare gli scompensi sfruttando la peculiare caratteristica di plasticità del cervello.

Una volta accertata o quantomeno ipotizzata l’origine dell’acufene, si può pensare a valutare le possibilità di intervento terapeutico finalizzato ad alleviarne i fastidi che essa provoca. A prescindere dalla causa del disturbo, nella maggior parte dei pazienti c’è una forte predisposizione ad avere manifestazioni ansiose e un’attenzione esasperata alla propria condizione. È ormai assodato che nei soggetti ansiosi il disagio provocato dall’acufene tende ad acuirsi.

Per mettere a punto una cura il più possibile efficace bisogna tenere presente che l’acufene è un disturbo multifattoriale quindi bisogna strutturare una terapia il più possibile “cucita addosso” alla persona e che si avvalga di cure combinate.

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