"Anatomia" del Nazionalismo

ANDREA BERNABALE
LA DOTTRINA E IL PENSIERO

"ANATOMIA" DEL NAZIONALISMO

IL NAZIONALISMO - LE "TEORIE" DEL NAZIONALISMO

IL NAZIONALISMO: CARATTERI GENERALI

«Il nazionalismo è alla nazione ciò che il bigottismo è alla religione»

(Francesco Saverio Nitti)

Sebbene non esista una definizione precisa ed univoca, il nazionalismo è un concetto indissolubilmente legato all’idea di nazione. Quest’ultima può essere invece definita come un gruppo omogeneo che si identifica in un comune passato, territorio, cultura, simbologia (il manzoniano «Una d'arme, di lingua, d'altare, di memorie, di sangue e di cor»); pertanto, il nazionalismo può essere considerato come la mobilitazione della nazione al fine di perseguire determinati obiettivi politici che, generalmente, si riferiscono a concetti relativi alla sopravvivenza della nazione e di sovranità della stessa. Il nazionalismo si caratterizza anche per una prassi consolidata: le politiche “nazionaliste”, infatti, prendono vita in seguito al raggiungimento dello Stato - inteso come istituzione regolatrice detenente il monopolio della violenza legittima - della propria sovranità, che diventa così elemento costitutivo e proprio del nazionalismo.

Le politiche nazionaliste possono quindi guardare alla difesa della nazione, alla ricerca della "purezza" nazionale, alla difesa dei diritti dei compatrioti, a misure economiche quali la nazionalizzazione delle imprese private, a politiche migratorie particolarmente stringenti e, nei casi più estremi, alla persecuzione delle minoranze interne con l'obiettivo di rendere la comunità nazionale il più omogenea possibile.

Nel corso dell’ultimo secolo, soprattutto in seguito ad un'epoca di totalitarismi fondati proprio sull'ideologia nazionalista portata alle più tragiche conclusioni, il termine “nazionalismo” ha acquisito una connotazione fortemente negativa, che rimanda a politiche irrazionali, razziste e di un perseguimento di interessi nazionali costruito sulla sopraffazione e sulla forza. Dunque, movimenti sviluppatisi nella prima metà del Novecento quali il fascismo italiano ed il nazionalsocialismo tedesco, possono essere considerati come l’estremizzazione nazionalista, caratterizzati per la quasi totale epurazione degli elementi liberali.

Tuttavia, nonostante il superamento e la condanna delle dittature europee novecentesche, lo stato-nazione rappresenta ad oggi il pilastro del sistema politico internazionale, costituendo le fondamenta dello Stato moderno e del solenne principio dell’integrità territoriale.

Non è un caso che le maggiori organizzazioni internazionali a vocazione globale sorte nello scorso secolo si riferiscano direttamente non agli Stati ma alle “nazioni”, incluse già nella denominazione dell’organizzazione stessa. È il caso della “Società delle Nazioni”, nata nel 1919, e dell'"Organizzazione delle Nazioni Unite” fondata nel 1945.

Il nazionalismo mostra dunque numerose sfaccettature: può essere liberale o illiberale, egalitario o razzista, inclusivo o esclusivo, élitario o popolare. Infatti, nasce come filosofia di liberazione, come dimostra l’esperienza della rivoluzione francese del 1789: sollevazione del popolo francese (rappresentante della nazione) contro il potere regio. Durante il secolo seguente, l'ideale nazionale continuò a trionfare con la creazione del regno del Belgio nel 1830, l'unificazione dell’Italia nel 1861 e l'unificazione della Germania sotto l'impero di Guglielmo I Hohenzollern.

Il nazionalismo poi si rivelò anche un importante strumento politico per le classi conservatrici al potere, al fine di isolare e sopprimere le minoranze interne, i presunti "nemici della nazione", fronteggiando così le istanze liberali e socialiste, con l’obiettivo di creare uno Stato forte e stabile attorno al concetto di nazione. Un chiaro esempio fu la Germania di Bismarck.

Successivamente, il nazionalismo europeo assunse sempre più le forme dell’imperialismo, che può essere definito come un nazionalismo espansionista, ovvero il diritto a governare non solo sulla propria nazione ma anche sulle altre, considerate subalterne o addirittura biologicamente inferiori. Dopo il primo conflitto mondiale, come abbiamo già detto, questo portò in alcuni casi alle più brutali espressioni del totalitarismo.

Il nazionalismo è dunque un concetto ampio, liquido e privo di una dottrina ortodossa. Alcuni studiosi hanno sostenuto l'impossibilità di circoscrivere una precisa dottrina nazionalista, poiché la stessa si fonda sul concetto di nazione, ritenuto fuorviante. Altri, hanno invece posto l’accento sull’eterogeneità del nazionalismo, dal momento che ogni nazione differisce dalle altre nell'espressione della propria unità. Chiaramente, i nazionalismi differiscono anche secondo le epoche: nel XIX secolo i movimenti nazionalisti invocavano liberamente l’idea di razza; progressivamente questa idea fu abbandonata e, dal secondo dopoguerra, i movimenti nazionalisti furono ispiratori del diritto all’autodeterminazione, assumendo quindi caratteri separatisti. L’elemento separatista è infine evoluto sino ai giorni nostri, assumendo il carattere “sovranista”, che poggia su una nuova idea di auto-determinazione da federazioni, organizzazioni internazionali o organizzazioni sovranazionali regionali.

libertà che guida il popolo
La Libertà che guida il popolo
italia di mussolini
L'estremizzazione nazionalista: l'Italia di Mussolini

LE “TEORIE” DEL NAZIONALISMO

Accanto alla disamina dei caratteri generali del nazionalismo e alle sue origini, occorre tener presente tutta una serie di interpretazioni e teorie legate al complesso fenomeno sociale, politico, storico e culturale del nazionalismo. Ne presentiamo qui una gamma di interpretazioni e filoni di pensiero che, in comparazione, consentono una più chiara comprensione del fenomeno.

La più comune è l’interpretazione “nazionalista”, ovvero l’interpretazione che i nazionalisti stessi danno al nazionalismo. Secondo tale corrente, le nazioni sono sempre esistite e ogni nazione è unica, differendo dalle altre per linguaggio, cultura, tradizioni e posizione geografica. Il nazionalismo servirebbe dunque a difendere l’identità propria della nazione, la sua cultura, la sua storia. Ne deriva, a sua volta, che la nazione crea il nazionalismo e non viceversa.

Nonostante le critiche, l’interpretazione nazionalista rimane la più forte rispetto alle altre, tanto che è tuttora impensabile un mondo senza nazioni.

Diametralmente opposta alla teoria nazionalista, la “teoria modernista” assume come presupposto cardine l’idea che il nazionalismo crea la nazione. Secondo tale teoria, infatti, le nazioni non sono sempre esistite ma sono venute a crearsi per necessità intorno all’epoca della rivoluzione francese, tesi fortemente sostenuta da Ernst Gellner. In particolare, l’illuminismo introdusse il concetto di libertà, mentre la rivoluzione industriale e le rapide urbanizzazioni resero necessario un concetto più ampio di società, che a sua volta richiedeva presupposti come una lingua comune, storia e tradizione condivisa, simboli e, in ultima istanza, la creazione di una nuova comunità nazionale. È tuttavia ancora aperto il dibattito tra i modernisti riguardo la “creazione” della nazione: ovvero, se la nazione sia nata secondo logiche discensionali (dall’alto verso il basso, quindi siano creazione di un’elite al potere) o secondo logiche ascensionali (dal basso verso l’alto, quindi secondo volontà auto-deterministiche popolari). Ad ogni caso, presupposto comune alle due correnti moderniste è che la nazione è “creata”.

Ulteriore interpretazione al concetto di nazionalismo, è la “teoria post-modernista”. Elaborata da Benedict Anderson, tale teoria introduce il concetto di “comunità immaginata”, ovvero l’idea che le nazioni sono sì create, ma esistono puramente nella mente di chi ci crede.

Presupposto cardine è l’idea che tutte le comunità siano immaginate (ad eccezione della famiglia, unica comunità in qualche modo fisicamente tangibile, data la ristretta composizione) e che le nazioni differiscano dalle altre comunità nella maniera in cui esse sono immaginate. Il senso di coesione di una comunità, come quella nazionale, si fonda sull’immaginazione delle persone di percepirsi come membri di quel gruppo e tali connessioni, invisibili e immaginarie, rendono la nazione una rete sociale incredibilmente potente.

Infine, l’etno-simbolismo costituisce l’interpretazione più recente al fenomeno nazionalista. Elaborata dall’antropologo Anthony Smith, discepolo di Gellner, l’etno-simbolismo sostiene che le nazioni sono sì moderne ma non sono “inventate”. Se è vero che il nazionalismo crea la nazione, come sostengono i modernisti, bisogna allora considerare anche che i nazionalisti non creano la nazione ex nihilo, ovvero dal nulla, poiché le nazioni si differenziano per etnie, tradizioni, una storia condivisa, un linguaggio comune e altri fattori socioculturali. Quindi il nazionalismo, che è un fenomeno moderno, in realtà non è altro che una riformulazione delle antiche etnie adattate alla realtà contemporanea e alle sue esigenze. Secondo Smith, le radici comuni - seppur riformulate - rappresentano una risposta al perché il nazionalismo è stato, ed è tuttora, un’ideologia così forte e aggregatrice. Se le tradizioni e le radici fossero inventate, o addirittura immaginate, esse non potrebbero dar vita a legami così solidi e duraturi, capaci di trasmettersi di generazione in generazione.

LETTURE E APPROFONDIMENTI:

E. Gellner, “Nazioni e nazionalismo

B. Anderson, “Comunità immaginate: origini e fortuna del nazionalismo

A. Smith, “Le origini etniche delle nazioni

E. Hobsbawm, “Nazioni e nazionalismo dal 1780