Il fascismo italiano

ANDREA BERNABALE
LA DOTTRINA E IL PENSIERO

IL FASCISMO ITALIANO

«Io non ho creato il fascismo, l'ho tratto dall' inconscio degli italiani»

(Benito Mussolini)

Benito Mussolini

Movimento politico affermatosi nel primo dopoguerra in Italia in un clima di disordine e agitazione politica, il fascismo italiano si caratterizzò inizialmente per una confluenza di movimenti diversi e spesso contrastanti. Nel 1919 - nella sua fase embrionale - al movimento fascista aderivano, infatti, rivoluzionari tanto di destra che di sinistra: sindacalisti rivoluzionari, futuristi, nazionalisti, arditi e combattenti reduci della grande guerra.

Tale disomogeneità nella composizione e la compresenza di varie correnti politiche influenzò, non di poco, la stessa ideologia di Mussolini che oscillava tra convinzioni socialiste e nazionaliste e forti influenze del pensiero sindacalista rivoluzionario di Georges Sorel e della filosofia nietzschiana.

Proprio per tali peculiarità, il discorso attorno l’ideologia fascista al fine di delinearne precise caratteristiche dottrinali è estremamente complesso. Si potrebbe persino negare l’esistenza di una dottrina fascista e di una sua fede politica: fu di questa opinione il socialista Sandro Pertini (poi presidente della Repubblica) ma anche lo stesso Benito Mussolini che, nella seconda parte della “Dottrina del fascismo”, esordiva scrivendo che al momento della famosa “adunata” milanese del 1919 - considerata la data di nascita del fascismo - egli non aveva «nessuno specifico piano dottrinale nel suo spirito».

D’altronde il fascismo fu strettamente un movimento, mutato poi in un regime ventennale, figlio dei suoi tempi; ovvero, non fu una dottrina elaborata a tavolino ma nacque da un bisogno di azione, tanto che nei primi due anni non fu partito ma antipartito e movimento.

Poste queste premesse, si possono comunque distinguere due fasi: un fascismo “originario” e un fascismo “maturo”, tenendo comunque sempre a mente che i programmi del fascismo originario furono puramente teorici ed inattuati.

Il “Programma dei fasci di combattimento” del 1919 avanzava infatti richieste democratiche, tra cui il suffragio universale, voto ed eleggibilità per le donne, rappresentanza proporzionale, diritti sociali e l’istituzione di una milizia nazionale con brevi periodi d’istruzione a scopi puramente difensivi. Da notare anche le richieste - un retaggio socialista - per una forte imposta progressiva sul capitale.

Nella pratica, il fascismo “maturo” rovescia, quasi integralmente, queste rivendicazioni e il presupposto democratico finisce per essere considerato un disvalore politico.

L’idea della milizia nazionale a scopi difensivi viene sostituita da una volontà di potenza e di costituzione di un vero e proprio impero.

Tuttavia, la vera novità introdotta da Mussolini è il mutato ruolo dello Stato; anti-individualista, “etico” ovvero educatore dei cittadini alle virtù civili, aconfessionale (ma non indifferente al tema religioso) e dirigista in ambito economico attraverso istituzioni corporative. Non meno importante è il ruolo dell’impero, inteso non solo come accrescimento di possedimenti territoriali ma come missione della nazione di ergersi a guida di altre.

Come sottolineato da Gentile, caratterizzante fu anche, nella prima fase, il ruolo della “violenza”: rivoluzionaria e statale. Rivoluzionaria ovvero intesa come apportatrice di novità storiche e statale poiché si sostituiva alle carenze dello Stato.

Definitivo è invece il superamento del liberalismo politico con l’istituzione del Gran Consiglio, il rifiuto della lotta di classe e, sul piano culturale, il fascismo crea l’italiano “nuovo”, un individuo eroico, disciplinato, iper-patriottico ma soprattutto idealista e anti-giolittiano. Giolitti era infatti il prototipo dell’italiano razionale, empirico, scettico e privo di entusiasmo, mentre il nuovo italiano fascista si poteva definire “idealista”, un uomo che credeva fermamente nelle idee di nazione, di fede, di patria, con grande senso di appartenenza alla comunità nazionale e fedele combattente dei suoi nemici.

Infine, la figura carismatica di Mussolini elevata ad eroe fichtiano, ovvero un eroe con una certa coscienza di essere eroe.