di Chiara Carnevale

LA PROIBIZIONE DELLE ARMI CHIMICHE NEL DIRITTO INTERNAZIONALE


Alla fine del XIX secolo, i progressi scientifici e l’industrializzazione hanno reso possibile la produzione di composti chimici in una quantità e letalità mai vista prima. Consapevoli di un loro potenziale uso bellico, gli Stati ne hanno vietato l’uso nei campi di battaglia in occasione della Convenzione Internazionale dell’Aja nel 1899. Tuttavia questa convenzione non vietava lo sviluppo o il possesso di questi materiali, divenendo quindi lettera morta non appena la Prima Guerra Mondiale impose la propria logica. Il primo uso bellico di gas chimici su vasta scalaavvenne ad Ypres - in Belgio - dove il nel 1915 i tedeschi attaccarono il fronte francese con il cloro. L’attacco ebbe un successo inaspettato anche per gli stessi tedeschi, i quali non erano preparati a sfruttare un tale vantaggio. Da quel giorno le armi chimiche divennero una costante della Grande Guerra. Innanzitutto perché perfette per colpire postazioni fisse come trincee, ma anche aeroporti, depositi, centri di comando e comunicazione. Secondariamente, perché hanno efficacia massima quando sfruttano la sorpresa e lo shock dell’avversario come durante la prima fase della guerra dove, le truppe, non disponendo di maschere antigas, si ritrovano inermi di fronte alla nuova arma. Proprio l’impossibilità di una difesa ed il carattere invisibile ed inodore di alcuni gas diedero un forte impatto psicologico sui soldati, rendendole le armi più temibili del conflitto. Ciononostante, contro un esercito moderno lo scopo dei gas chimici non è quello di uccidere, ma di rallentare l’efficienza delle truppe nemiche costrette ad indossare le apposite tute antigas.

Nell’ultimo secolo sono stati prodotti più di 70 tipi diversi di aggressivi chimici. Questi si possono classificare in base ai loro effetti sugli organi umani: i nervini, che interferiscono in modo irreversibile sulle cellule cerebrali che gestiscono il funzionamento di organi vitali e, bloccando i muscoli che muovono la gabbia toracica e il diaframma, provocano la morte per insufficienza respiratoria in pochi minuti; i soffocanti, che agiscono sull’apparato respiratorio causando edemi polmonari che portano la maggior parte delle vittime alla morte entro 24 ore; i vescicanti producono estese vesciche e necrosi nelle zone cutanee che vi entrano in contatto e successivamente estendono i danni anche al sistema immunitario, al cervello e all’apparato gastrointestinale; gli irritanti, ossia gas che producono effetti immediati come forte bruciore, vomito e nausea (tra questi vi sono i lacrimogeni e gli starnutatori); e gli psicotropi incapacitanti, che interferiscono in modo reversibile con il cervello e il sistema nervoso, compromettendo temporaneamente memoria, pensiero logico, coordinamento motorio e provocando allucinazioni.

Un secondo tentativo – dopo la Convenzione del 1899 - di regolamentarne l’utilizzo solo per scopi civili avvenne nel 1925 con il Protocollo di Ginevra, ma nuovamente non ne venne proibita la produzione ed il possesso. Le armi chimiche sono uno strumento a basso costo di produzione ed altamente efficace contro popolazioni civili o eserciti non addestrati, e non a caso vengono anche chiamate “l’atomica dei poveri”. Per questi motivi nel dopoguerra gli Stati fecero a gara nel perfezionare i gas esistenti e la Germania nazista, forte della più importante industria chimica al mondo (di cui l’attuale Bayer era parte principale), sviluppò nuovi tipi di gassuperiori rispetto alle altre nazioni. Tuttavia non vi furono scontri chimici tra i belligeranti durante la seconda guerra mondiale, questo perchè Hitler era erroneamente convinto che anche gli alleati avessero gas potenti quanto i nervini e temeva ritorsioni sul popolo tedesco. Quindi, durante il secondo conflitto mondiale non vi furono guerre chimiche più che altro per deterrenza ed errori di intelligence, e non in nome del diritto internazionale. L’utilizzo di questi nuovi agenti chimici è avvenuto nella guerra tra Iraq e Iran tra il 1980 e il 1988, in cui l’Iraq utilizzò migliaia di bombe e razzi contenenti gas chimici. Gli effetti di tali attacchi sono testimoniati dal massacro di Halabja, cittadina bombardata dagli iracheni con gas nervini e vescicanti, che hanno causato almeno 5000 vittime e 7000 feriti, per la maggior parte civili.

Oggi la materia è regolata dalla Convenzione sulle Armi Chimiche (CWC) che è formalmente entrata in vigore nel 1997 e firmata da tutti i paesi tranne Sud Sudan, Egitto (che ha usato armi chimiche in Yemen negli anni 60′) e Nord Corea. L’Israele ha firmato ma non ratificato la convenzione, mentre la Siria ha ratificato solamente su iniziativa russa per risolvere la crisi internazionale del 2013, provocata dall’attacco chimico di Ghuṭa. A differenza delle precedenti, questa convenzione vincola i paesi membri alla distruzione del proprio arsenale chimico, sancendone definitivamente il bando completo. Inoltre ha istituito l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC), che ha lo scopo di sorvegliare l’adempienza dei paesi membri con la convenzione attraverso ispezioni presso i loro centri di produzione chimica. Secondo l’OPAC nel 2015 si era distrutto il 90% della produzione mondiale di armi chimiche. Tale successo viene spiegato da molti studiosi a causa della poca efficacia militare contro eserciti regolari, molto inferiore a quella delle armi convenzionali moderne, rendendo quindi disinteressati gli Stati al loro utilizzo. Rimangono comunque grossi dubbi sulla reale eliminazione di guerre chimiche, specialmente legate al terrorismo. Le armi chimiche possono continuare a giocare un ruolo anche tramite il “conflitto chimico improvvisato”, ovvero bombardamenti mirati a depositi chimici in modo da farne uscire gli aggressivi chimici avendo così lo stesso effetto. Sebbene si prevede una continua riduzione dell’uso degli agenti chimici soprattutto a livello statale, rimane il pericolo della produzione e possesso di armi chimiche da parte di gruppi terroristici.


LETTURE E APPROFONDIMENTI: