23/11/24
Giornalisti: Allegra Mercuri
Tecnici: Elena Picchietti
23/11/24
Giornalisti: Allegra Mercuri
Tecnici: Elena Picchietti
Che scuola ha frequentato?
Questo stesso liceo scientifico.
Che tipo di studente era?
Non uno studente modello, diciamo non una “secchia”, anzi. Studiavo abbastanza poco, però ero piuttosto interessato alle lezioni e quindi mi bastava ascoltare quello che si diceva in classe, così avevo poco bisogno di studiare.
Da dove è nata la sua passione per la filosofia?
E' nata proprio durante il liceo. Ricordo che durante il terzo, quindi proprio all'inizio, con un amico siamo andati a Cesena per seguire, anche se era di sera, un importante festival di filosofia, per poi dormire in stazione. Avevamo 16 anni e già era nata questa passione qui, merito anche dei docenti che abbiamo avuto, davvero molto bravi.
E invece il desiderio di insegnare?
Praticamente ho sempre insegnato nella mia vita, anche quando non ero professore di filosofia, perché ho iniziato insegnando pianoforte, musica, educazione musicale nelle scuole elementari: in sostanza, insegno da quando avevo 24-25 anni. Ho insegnato in tutti i gradi della scuola italiana, dalla scuola per l'infanzia all'università.
Quali sono una o più figure di riferimento nel suo percorso come professore?
Ho conosciuto qualche collega, che è stato anche un punto di riferimento, i miei stessi insegnanti di filosofia del liceo lo sono stati, però nella mia quotidianità prendo spunto dalla concezione generale che ho della scuola, che ricavo dalle mie letture di importanti pensatori: secondo me sono sufficienti a tracciare un percorso che può risultare valido.
Un filosofo che la appassiona particolarmente?
Per molto tempo sono stato un nietzschiano, quindi per almeno 15 anni della mia vita è stato Nietzsche il filosofo di riferimento, negli ultimi 5-10 anni è stato però sostituito dalla figura di Heidegger, anche in seguito al mio interesse per la storia europea di inizio ‘900.
Lei insegna sia storia sia filosofia: verso quale si sente più incline?
Mi appassionano entrambe le materie, però ultimamente ho cercato di conciliarle muovendomi nell’ambito della storia del pensiero, che mette insieme le due cose. Anche per la mia ricerca di dottorato infatti il tema è stato il rapporto tra Heidegger e il nazionalsocialismo. I due aspetti si intrecciano e non è facile distinguerli, nel senso che la filosofia comunque risente delle situazioni storiche e la storia è a sua volta influenzata dal pensiero dei filosofi. In quest’ottica, come ho già detto, ultimamente la mia zona di ricerca è la prima metà del Novecento, sia dal punto di vista filosofico che storico.
Qual è la sua opinione sul sistema scolastico attuale? Cosa funziona e cosa, invece, potrebbe essere migliorato?
Ho scritto un libro, il mio penultimo, dal titolo La scuola a modo mio: insegnare nell'epoca dell'omologazione. In questo saggio, affronto proprio questo tema.
Sostanzialmente sono abbastanza critico sullo stato della scuola oggi e penso che gran parte delle difficoltà odierne sia da attribuire alla politica, ma anche al corpo docente che secondo me spesso non è adatto alla funzione che dovrebbe svolgere per una serie di motivi, che ora sarebbe impossibile affrontare e che tratto largamente nel mio libro.
In generale, penso che ci sia poca attenzione alla figura dello studente che viene considerato, mi riferisco alle superiori, quasi come un bambino delle elementari o delle medie, subendo programmi calati dall’alto, senza consapevolezza delle motivazioni per cui valga la pena studiare quell'autore o quell'accadimento storico. Quindi la scuola è un po' fine a sé stessa, sviluppa delle competenze che purtroppo non sono quelle che saranno poi utili ad avere successo nella vita.
Vorrei anche aggiungere che il Liceo in particolare dovrebbe concentrarsi più sulla formazione della mente dello studente che occuparsi di riempirla di contenuti più vari possibili. Ecco, secondo me è più importante mantenere l'attenzione sul metodo piuttosto che sul contenuto, soprattutto oggi, in un'epoca in cui il contenuto è sempre alla portata di tutti attraverso l'intelligenza artificiale o i semplici motori di ricerca.
Quali competenze ritiene fondamentali per i ragazzi del 21° secolo che la scuola dovrebbe insegnare di più?
La competenza più importante da sviluppare è una propria mente critica, e la scuola secondo me deve avere come primo obiettivo la formazione di una persona che sia in grado di ragionare con la propria testa, soprattutto in un momento storico come il nostro. Infatti oggi c'è molta pressione e molta manipolazione da parte dei media, ma anche del potere politico ed economico nell’indirizzare e creare i desideri e i bisogni dei giovani. Quindi è essenziale che un ragazzo oggi sappia capire i messaggi che riceve e rielaborarli, per crearsi una sua personale opinione. Questo ovviamente può essere fatto soltanto stimolando la sua capacità di analisi e di giudizio, piuttosto che reprimendola perchè deviante, scomoda o “politicamente scorretta”. Io vedo spesso nella scuola che chi non si allinea al pensiero dominante viene in qualche modo penalizzato.
Lei ha scritto un libro sulla scuola: qual è il messaggio principale che spera di trasmettere con questo libro?
L’obiettivo appunto, come ho detto, è di far riflettere soprattutto gli insegnanti sulla possibilità di una scuola diversa, una scuola come la intendo io, in cui si faccia autovalutazione, in cui non ci siano le interrogazioni a sorpresa, in cui l'insegnante non è un censore o un gendarme che deve cogliere impreparato l'alunno. Tutta una serie di principi che però purtroppo mi rendo conto di essere tra i pochissimi a seguire. Vedo che a pensarla così sono tra i pochi docenti nel nostro istituto.
Lei come vede il futuro dell'educazione con l'avvento delle nuove tecnologie e dei cambiamenti sociali?
In generale non sono ottimista: ho visto che i ragazzi sono pronti dal punto di vista teorico a raccogliere alcuni rischiaramenti, alcune illuminazioni che potrebbero cambiare la situazione, che non è positiva, però vedo che la scuola può poco contro l’influenza del resto della società, che rappresenta una fetta maggiore della vita del ragazzo. Quindi, anche se i ragazzi a scuola fortunatamente, magari incontrando un docente preparato o valido anche dal punto di vista umano, riuscissero in qualche modo ad aprire gli occhi su alcune situazioni, è purtroppo vero che nel resto del loro tempo sono sottoposti ad altre pressioni, altre visioni. Basti pensare alla continua presenza del ragazzo sui social o comunque online, che fa sì che questo ritaglio di tempo in cui potrebbe aumentare la propria consapevolezza sia in qualche modo “annullato” dal resto dei condizionamenti.
C'è un episodio o una lezione in particolare che ricorda come un momento cruciale nel suo percorso professionale?
Ce ne sono tante, però sicuramente la mia migliore lezione è stata quella che mi ha causato la sospensione per un mese dall’insegnamento. Anche se non era una mia lezione diretta e non stavo facendo lezione in aula, col mio intervento credo di aver esemplificato quanto, anche dal punto di vista filosofico, da Giordano Bruno a Spinoza, ho sempre proposto ai miei allievi, con riflessioni sulla libertà d'opinione. Secondo me, con quella mia opposizione alla censura, o comunque all'imposizione di una certa idea, una certa visione del mondo storico-filosofico, ho voluto proprio testimoniare, non soltanto a voce ma coi fatti, che questi contenuti sono importanti per ciascuno di noi, non solo a scuola o a livello teorico.
Quali sono i suoi hobby al di fuori della vita da professore?
A parte scrivere libri, articoli, fare conferenze un po' in giro per l'Italia, attività che faccio ormai da una decina d'anni in maniera continuativa, gioco ancora a calcio un paio di volte a settimana, a seconda se riusciamo a mettere su le squadre o meno. Sono anche un agonista di biliardo, specialità stecca. Ovviamente, poi, ho anche una famiglia.
Qual è un messaggio o un consiglio che vorrebbe lasciare a tutti noi ragazzi?
Forse mi ripeto, ma il mio consiglio è di cercare a tutti i costi di avere coraggio di sostenere quello che pensate, fregandovene anche delle conseguenze, per una questione ideale ma anche soprattutto estetica: una vita in cui io non ho il coraggio di portare avanti quello che penso, dimostra che le cose che penso o non valgono niente o non valgo niente io, e una vita pavida e eterocentrata non è una vita degna di essere vissuta.
Penso che i ragazzi debbano essere educati alla testimonianza, alla lotta sotto tutti i punti di vista per l'affermazione di ciò che credono. Ciò non significa portare avanti acriticamente in maniera pregiudiziale la posizione che hanno in quel momento: ovviamente c'è sempre una revisione continua di ciò che si pensa, delle posizioni assunte in un certo momento, però in generale questo coraggio, questa decisione è qualcosa che va tenuto al centro.