07/02/24
Giornalisti: Filippo Barbagallo, Greta Gattini
Tecnici: Claudia Rosa
07/02/24
Giornalisti: Filippo Barbagallo, Greta Gattini
Tecnici: Claudia Rosa
“Nomen omen” dicevano i latini ormai diverso tempo fa, tuttavia, ancora oggi, questa espressione conserva la propria veridicità, ancor più se accostata al terzo intervistato di Conosciamoli, il professor Matteo Palazzi, classe 1978, laureato, a sostegno della suddetta massima, in architettura e, attualmente, professore di Disegno e Storia dell’Arte in alcune classi di Scienze Applicate.
Uno spirito e approccio artistico che è ampiamente emerso anche nel corso dell’intervista, un’intervista in cui si è spaziato dalla Rolls Royce all’Impressionismo, dalla Germania alla Svezia per arrivare, infine, a Civitanova, grazie ad un “sogno” degno di essere letto, compreso e sostenuto, con l’auspicio di una sua imminente realizzazione.
Per cominciare, in quali classi insegna?
Insegno in tutte classi delle sezioni M e L.
Qual è stato il suo percorso scolastico?
Alle scuole superiori ho frequentato il Liceo Classico per poi optare, all’università, per Architettura.
Poi, dopo Architettura?
Svolsi, ben presto, varie esperienze all’estero: dapprima lavorai a Berlino, in un grande studio di ingegneria (Watergy) e poi in Svezia,a Kristinehamn, per la Rolls Royce AB, dove il mio compito era disegnare componenti di motorini marini (marinepropulsion system)
Andando nello specifico, a cosa è dovuta una scelta non comune come Architettura?
Principalmente a due motivi.
Il primo è legato all’essere cresciuto vicino ad un architetto, svolgendo mio padre tale professione, fatto che, in un modo o in un altro, ha sempre contribuito a farmi appassionare a quel lavoro.
Il secondo, invece, è perché mi pareva affascinante la creatività alla base di questa disciplina e la sua peculiarità intrinseca di connettere scienza e arte, o, in senso più ampio, discipline scientifiche e umanistiche, lasciando comunque grande spazio alla creatività e alla concretezza.
E la scelta, invece, di fare il professore?
Direi che è dovuta, principalmente, ad una mia vecchia esperienza: stavo da poco cercando la mia strada nel mondo della libera professione e, in quel periodo, ebbi l’opportunità di coadiuvare nello studio, presso i Salesiani di Macerata, alcuni ragazzi.
Notai che mi piaceva molto e, al tempo stesso, ne ero anche capace. Dopo un po’ di tempo e dopo il corso abilitante TFA decisi di partecipare ad un concorso e lo vinsi, entrando, così, nel mondo della scuola.
Ma come si coniugano due lavori così articolati e impegnativi?
Si può fare, anche se attualmente non li svolgo entrambi, prediligendo, chiaramente, quello di professore.
La libera professione, infatti, a mio avviso, risulta essere molto stimolante, ma, al tempo stesso, impegnativa, poiché, privandoti di tempo, ti priva anche di numerose altre esperienze.
In ogni caso, coltivo altri progetti di carattere artistico e creativo, legati al mondo della scrittura, quello della poesia e a quello della fotografia.
Retrocedendo nel tempo, che tipo di alunno era?
Ero un alunno diligente e studioso, ma, nonostante ciò, non mi sono mai troppo preoccupato delle valutazioni, o meglio, mi interessava ottenere bei risultati, ma qualora ciò non si fosse verificato non sarei andato in crisi per questo; l’importante, per me, è sempre stato apprendere il più possibile per poi plasmarlo in base ai miei interessi.
Il suo primo ricordo da prof?
Ricordo l’emozione e il desiderio di far bene.
La classe era una prima media, in una scuola privata, e ricordo ancora la necessità dei ragazzini, impressa sui loro volti, di essere capiti e aiutati.
Cos’è fondamentale, secondo lei, per la riuscita di una buona lezione?
Per me è basilare cercare il dialogo con gli studenti, così da arricchirsi a vicenda e da potenziare l’efficacia delle lezioni.
L’insegnamento è bello soprattutto per questo, per la possibilità di interagire, di scambiarsi pareri, di riflettere assieme, cosa non garantita e non consueta in molti altri lavori.
Ritornando alla sua professione iniziale, in che modo l’arte influisce sulla nostra vita?
L’arte ha da sempre un’enorme influenza sull’intera umanità: è qualcosa che riguarda tutta l’esistenza umana, infatti non si tratta solo di pittura e di scultura, ma anche di musica, letteratura, cinema, fotografia, scienza e tecnologia. Ha a che fare, dunque, con la vita stessa.
Oggi consiglierebbe un percorso artistico?
Sì, lo consiglierei; infatti non dobbiamo pensare all’arte come un piccolo comparto: essa ha varie declinazioni; io, ad esempio, ho scelto architettura, che mi ha aperto, poi, molte porte nell’ambiente lavorativo.
Ad oggi esistono moltissime facoltà e moltissime professioni che consentono di lavorare in campo artistico, sia esso anche tecnologia o mondo aziendale. L’importante, ad ogni modo, è vivere con passione e in modo completo le proprie esperienze.
Qual è la sua corrente artistica preferita?
Sicuramente l’Impressionismo: lo scelgo per affetto personale, per i ricordi che mi richiama alla mente e anche per un piacere visivo.
Infatti è un vero e proprio linguaggio, è un modo di vedere e descrivere il mondo che ritengo molto affascinante e che ha contraddistinto un periodo storico divenuto corrente artistica.
Seguo con piacere, poi, anche l’arte contemporanea, che rivedo anche nel cinema, nella fotografia e nella musica.
Chi è il suo artista preferito?
La domanda ha diverse risposte: Monet per quel che riguarda l’Impressionismo; Michelangelo, per il Rinascimento, per il modo sublime in cui è riuscito a descrivere, a tratteggiare le anatomie umane e a rendere le opere pittoriche e scultoree opere organicamente vive di vita propria; mentre, pensando all’arte contemporanea, mi interessano molto il movimento della Land Art e, per quanto riguarda la Pop Art, Andy Warhol, la Factory e i personaggi che gravitavano intorno a quella realtà entusiasmante (compresi i musicisti come i Velvet Underground).
Per concludere, quale sarebbe un suo sogno?
Mi piacerebbe riuscire a coinvolgere i ragazzi nel realizzare un progetto museale nel territorio di Civitanova Marche, dove possano essere esposte opere e dove i giovani possano ritrovarsi per trascorrere il loro tempo ed esprimere la propria arte.
Una struttura che, dunque, racchiuda in sé anche l’identità stessa della città, che è un’identità legata al suo porto e, più in generale, al rapporto con la costa e col mare Adriatico.