16/12/2025
Giornalisti: Elena Zefferini
Tecnici: Beatrice Perugini e Valentina Garbuglia
16/12/2025
Giornalisti: Elena Zefferini
Tecnici: Beatrice Perugini e Valentina Garbuglia
Riservato, eppur brillante nella sua pacatezza, Davide Garbuglia, docente di latino e greco, è uno dei volti più amati del nostro Liceo Classico. La sua capacità di suscitare negli studenti una curiosità spontanea e di illuminare il testo antico, restituendogli nuova vita, è la qualità che lo rende davvero unico. Insieme a lui, infatti, secoli lontani e lingue apparentemente morte si trasformano in una preziosa lente per osservare il presente. Durante l’intervista si è rivelato un interlocutore sorprendente ed ironico: non solo un docente concentrato sul mondo classico, ma un uomo dallo sguardo acuto, attraversato da mille passioni.
Che tipo di studente era da ragazzo?
Da bambino molto riservato e attento, mi piaceva la scuola. Alle medie ero più irrequieto, ma interessato: mettevo al primo posto le mie curiosità, ero un lettore onnivoro. Durante il primo anno di Liceo sono stato un alunno molto diligente, studiavo circa 4 ore al giorno. Dal secondo, anche per altri interessi nati in quegli anni, ho cominciato a studiare meno e in maniera più disordinata, ma ci tenevo comunque a far bene.
All’università quale facoltà ha frequentato e cosa l’ha portata a questa scelta?
Ho frequentato la facoltà di Lettere classiche, scelta così, all’ultimo secondo perché avevo valutato la possibilità di iscrivermi anche a Ingegneria oppure a Chimica o ancora a Lingue. Ho scelto Lettere, data la mia passione per la contemporaneità, la musica, e il cinema. Mi erano state consigliate Lettere moderne a Bologna, dove ci sarebbe stato un insegnamento specifico di Storia del cinema, però poi ho ripiegato per Macerata, e a quel punto ho ritirato fuori l’interesse per la traduzione del Latino e del Greco.
La curiosità è naturale: cosa preferisce tra greco e latino?
Forse latino, ma di poco. Il Latino lo preferisco leggermente, solo perché mi piaceva molto da studente: allora, per esempio, mi divertivo a tradurre cose strane in latino maccheronico, ora, però, da insegnante metterei le due materie sullo stesso piano.
Se potesse incontrare un personaggio storico o letterario a suo piacere, chi vorrebbe conoscere? Cosa gli chiederebbe?
Come personaggio vorrei incontrare Socrate e avrei molte domande, soprattutto su come crede si debba fare l'insegnante... e anche il genitore.
C’è stata una figura che l’ha ispirata nel suo percorso scolastico ed anche umano?
Molte, ma una traccia particolare l’ha lasciata il mio professore di Latino all’università, il professor Giuseppe Broccia, l’unico con cui ho instaurato un rapporto anche al di fuori delle lezioni, un rapporto che, in parte, è continuato dopo gli studi. Purtroppo non ho potuto laurearmi con lui, perché per un periodo aveva sospeso l’assegnazione delle tesi agli studenti e, dunque, ho dovuto “sciaguratamente” ripiegare su un altro docente. Ho una grande stima per questa figura, che è stata per me molto importante e che è venuta a mancare da poco.
Cosa l’ha portata a scegliere l’insegnamento piuttosto che un eventuale altro campo di attività?
Non ho mai escluso l’insegnamento, ma nemmeno scelto. Mi sono iscritto a Lettere, ma non è stata la passione per la letteratura a portarmi verso questa facoltà. Sapevo che avrei anche potuto fare l’insegnante, e l’idea non mi dispiaceva. Mi è capitato di dare ripetizioni, anche da ragazzo. Tutto ciò che era legato al cinema, mio grande interesse da sempre, ho continuato a farlo, ma questa passione non è mai diventata una professione. In realtà, quindi, non ho scelto l’insegnamento, è stato un percorso naturale che non ho inseguito fin da subito, ma di cui ad oggi non provo assolutamente pentimento.
Nel decidere il proprio percorso universitario, a suo parere, è meglio scegliere ciò che appassiona o preferire la stabilità economico-lavorativa?
Se c’è una confluenza tra gli interessi e un settore economicamente appetibile, il problema non si pone. Quando c’è divergenza, se la passione ci porta a seguire alcune discipline e la ragione ci spinge, invece, verso altri settori, in quel caso consiglierei di seguire la passione. Oggi è vero ci sono differenze tra settori di impiego, certi campi offrono maggiori occasioni, ma la differenza - in realtà - non è così marcata. A questo punto, quindi, sempre meglio scegliere qualcosa che ci piace, perché ci accompagnerà nel nostro futuro, ed è importante è far valere le nostre passioni ed i nostri interessi.
Cosa pensa della sindrome da perfezionismo tanto diffusa tra gli studenti?
Da insegnante posso solo dire che bisogna evitare stress ed ansia, che a volte possono essere pericolosi. Cercare di migliorare sempre è un atteggiamento positivo, se associato a una persona che è comunque contenta di quello che fa. A volte quando si coniuga con un’”incontentabilità” , un’insoddisfazione fuori misura, consiglierei di provare a pensare che le cose si possono fare anche in maniera non perfetta. La ricerca del meglio non deve essere un limite allo star bene.
Come vorrebbe essere ricordato dai suoi alunni?
Come un insegnante, che è riuscito a trasmettere l’interesse, l’amore per il sapere. Mi piacerebbe si pensasse che io non giudico mai la persona, ma al massimo una prova scritta o orale.
Un libro che tutti dovrebbero leggere almeno una volta nella vita? E un film?
La coscienza di Zeno, di Svevo, perché è un romanzo che insegna un pochino a vivere e a guardare gli altri e se stessi con maggiore indulgenza, e lo fa con una scrittura superlativa e piena di ironia. Ce n'è sempre bisogno.
Come film la scelta è difficile: direi Il sorpasso di Dino Risi, perché è una grande storia, ambientata nell’Italia degli anni Sessanta, in un contesto storico importante, ma soprattutto una riflessione universale sui rapporti umani come l’amicizia… È in realtà un film molto “amaro”, però ci fa comprendere l’importanza che attribuiamo a certe cose e come la vita a volte ci sorprende, anche in negativo.
Quando uno studente non riesce nelle sue materie cosa consiglia di fare?
Dipende dall’anno di corso: fino all’estate tra terzo e quarto consiglio ancora di insistere, di lavorare soprattutto sulla grammatica, anche italiana, sulle strutture essenziali che costituiscono un testo. Sono convinto, però, che negli ultimi due anni, laddove ci siano dei problemi in tal senso, accanirsi su queste cose spesso sia solo frustrante. A quel punto la soluzione migliore è mettersi l’anima in pace. Avere difficoltà nel confrontarsi con la lingua non significa essere sciocchi: sono materie complesse e la traduzione non riesce sempre facile a tutti. E lì, allora, si deve andare avanti anche per buon senso, concentrandosi magari sullo studio della letteratura e di altri aspetti connessi ai testi. È utile, soprattutto nell’ultimo anno, cominciare a pensare al futuro, anche se l’obiettivo rimane mantenere solido il percorso scolastico e raggiungere sempre la promozione.
Spesso si sente dire che chi è capace in matematica, lo è anche in latino e greco: cosa ne pensa?
Ovviamente ci sono delle eccezioni, ma in generale sì, perché l’aspetto logico del ragionamento, per cui per tradurre devi fare ipotesi, valutarle, per poi applicarle alla realtà, è un procedimento mentale, necessario sia alla matematica sia al latino e al greco. Può capitare, poi, che qualcuno sia molto logico e riesca in matematica, ma non abbia una base linguistica legata al significato delle parole e quindi si perda nella traduzione. In linea di massima, comunque, sono convinto di questo anche io.
Perché i ragazzi dovrebbero scegliere l’indirizzo classico? Quali sono i pro e i contro?
I contro non ci sono! Se non, a volte, l’eccessiva attenzione per alcune materie, quelle umanistiche. La forza di questa scuola è da sempre stata la complementarità di tutte le discipline, il lavoro sinergico sulle competenze di base che un ragazzo potrà spendere nei percorsi futuri: comprensione dei testi, logica, conoscenza storica…
Ci sono miti o luoghi comuni sul liceo classico che vorrebbe sfatare?
Sì, ovviamente. Non è la scuola in cui si devono trascorrere dieci ore al giorno sui libri, non bisogna essere dei secchioni per poterla frequentare. È vero che alcune materie - Latino e Greco - nella maggior parte dei casi richiedono in termini di tempo un po’ di più rispetto alle altre. È anche da sfatare il mito che le attività extrascolastiche siano da abbandonare: molti ragazzi, che frequentano questo indirizzo, riescono a portare avanti tranquillamente anche altre attività.
A suo parere la scuola dovrebbe incoraggiare gli studenti a farsi un’opinione politica? Ed è possibile educare alla politica senza fare propaganda?
Sì, secondo me lo dovrebbe e lo può fare, anche rimanendo nelle materie. Ovvio, alcune si prestano di più altre meno. Io ad esempio ci tengo sempre a far sì che i ragazzi vedano la politica come una cosa importante, che non la sviliscano, che non siano disinteressati, che non pensino che i politici siano tutti uguali. Per me la cosa più grave negli ultimi anni è l’astensionismo politico sempre crescente, dovuto anche al fatto che la politica viene vista come una realtà lontana: la politica possiamo essere anche noi! Bisogna cercare di far capire a scuola, al di là dei partiti, che chi fa politica lo fa con uno spirito di servizio alla comunità.
Cosa pensa del sistema scolastico attuale? C’è qualcosa che vorrebbe cambiare o che le piace particolarmente?
A me continua a sembrare buono nel complesso. Forse c’è una frammentazione di indirizzi eccessiva, soprattutto nell’ambito tecnico. È giusta l’autonomia degli istituti: ogni scuola può e dovrebbe avere la possibilità di cambiare in parte il curriculum con piccole variazioni. Anni fa si parlava di un biennio comune alle superiori, non sono propriamente d’accordo, però una maggiore vicinanza tra i vari indirizzi dovrebbe esserci, anche perché la specializzazione si fa dopo. Nel complesso rispetto anche ad altri paesi in Italia si esce con una buona preparazione.