30/05/24
Giornalisti: Greta Sergi
Tecnici: Paolo Canala
30/05/24
Giornalisti: Greta Sergi
Tecnici: Paolo Canala
Ciao Aulo, oggi come stai?
Oggi è una giornata un po’ movimentata. Qui lo è sempre, perché siamo all’ingresso,ma il venerdì lo è ancora di più visto che il personale n'è di meno, diviso tra mattina e pomeriggio. Ad esempio oggi o sto da solo o massimo con un’altra persona, quando di solito siamo in tre.
Come sei arrivato a lavorare qui al liceo?
È stato un susseguirsi di eventi: ero il responsabile di un supermercato, un bel lavoro che mi piaceva molto, buono anche sotto l’aspetto economico. Però poi diversi supermercati non andavano più molto bene, hanno iniziato a chiudere in diversi, tra cui il mio. Sono stato messo in mobilità, e dopo un po’ sono stato preso come collaboratore scolastico a Fermo. Quando ho conosciuto mia moglie, di Civitanova, ho chiesto il trasferimento e sono andato a lavorare al liceo vecchio nel 2000. Sono ventiquattro anni che lavoro qui.
Qual è l’aspetto che ti piace di più del tuo lavoro? E quello che ti piace di meno?
Stare con i ragazzi, chiaramente. È qualcosa che gratifica, dà energia e rende il lavoro più facile e agevole. Pensa che all’inizio non mi piaceva molto, perchè il mio lavoro precedente era totalmente diverso, lavoravo il doppio e avevo molta più responsabilità. Ma il fatto di stare con i ragazzi è bellissimo. Certo, ci sono pro e contro: la scuola è grande, ci sta che con qualche collega o insegnante ci si prenda meno, sono cose che sono dappertutto e vanno accettate.
Com’era l’Aulo adolescente?
Aulo adolescente era una persona molto vivace, molto viva, difficile da controllare. Vengo da una famiglia di cinque figli maschi, era difficile tenerci per mio padre e mia madre…con me hanno avuto ancora più difficoltà. Ho lasciato la scuola dopo due anni di ragioneria, intanto giocavo a calcio. Ero un po’ un pazzo scatenato. Niente di pericoloso, solo che mi piaceva divertirmi. Ho avuto diverse storie, ma non mi volevo mai legare a qualcuno, fino a quando non ho conosciuto mia moglie. Ero peperino, insomma.
Invece adesso che hobby, che passioni hai, al di fuori del lavoro?
Adesso le passioni sono i miei figli: vado dietro a loro, specialmente al più piccolo che gioca a basket, lo accompagno sempre.
Il matrimonio ti cambia, quindi determinate passioni cominciano a sfumare.
È rimasta quella di incontrare gli amici: loro hanno le moto, io no, ma andiamo spesso in giro insieme. Prima viaggiavo molto, mi piaceva tantissimo: ho chiesto pure dei prestiti in banca pur di partire, a volte, anche se comunque nella mia vita ho lavorato molto. In fabbrica e anche in discoteca dove il venerdì, il sabato e la domenica facevo il barista.
Diciamo che ho vissuto la vita, anche se a volte ho avuto problemi con i miei genitori: poteva succedere che in una settimana tornassi a casa cinque volte alle cinque del mattino, capitavano dei litigi. Ma nonostante questo ero il cocco di babbo!
Passiamo a domande più tecniche: secondo te cos’è che non funziona nella scuola italiana oggi, e cos’è che cambieresti?
Non posso dire che la scuola abbia tutti questi difetti da cambiare: secondo me può andare bene così, anche guardando all’estero. Ogni paese ha il suo modo di studiare, non ho critiche da fare al sistema italiano. A voi ragazzi dà molto spazio, anche qui al liceo avete la possibilità di fare moltissime cose. Se dovessi criticare qualcosa direi solo che gli insegnanti dovrebbero avere un po’ più di polso con gli studenti, insegnare loro più rispetto per le cose e le persone: credo che la scuola sia anche un luogo dove si impari l’educazione, i valori.
C’è mai stato un momento in cui hai detto “questo lavoro non fa per me”?
Sì, è capitato. Sono una persona molto calda, con dei principi, e se qualcosa non mi garba ho difficoltà a trattenermi. In certe situazioni qui al lavoro però mi sono dovuto contenere e mi ha dato fastidio. Purtroppo in questi momenti l’ho pensato. Ma a parte questo, il lavoro mi piace molto: mi gratifica, ricevo rispetto e stima, e questo mi fa bene. Al lavoro ci credo molto e quindi cerco sempre di farlo nel migliore dei modi.
Immagina il luogo in cui ti senti più in pace: dove sei?
Su una bella collina con la vista sul mare, mi piacciono questi panorami, un bel posto sereno, isolato. Ogni tanto penso agli eremiti, che mi piacerebbe stare al di fuori di tutto e di tutti.
Sicuramente tu vivi la vita del liceo a 360°: qual è un episodio a cui hai assistito o che hai vissuto che ti è rimasto particolarmente impresso?
C’è stato un momento quasi da pelle d’oca. C’era un’insegnante a cui ero molto affezionato, un giorno è entrata qui e sapevo che non mancava molto. Mi ha abbracciato piangendo, sarebbe andata a curarsi ma non è più tornata. Le volevo tanto bene, era brava, rispettosa, non l’ho più dimenticato.
Passando a quelli più divertenti, ce ne sono tanti. Al liceo vecchio ad esempio c’era un insegnante molto stravagante, che un giorno venne da me, bassissimo, con una sciarpa che sarà stata due metri e mezzo arrotolata fino al collo ma che comunque gli arrivava alle ginocchia, già faceva ridere. Era fine scuola, faceva caldissimo ed era rosso peperone. Mi chiese dove fosse una classe, nonostante fosse letteralmente di fronte a noi. Quando glielo dissi, mi guardò e rispose “Grazie! Non l’avrei mai trovata!”.
Qui invece c’era un’insegnante che tutte le mattine passava in portineria a chiederci qualcosa: era talmente abituata ad entrare che delle volte veniva e neanche sapeva cosa dovesse chiederci!
Ultima domanda: qual è un messaggio o un consiglio che vorresti lasciare a tutti noi ragazzi?
Adesso i genitori non si devono confrontare solo coi figli, ma anche con tutto quello che c’è intorno, con la società. Il consiglio che vi dò è di non far entrare la società o quello che vi circonda in voi: affacciatevi su quello che vi sta intorno, ma non fatelo entrare in voi, perché vi cambia. Capiteranno momenti brutti, ma vi consiglio di viverli, allo stesso modo di quelli belli. Sono dell’idea che la felicità è un attimo, mentre lo star bene con sé stessi, con gli altri, è la vera felicità, ed è anche questo che dovreste vivere, insieme alle cose brutte. Se devi piangere, piangi, io ho pianto, ma non devi esserne schiavo: nel momento in cui diventiamo schiavi del dolore è difficile ricominciare, però sì, bisogna viverlo. Se incontri un cane e ti giri e scappi via, ti prende e ti morde, se ti fermi e lo guardi, può essere che non ti fa niente, e così è la vita. Se affronti qualcosa di brutto, alla fine, anche se ci vuole tempo, scema da solo, ed è lì che si matura e si cresce.
Inoltre penso che i giovani debbano lavorare sui valori: l'amicizia, l’amore, sono fondamentali. Io ai miei figli ho insegnato che ci sono tre cose obbligatorie: rispetto, educazione e lealtà. Con queste tre cose avete il valore, e una volta che avete il valore, se lavorate su voi stessi, per imparare anche a stare bene da soli, è fatta.