27/05/24
Giornalisti: Greta Sergi
Tecnici: Paolo Canala, Ezechiele Bartolini
27/05/24
Giornalisti: Greta Sergi
Tecnici: Paolo Canala, Ezechiele Bartolini
“Dove si disperde, infine spento, il canto della Morte?”: le ultime parole di “Coefore”, secondo capitolo della trilogia tragica di Eschilo, l’Orestea, intrise di pathos, disperazione e dubbio, risuoneranno nell’auditorium del liceo, allestito come un teatro greco. Un lungo drappo di stoffa a fare da scenografia, su una tomba si accendono delle candele; la scena sa di lutto, dopo poco saprà di vendetta.
Portare la tragedia a scuola non è un lavoro facile: Luigi Moretti, regista e attore che si occupa del laboratorio teatrale per il potenziamento dei quarti del liceo classico da ben sette anni, lo sa bene. Eppure, nonostante le difficoltà, il risultato è sorprendente e commovente: ci trasporta in un passato non troppo lontano, ma allo stesso tempo quasi surreale.
L’opera, ambientata dopo la guerra di Troia, in questa rivisitazione (dalla rilettura di Pier Paolo Pasolini) si svolge dopo la seconda guerra mondiale, in uno scenario di distruzione in cui i pepli bianchi sono sostituiti da veli neri, in cui non si impugnano spade ma si imbracciano fucili, e alla radio risuonano canzoni che tanto contrastano col clima di soprusi che si respira.
Dopo una breve presentazione della docente coordinatrice Maria Grazia Baiocco e di Luigi Moretti, inizia la messa in scena e subito salta all’occhio chi è il vero protagonista: il coro di coefore, consigliere e complici dei delitti che si continuano a compiere. Dopo l’uccisione di Agamennone da parte di Clitmnestra e del suo amante Egisto, la figlia Elettra, svuotata dalla mancanza del padre, e il figlio Oreste, ritornato in patria dopo un esilio di dieci anni, vogliono vendicarsi. Però il popolo, che parla tramite le coefore, non può giustificare quello che è un vero e proprio matricidio. Oreste diventa quindi un eroe colpevole, un assassino innocente.
I ragazzi del 4a e del 4b classico sono riusciti a rappresentare tutta la sofferenza contenuta nella tragedia, dimostrando che è possibile tirare fuori talenti inaspettati e, con tempo e impegno, trasmettere emozioni così profonde.
Appena concluso lo spettacolo con quella dolorosa domanda, uno scroscio di applausi riporta alla realtà; gli attori sono sciolti da tutta la tensione e possono prendersi tutti i complimenti per essere riusciti a mettere in scena le luci e le ombre dell’umanità grazie all’eterno e immortale strumento quale è la tragedia greca.