01/10/24
Giornalisti: Victoria Pantanetti e Ludovica Pizzuti
Tecnici: Paolo Canala
01/10/24
Giornalisti: Victoria Pantanetti e Ludovica Pizzuti
Tecnici: Paolo Canala
“Ma sì, prendiamoci un caffè uno di questi giorni!” Quale modo migliore di scambiare due parole con qualcuno, se non davanti a una tazzina di caffè? Ispirandosi ai caffè letterari del Settecento, è a questo che hanno pensato i ragazzi di Unirà, un collettivo di giovani che organizza iniziative culturali. Venerdì 11 ottobre si è tenuto, presso lo storico bar La Romana di Civitanova, il primo incontro di quella che si prospetta essere una bellissima serie di interviste a personalità di spicco della città. Il primo ospite è stato il dirigente scolastico Francesco Giacchetta del liceo Leonardo Da Vinci. L’idea del caffè è finalizzata a creare occasioni di arricchimento e di dialogo in un contesto alternativo e informale dove parlare per confrontarsi.
Dopo le presentazioni, il preside ha iniziato raccontandoci del percorso che l’ha portato dai banchi di scuola all’essere il dirigente del nostro liceo. Il suo racconto parte in giro per l’Italia: figlio di un militare, si ritrova a doversi spostare continuamente. “Non ho una radice da qualche parte, in realtà una patria forse mi manca, mi è sempre mancata, però probabilmente per questo riesco a trovarmi bene un po’ ovunque”. A causa delle difficoltà economiche della sua famiglia, si ritrova a frequentare un istituto tecnico. “Ero il classico secchione, però facevo copiare; ricordo che una volta un professore mi sorprese a leggere un dialogo di Platone durante la lezione” ci ha raccontato il preside. Decide poi di iscriversi alla facoltà di economia e commercio, seguendo le orme del fratello. Un giorno però, quando il suo professore di matematica gli chiede se legge la pagina di economia del giornale, confessa di saltarla e si rende conto che quella non è la facoltà adatta a lui. Nonostante il malcontento della sua famiglia, cambia università intraprendendo gli studi di filosofia.
Sarà poi un'esperienza di volontariato in una comunità di tossicodipendenti a Gradara a portarlo ad interrogarsi sulla sofferenza umana. Tenta di trovare delle risposte nella religione e approfondisce la questione tanto da aggiungere un dottorato in teologia al suo Curriculum Vitae.
Quando giunge il momento di lavorare, sente che la strada che fa per lui è quella dell'insegnamento.
Dopo diversi anni si siede per la prima volta dietro la cattedra di preside, prima in un istituto professionale, e poi nel nostro liceo.
Eppure insegnare resta ciò che preferisce: il contatto con i ragazzi e la possibilità di trasmettere loro la sua materia con passione ancora gli mancano, infatti se ne ha l’occasione ritorna nelle classi per qualche ora come supplente. Essendo stato dirigente sia di istituti professionali che di un liceo, al nostro preside è stato chiesto cosa pensi dei pregiudizi secondo cui esistano scuole di serie A, e scuole di serie B. Giacchetta smentisce subito queste idee: “Ci sono semplicemente scuole adatte a personalità e attitudini che uno ha o non ha, una scuola per ciascuno. Per fattori sociologici difficili da spiegare, spesso i genitori tendono a pensare che il liceo sia una scuola di rango più alto rispetto alle altre, effetto forse dato da studenti che scelgono gli istituti professionali dopo una serie di insuccessi nella propria carriera scolastica e arrivano a queste scuole con poca consapevolezza e ambizione. In realtà gli istituti tecnici – dice Giacchetta – non sono scuole di serie B ma anzi possono formare grandi menti”. Giacchetta ci da’ un suo consiglio sul percorso dopo il liceo: “Da preside direi di tenere insieme sia i propri sogni e ispirazioni, sia il percorso universitario che offre più possibilità lavorative, da uomo dico di fare una scelta di cuore: l’appagamento che da’ fare un lavoro che ami non ha prezzo”.
La scuola, secondo Giacchetta, potrebbe offrire aiuto agli studenti nella loro scelta con spazi informali e disarmati in cui parlare con i docenti fuori dai ruoli. L’intervista è si è conclusa con una domanda curiosa: “Se domani si svegliasse e fosse ministro dell’istruzione, che farebbe?”. Il nostro dirigente proporrebbe di abolire il valore legale al titolo di studio, difficile però da realizzare perché previsto dalla Costituzione. Ciò inoltre porterebbe all’abolizione della bocciatura e all’introduzione di vari livelli e valutazioni, infatti ai ragazzi sarebbe data la possibilità di frequentare corsi diversi, similmente all’università. Modificherebbe poi il testo unico di legislazione scolastica, datato 1994, poiché in trent’anni il sistema scolastico è cambiato. Ha poi dato la sua opinione sulla nuova riforma, per cui con una valutazione insufficiente in condotta, non si viene ammessi alla classe successiva: “Siccome non voglio giocarmi il mio futuro da ministro – ha detto scherzando - allora risponderò così: abbiamo un vulnus gravissimo, che è il metodo di arruolamento dei docenti, ancora esclusivamente tarato sulle conoscenze, che in un periodo di età evolutiva come questo non basta: il docente dev’essere anche un buon motivatore. La capacità di motivare è anche capacità di ascoltare, di cogliere i segnali, di vedere in alcune provocazioni un grido d’aiuto e non necessariamente una sfida, che nei docenti non sempre è presente. Credo che se ci fosse questa capacità relazionale, non ci sarebbe bisogno di incutere timore con pesanti conseguenze.”
Questa chiacchierata ci ha mostrato il nostro preside sotto una nuova luce, sotto cui noi, abituati a vederlo sfuggente per i corridoi, o impegnato nel suo ufficio, non l'avevamo mai visto. Un'occasione senza precedenti, che non può che farci dire "al prossimo caffè!”