08/11/23
Giornalisti: Greta Sergi
Tecnici: Paolo Canala, Riccardo Spinozzi
08/11/23
Giornalisti: Greta Sergi
Tecnici: Paolo Canala, Riccardo Spinozzi
Aja Monet, in minuscolo come lei preferisce, pluripremiata poetessa americana, varca le porte dell’auditorium del liceo e la prima domanda che ci salta in mente è come abbia fatto ad arrivare qui, da Los Angeles a Civitanova, il sette novembre, a raccontare il suo lavoro a una platea di adolescenti italiani. Dal pulpito dell'Aula Magna non è sempre facile catturare l’attenzione, ma aja ha qualcosa di speciale: intervistata dalla docente di inglese Barbara Poggi, riesce sin da subito a farsi ascoltare, parlando di poesia in una maniera completamente differente da quella a cui ci ha abituati la scuola.
Aja si definisce una surrealist blues poet: si rispecchia fin dagli albori della sua carriera nel genere surrealista e interpreta ciò che scrive accompagnata dalla musica blues, emotiva e intima, perfetta cornice per le sue parole, energiche e vigorose, cariche contemporaneamente di malinconia e vitalità.
Racconta di come è arrivata a poter essere chiamata poetessa a tutti gli effetti: un percorso iniziato alle superiori, dove vinse un talent show e si rese conto che quella sua passione, nata dall’interesse per la lettura e dal supporto di un gruppo di ragazzi nerdy quanto lei, sarebbe potuto diventare un vero e proprio lavoro. Non sempre ha ottenuto il supporto della famiglia ma scrivere era diventato fondamentale per esprimere al meglio la propria interiorità. Il trampolino di lancio è arrivato con la vittoria del Nuyorican Poets Cafe Grand Slam poetry award nel 2007: la vincitrice più giovane della storia, a soli 19 anni.
Ma cosa significa essere poetessa in un mondo in cui, grazie ai social, chiunque può dichiararsi artista? Secondo lei, per esserlo non basta scrivere qualcosa e postarlo, ma bisogna rendere la poesia uno stile di vita: è poeta colui che guarda il mondo e con le sue parole ne tira fuori la bellezza. Aja è così, trasuda poesia in ogni suo gesto e si intravede la luce nei suoi occhi mentre parla di ciò che le sta a cuore.
E lei, che è così impegnata nel sociale, finisce a riflettere sul significato della parola "umanità", che spesso ricorre nei suoi testi, tanto più ora che la visione di immagini catastrofiche, di un'umanita sempre più disumana, dilagano nei social e ci portano a "deumanizzarci", ad assistere all’orrore passivamente in virtù della lontananza degli echi di guerra, dei disastri, delle sciagure perché, in fin dei conti, "se succede lontano non è un mio problema". Eppure in particolare noi giovani, che ci spesso siamo immersi nelle piccole problematiche che ci circondano, siamo in realtà connessi col mondo più di quanto crediamo e bisogna quindi sviluppare un pensiero critico personale per continuare a scandalizzarci di fronte agli orrori del mondo e riappropriarci di questa nostra umanità. Così la poesia è diventata per aja un nuovo modo di raccontare la verità, ciò che per lei è più importante.
La poetessa, guardando negli occhi ogni studente, ci ricorda imperterrita che il futuro siamo noi e lo fa con una fermezza che convince tutta la platea e, tra applausi scroscianti, induce gli studenti del liceo ad avvicinarsi a lei e porle una, due, dieci domande, in un turbinio di curiosità e desiderio di confronto. C’è chi indaga sulle sue ispirazioni poetiche, chi chiede come si faccia a superare il "blocco dello scrittore", chi domanda come trovare il coraggio di buttarsi in qualcosa di nuovo e sconosciuto. La scrittrice, dunque, risponde sottolineando come sia necessario, per crescere artisticamente e non, fare e provare comunque, anche se si ha paura.
Con la sua profonda semplicità, aja monet ha conquistato tutta la platea e ha portato nel nostro liceo un’immagine di poesia che va al di là di metrica e rime, ma è denuncia e libertà: un’arte che veicola al meglio ciò che la nostra interiorità e si interroga sull'umanità che, mai come oggi, rischiamo di perdere.