Scritti di UQA
(Ultra Quarantenni Anonimi)
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Il Secondo Fascismo
U.Q.A. (Ultra Quarantenni Anonimi)
Su «Il Manifesto» del 15 febbraio del 2025 Roberta De Monticelli intitola Alla ricerca del perduto Oriente un testo in cui leggiamo:
C’è qualcosa di terribile nel silenzio con cui filosofi, giuristi, intellettuali specie accademici assistono oggi non solo alla violazione su larghissima scala, ma all’ostentato ripudio, da parte di molti governi occidentali, dei principi di civiltà enunciati nelle costituzioni rigide delle democrazie e nelle Carte del costituzionalismo globale che la seconda metà del Novecento ha prodotto. A esemplificare questo assunto, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Guerre e politiche di escalation bellica illimitata.
Riarmo selvaggio nei programmi della maggior parte dei governi europei, genocidi tollerati alla luce del sole, deportazioni annunciate di interi popoli, respingimenti di massa di migranti e immigrati, detenzioni illegali, razzismo ostentato ai vertici dei governi, attacchi violenti all’indipendenza dei sistemi giudiziari nazionali e al diritto internazionale, asservimento delle politiche pubbliche a enormi concentrazioni di ricchezza privata, privatizzazione dello spazio cosmico, recesso dai pochi vincoli esistenti alla devastazione dell’ecosistema. Assistiamo del resto – come ai tempi in cui fu scritto il famoso romanzo di Camus, La peste – al contagio inquietante con cui il cinismo della Realpolitik, sdoganata ai livelli di governo in alcuni stati democratici occidentali, si diffonde nella sfera dell’informazione e del dibattito pubblico; e al fenomeno complementare del silenzio, della non-partecipazione, quindi dell’apparente indifferenza che vi risponde.
Ma si può tacere quando su un grande giornale nazionale di tradizione progressista si legge, a proposito del piano trumpiano di deportazione di massa della popolazione di Gaza, che si tratta di una proposta, «fuori dagli schemi», e che da parte europea sarebbe segno di «poco coraggio» non prenderla in considerazione (Molinari, Repubblica 13 febbraio)? Oltre certi limiti cinismo o silenzio e indifferenza, i sintomi più classici della «banalità del male», equivalgono a complicità nei crimini: è il fenomeno che Luigi Ferrajoli chiama «l’abbassamento dello spirito pubblico» e il «crollo del senso morale a livello di massa».
Si può tacere? La risposta che l’autrice dell’articolo dà alla sua domanda è ovviamente negativa. Ma andrebbe detto ancora più chiaramente che ciò che ancora manca nella coscienza dell’Occidente è che, oggi, è esso stesso il centro della Peste, come del resto lo fu anche in passato, perché la deriva antidemocratica, questa tendenza che ciclicamente riaffiora nei sistemi democratici occidentali è connaturata ad un tipo di democrazia in cui la sovranità del popolo, pur dichiarata, resta di fatto solo formale e non sostanziale e nella quale, essa risponde, in ultima istanza, solo alla classe dominante. Ottant’anni di pace hanno prodotto l’allucinazione collettiva, esplosa con la fine della guerra fredda e condivisa anche a sinistra, che capitalismo e pace potessero essere compatibili. Questo secondo Fascismo, viene, questa volta, dall’altra sponda dell’Occidente, dagli Stati Uniti, considerata anche in Europa e incomprensibilmente, la più grande democrazia al mondo. E l’americanizzazione dell’Europa, e del globo, è ormai un fatto compiuto.
La seconda guerra mondiale si era chiusa con le bombe nucleari su Hiroshima e Nagasaki. Gli americani erano orgogliosi di aver sventato il pericolo di perdere la corsa al nucleare contro il nazifascismo... ma tutto questo, compreso l'inconcepibile sacrificio di Hiroshima e Nagasaki è stato, a ben vedere, del tutto inutile e ce ne siamo resi conto, quasi all’improvviso ottanta anni dopo, nel momento in cui il secondo fascismo ha conquistato gli Stati Uniti dal suo interno (e con ciò il maggiore arsenale nucleare al mondo) con Trump. Prima di parlare apertamente di deportare i palestinesi Trump ha inaugurato il proprio secondo mandato con una foto di deportazione di immigrati messicani, giusto per essere chiaro. Purtroppo però la deportazione, concetto osceno portato al massimo livello dai nazisti nel ‘900, era già cominciata, in tempi attuali e su larga scala, in Palestina ad opera del criminale di guerra Netanyahu, primo ministro del popolo oggetto della deportazione nazista, foraggiato e coperto dallo sclerotico Biden (ottimo rappresentante dei valori dell’occidente attuale) ben prima dell’avvento del despota danzante col berretto. Bisognerebbe chiedersi se la seconda guerra mondiale sia mai veramente finita, soprattutto alla luce della tabula rasa compiuta a Gaza, così plasticamente simile allo spianamento della Germania nazista operato, allora, dagli alleati (a tal proposito si consiglia la visione del film di Sergei Loznitsa, The Natural History of Destruction - Film del 2022). In Palestina l’occidente ha sfogato, per mezzo dello Stato israeliano, ovvero il braccio armato attuale del fascismo globale dell’occidente, il risentimento verso se stesso, trasformando, lentamente, il comprensibile rancore verso il nazifascismo, in una colpa del mondo arabo, che davvero in tutto questo non c’entra niente. La vendetta infinita di Israele, che oggi si estende all’Iran, come simbolo del mondo arabo, sembra quasi rispondere ad una volontà inconfessabile di precipitare il mondo intero nella fine dell’illusione, durata otto decenni, della pace che l’occidente ha goduto a scapito di Israele. In altre parole, sembra proprio che lo stato di Israele, gliela voglia far pagare all’occidente usando il nemico, costruito ad arte, del mondo arabo.
Ma vale la pena tornare ai meccanismi interni di metamorfosi delle democrazie parlamentari occidentali in sistemi sovversivi a diverso titolo, e che si possono chiamare fasciste.
Su «Il Manifesto» del 19 aprile, quando Trump non aveva ancora inviato la guardia nazionale americana e i marines a Los Angeles, al fine di deportare a Guantanamo i manifestanti contrari al suo regime, si analizzava, in un articolo intitolato L’ostacolo supremo, un caso apparentemente secondario, che però rendeva conto dello scontro istituzionale in atto negli Stati Uniti tra il potere sovversivo al governo e i settori dello stato che non rispondono ancora direttamente al governo.
Ogni regime sovversivo prima o poi giunge a un punto in cui deve consolidarsi, distruggendo o riducendo all’impotenza le istituzioni precedenti. Vinta la prova di forza, le forme costituzionali possono ancora durare per qualche tempo ma il salto di qualità è avvenuto. L’amministrazione Trump si trova in un momento simile: ha aperto una crisi costituzionale rifiutando di eseguire un ordine della Corte Suprema. Se la prova di forza avrà successo l’ostacolo principale alla realizzazione del suo progetto autoritario - i giudici federali - sarà eliminato.
I REGIMI FASCISTI possono nascere solo dalla debolezza delle istituzioni liberali: nell’ottobre 1922 Mussolini stava a Milano ad aspettare notizie mentre le sue squadracce marciavano su Roma, e ci sarebbe senz’altro rimasto se Vittorio Emanuele III avesse proclamato lo stato d’assedio richiesto dal governo Facta. Al contrario, il re chiamò Mussolini e lo incaricò di formare il governo, un esito niente affatto inevitabile. Negli Stati Uniti è stata l’inettitudine dell’amministrazione Biden, incapace di perseguire efficacemente il presidente fellone per il suo tentato golpe del 6 gennaio 2021, ad aprire la strada per il ritorno di Trump al potere.
È chiaro che i fascisti possono giungere al potere in modi diversi, ma ad un certo punto, ed è proprio il caso, si percepisce chiaramente il cambio qualitativo, in genere un qualche fatto eclatante che resta nella storia di un paese e nella sua memoria collettiva. Ad esempio, Trump festeggerà il suo compleanno con una parata militare a Washington, cosa mai avvenuta negli Stati Uniti prima d’ora. Un’altra volta è successo nella Germania nazista con il compleanno di Hitler. La questione è che però non dovrebbe esserci bisogno di avere le prove che ciò che sta avvenendo nel mondo da un pò di tempo a questa parte sia l’avvento di un secondo fascismo, che sembrava irrimediabilmente sconfitto con la fine dei regimi nazifascisti della prima metà del novecento. In realtà sconfitto il fascismo storico si è potuto assistere ad un suo lento ed inesorabile riaffiorare come fenomeno politico, che invece ha pervaso gran parte della società, compresa quella parte, e questo è il paradosso della nostra epoca, che nulla ha da guadagnare con il fascismo. Ciò è accaduto dal momento che mai sono state negate le condizioni che lo producono e riproducono ciclicamente, mai si è pensato di dover cambiare il modo in cui si produce la soggettività nel sistema di valori occidentale, mai tale sistema di valori è stato politicamente messo in crisi, mentre è stata negata, all’opposto, la possibilità stessa di ricostruire la società, dopo la seconda guerra mondiale, su basi completamente diverse, anticapitalistiche e dunque anti patriarcali, anti individualiste e dunque socialiste e pacifiste. Quello che ancora non sembra chiaro ad ognuno, nonostante la storia del Novecento, è che il fascismo ha come orizzonte la guerra, interna ed esterna, agli altri.
In un altro articolo de «Il Manifesto» del 12 giugno 2025, con il titolo: Dal migrante «nemico», allo stato autoritario; di Marco Bascetta si tratteggia un altro carattere dei fascismi di sempre: la produzione di nemici interni. Come non concludere che questo, almeno in Italia, è il risultato del fallimento della pacificazione della società postbellica voluta soprattutto dagli antifascisti tra i quali anche quelli di matrice comunista? Cosa dice la nostra costituzione, che non finiremo mai di difendere dagli attacchi della destra politica, sulla proprietà privata e cioè sul principale dispositivo di riproduzione delle differenze sociali tra cittadini del medesimo stato? Come si può giungere al recente decreto sicurezza approvato in Italia nelle settimane scorse e che differenza culturale sussiste, se sussiste, tra il decreto sicurezza e quanto riportato, da Bascetta che scrive:
Quel che accade oggi è di ben diversa natura e forse assai più grave. La giustizia non c’entra più nulla: la guerra di Trump non riconosce come parte della società americana la popolazione immigrata contro cui muove. Non si tratta di tenerla al suo posto, come nel caso degli afroamericani, ma di espellerla e deportarla, [...]
Il cosiddetto “isolazionismo” dell’attuale amministrazione americana, se da un lato implica l’esibizione del disimpegno militare dai più lontani fronti del pianeta, dall’altro procede alla dichiarazione di un conflitto interno contro i migranti e tutti quelli che vengono ritenuti un ostacolo al ripristino della grandezza americana. È una sorta di nazionalizzazione della guerra [...]
In questa chiave l’invio presidenziale dei marines a Los Angeles, in un frangente neanche lontanamente paragonabile all’insurrezione del 1992, si avvicina molto al colpo di partenza di una guerra civile condotta dall’alto contro realtà e soggettività profondamente radicate nella società americana e nella sua coscienza [...].
La criminalizzazione della diversità che ai migranti si applica su larga scala, transita rapidamente verso altre categorie “trasgressive”, emarginate, subalterne o ribelli. L’aggressione parte dall’alto e da destra, come mostra l’azione di Trump. Per fermarla servirà un’azione priva di remore. In fondo è con un nuovo [secondo] fascismo che abbiamo a che fare.
Per concludere e chiudere il cerchio con quanto visto più sopra, altri due brevi estratti da un articolo di Davide Longo letto sempre su «Il Manifesto» e intitolato: La protesta arriva anche in Florida. De Santis: «Potete investire i manifestanti»:
Lo scorso 11 giugno, in una diretta trasmessa sui social, il governatore [della Florida] Ron De Santis aveva sottolineato che in Florida gli automobilisti sono autorizzati a investire i manifestanti se si sentono messi in pericolo da una protesta.
GLI AVEVA FATTO ECO Wayne Ivey, sceriffo della contea di Brevard, che aveva minacciato di sparare contro i manifestanti violenti. «Se toccherete un poliziotto, finirete in ospedale e poi in prigione» aveva detto durante una conferenza stampa il 13 giugno. «Se lanci un mattone, una bomba incendiaria o punti una pistola contro uno dei nostri agenti, comunicheremo alle vostre famiglie dove raccogliere i vostri resti, perché vi uccideremo» [...].
I MANIFESTANTI hanno adottato i sistemi diventati popolari durante i mesi di Occupy Wall Street: cortei sul marciapiedi, marce sulle strisce pedonali solo con il semaforo verde, senza lasciare alla polizia il minimo pretesto per arrestare qualcuno. Ciononostante, lo spirito battagliero della manifestazione è inequivocabile: «Mio padre ha combattuto contro Hitler nella Seconda guerra mondiale» dice un signore sugli ottant’anni che tiene in mano una grande bandiera statunitense. «E per cosa? Adesso siamo noi a dover combattere contro il nuovo dittatore».
La società occidentale non è per nulla pacificata con se stessa. La destra cova da anni un odio insanabile verso chiunque è percepito diverso a qualsiasi titolo, non importa se cittadino dello stesso stato o di un altro stato, basta che questi non risponda alla sua artefatta, e questa sì “ideologica”, idea di identità, che in quanto artefatta sappiamo benissimo non esistere per nulla.
Giugno 2025
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(AP Photo/Rod Lamkey, Jr.) - da «Il Post».