Il test di Rorschach (1921) vanta una lunga tradizione clinica e scientifica e rappresenta un costante punto di riferimento per i professionisti della salute mentale di tutto il mondo.
Contrariamente a quanto spesso sostenuto, il test di Rorschach non è un test proiettivo, ma un test di performance, in quanto costituisce una prova di problem solving di natura visiva, cognitiva e percettiva (Giromini e Zennaro, 2019).
Nella sua essenza, quindi, il Rorschach è un compito comportamentale che permette all’esaminatore di vedere quello che la persona fa (e non quello che dice di fare, come nel caso dei self-report), cioè di osservare la “personalità in azione” (Meyer et al., 2011)
Le soluzioni che l’esaminato trova e offre per rispondere al compito proposto rappresentano i comportamenti messi in atto durante il compito e sono diretta espressione delle proprie caratteristiche di personalità e del proprio stile di elaborazione dello stimolo ambiguo costituito dalle tavole Rorschach (Meyer et al., 2011).
Nel 2017, dopo più di un anno di training, ho conseguito il certificato di Proficiency, ovvero l'abilitazione alla somministrazione e siglatura di protocolli Rorschach (metodo R-PAS) presso l'associazione R-PAS ed ho iniziato a collaborare con loro come Data Collector.
Ho partecipato ad alcune pubblicazioni in riferimento a tale test (per maggiori informazioni vedasi la sezione successiva).
Nella clinica quotidiana utilizzo spesso questo strumento, in associazione ad altri test, sia su richiesta specifica di effettuare una diagnosi sia se utile all'interno di un percorso psicoterapeutico.
Per diversi anni ho fatto parte delle Squadre Psicologiche Emergenze Sociali (SPES) presso il 118 di Grugliasco, dopo aver seguito il corso e superato le prove finali.
Il Servizio ha l’obiettivo di fornire aiuto psicologico e psicosociale qualificato alle vittime primarie, ai loro famigliari e al personale di soccorso. La letteratura scientifica è ricca di studi che mostrano come la capacità di far fronte agli eventi (coping) è notevolmente ridotta quando si fa fatica ad integrare nel proprio campo cognitivo un’esperienza nuova, tragica e improvvisa. Le “bad news”, o un evento tragico e improvviso possono alterare anche in modo drammatico le aspettative esistenziali sul presente e sul futuro. Per questo motivo è importante, fin dai primi momenti, la presenza di un professionista che con le parole e gli atteggiamenti più appropriati aiuti a prevenire possibili esiti post traumatici.
Trattandosi di vittime il cui disagio è direttamente connesso con l’emergenza, e quindi non riconducibile a quadri patologici pregressi, l’aiuto deve poter essere fornito tempestivamente e in loco, in stretta collaborazione con il sistema di emergenza territoriale, i Pronto Soccorso ospedalieri ed i servizi territoriali competenti.
Qui di seguito alcuni dei destinatari del Servizio SPES a cui ho preso parte:
Vittime dirette dell’evento (vittime primarie)
I familiari delle vittime (vittime secondarie)
Testimoni di eventi gravi (vittime vicarie)
Responsabili di eventi gravi (chi ha materialmente causato l’evento)
I soccorritori, volontari e professionisti che a qualsiasi titolo abbiano prestato aiuto alle vittime e ai
sopravvissuti di eventi drammatici (vittime terziarie)
Gruppi sociali quali famiglie, squadre di soccorso, aziende, ecc.