PANDEMIA ATTRAVERSO UNO SCHERMO

Educazione civica- cittadinanza attiva: riflessioni sulla DAD

7 aprile 2021

Cara Professoressa,

Che disastro la DAD!!

Sono ormai ben due anni che i cancelli di scuola sono serrati, che il nostro amato cortile è così terribilmente silenzioso, non più animato dalle voci degli studenti che si rinchiudevano nel bar durante la pausa e si perdevano nel discutere riguardo le loro emozionanti esperienze. Sono due faticosi anni che hanno visto e vedono ancora alunni e professori dinanzi ad un computer che non comprende i loro sentimenti, li cela e li spegne tra uno schermo gelido, nero che non permette di ascoltare pienamente le parole di chi ci sta di fronte, le risate e i sorrisi di coloro che apparentemente ci sembrano tanto vicini ma in realtà non puoi sfiorare il loro viso, non puoi stringere loro la mano.

Mi manca così tanto la scuola che spesso quando mi capita di passarci davanti mi commuovo nel pensare che dopo averla vissuta intensamente per quattro lunghi anni, proprio l’ultimo, il tanto atteso, sono costretta a trascorrerlo dietro la scrivania della mia stanza, osservando per ore il “dispositivo intelligente” che poi tanto intelligente non è se non capisce che ti fa del male.

Mi manca respirare l’atmosfera di tensione che riempiva l’aula prima di una verifica o quella di grande entusiasmo dopo aver ricevuto un voto positivo. Mi mancano profondamente i miei compagni di classe con i quali ho sempre trovato particolarmente piacevole discutere di qualsiasi argomento. Ma più di ogni altra cosa credo che mi manchi il legame, professionale e sentimentale, che ho instaurato con ogni singolo professore basato sulla fiducia reciproca, sul rispetto che mai è venuto a mancare e soprattutto sull’ affetto che nutro verso ciascuno di loro.

Questa maledetta DAD ha ridotto in mille pezzi tutto ciò che alunni ed insegnanti hanno costruito con le loro mani e con tanta fatica e buona volontà in questi anni: tutto volato via come se niente fosse, tutto spazzato via come polvere.

Nessuno si è preoccupato veramente di come la stiano vivendo studenti e professori, nessuno si sta affrettando per cambiare le cose, ignaro che, continuando su questa strada, ci stanno sottraendo stimoli ed esperienze costruttive impedendoci allo stesso tempo di realizzare un futuro diverso, magari più consapevole.

Nonostante l’enorme difficoltà e il disagio che noi alunni stiamo vivendo giorno dopo giorno ci tengo a ringraziare tutti i professori per l’enorme lavoro che sono riusciti a fare, guidando gli studenti lungo un percorso faticoso ma sempre in salita e rendendoci la “didattica a distanza” meno complicata.

Detto ciò per rispondere ad una delle sue domande, Professoressa, forse c’è una cosa che cambierei: mi piacerebbe che parlassimo di più delle donne, in tutte le loro sfumature e posizioni. Si potrebbe a tal proposito discutere dell’evoluzione che il ruolo femminile ha acquisito nel corso degli anni, dall'antichità classica fino ai giorni nostri, magari approfondendo il discorso attraverso le parole di qualche filosofa o poetessa o magari servendoci dei dipinti di qualche artista.

A parer mio potrebbe essere un eccellente lavoro e perché no anche un ottimo percorso da presentare all’esame di maturità che, come ogni cosa da due anni a questa parte, è stato stravolto.

E lei Professoressa cosa ne pensa a riguardo? Come sta vivendo questo periodo così ambiguo?

Attendo una sua risposta e nel frattempo le auguro una serena Pasqua❤️

Con affetto,


La sua alunna Sara Pirone.



La fine della mia giovinezza


È passato un anno e ventidue giorni dall’inizio del nostro cammino verso l’inferno. Ci siamo ritrovati ad affrontare una situazione che mai avremmo lontanamente immaginato poiché così catastrofica e disumana. Già giravano, in quel passato che a noi sembra così lontano perché al tempo non eravamo del tutto schiavi di noi stessi, delle voci su un presunto virus che poi è stato identificato come Covid-19. In breve tempo tutto il mondo che mi circondava ha iniziato a sbriciolarsi, andare in frantumi, e non ho certezza se più ritornerà come un tempo. Una cosa è certa: non sarò più la persona che ero in passato. Non sono mai stata una persona estroversa e ho sempre preferito restare in disparte ad osservare gli altri per la mia grande timidezza e le mie insicurezze, ma adesso sento crescere in me l’inquietudine di rimanere sola. Non ho mai vissuto bene questo periodo che continua a persistere, né tantomeno ho sopportato la DAD. Tuttavia, ho represso ciò che provavo nel profondo di me stessa facendo crescere maggiormente i miei dispiaceri, tutto per non far preoccupare nessuno. L’anno scorso non sopportavo affatto la didattica a distanza. Non ricordo quante lacrime ho versato davanti allo schermo del computer pregando il Signore al quale affido tutte le mie speranze di ritornare alla vita di sempre che allora disprezzavo. Quella vita monotona della quale mi sembrava essere schiava, per assurdo ha iniziato ad essere il mio desiderio più nascosto. Dietro allo schermo del computer intravedevo soltanto figure morte, non animate, con sguardi pieni di rammarico e occhi stanchi e pesanti. Non so se questa può essere una mia impressione, però l’anno scorso mi è sembrato molto più difficile seguire in DAD, ma forse questo è dato dal fatto che purtroppo mi sono abituata a questa situazione. Fatto sta che non mi è mai piaciuto studiare in questo modo. La DAD che facevamo prima era molto più stancante. Ricordo che mi veniva richiesta maggiore partecipazione per ciò che veniva trattato in “classe”. Più che un’aula virtuale quella sembrava essere una camera delle torture. Di tanto in tanto mi ponevo qualche domanda su quanto gli adulti facessero caso alla nostra condizione; e mi rispondevo anche da sola: era forse un loro problema? No che non lo era, stavamo tutti in quella situazione. Noi siamo gli adulti di un domani, siamo grandi, dobbiamo sapercela cavare con le nostre stesse forze e aggrapparci alla speranza di un futuro migliore con le unghie e con i denti. Peccato che della speranza avevo anche dimenticato il significato. Sembrerò esagerata, ma questo è ciò che ho provato: incomprensione e abbandono. Odio ammetterlo perché sono una persona molto orgogliosa, ma spesso avevo voglia di urlare e piangere, di buttare i libri giù per il troppo carico di compiti più che normale per un liceo, che però non riuscivo a sopportare per il mio stato emotivo. Allora non vi era nemmeno una sorta di organizzazione vera e propria, non riuscivo a seguire nulla di ciò che accadeva dal punto di vista scolastico. Mille piattaforme da ricordare, codici, ricordarsi delle date di scadenza di ogni minimo esercizio. A volte mi capitava di continuare a studiare anche fino alle quattro del mattino. Mi stavo distruggendo con le mie stesse mani. Spesso ci sono state incomprensioni con degli insegnanti e io non riuscivo a capire come risolverle e ci rimanevo malissimo. Non ho mai dato tanta importanza ai voti negativi perché purtroppo sono il quotidiano per un povero studente, ma ho sempre dato la priorità ad un bel rapporto con chi mi ritrovavo di fronte. A causa dell’eccessivo carico di compiti, incomprensioni e la mancanza di un punto fermo, sono caduta in una fossa dalla quale ho fatto fatica ad alzarmi. I professori ai miei occhi avevano preso le sembianze di mostri e si sono allontanati sempre di più. Non mi rimaneva più nessuno se non la mia famiglia, il rapporto con gli inseganti se ne stava andando. Mi stavo rendendo conto di stare diventando sempre più simile ad una macchina che però aveva ancora qualche caratteristica umana: la stanchezza. Mi sono lasciata andare nello studio perché troppo stanca di quel ritmo opprimente e dell’organizzazione inesistente. Decisi però che non l’avrei data vinta alla DAD, e mi sono impegnata nonostante la mia giovinezza mi stava sfuggendo dalle mani. Anche la mia vista cominciava a peggiorare, e gli adulti non mostravano neanche un minimo di compassione nei nostri riguardi: in fin dei conti lo sappiamo che gli adolescenti passano la maggior parte della loro giornata utilizzando mezzi elettronici per comunicare tra loro, cosa della quale possono fare a meno. Lo ammetto io stessa che passo molto tempo al cellulare per comunicare con persone che purtroppo non si possono incontrare in questo periodo, ma i continui assegni al computer hanno fatto la loro parte.

Ora l’organizzazione è indubbiamente migliorata, ma ciò non va a cancellare ciò che abbiamo vissuto prima. I professori sembrano molto comprensivi e mostrano preoccupazione nei nostri riguardi, ma continuo a sentirli molto distanti da me. Non riesco a riconoscere la differenza tra quanto stavo al computer prima e adesso. Potrei essere arrivata al capolinea, ma non posso averne la certezza. Per me la notte e il giorno si sono unite andando a creare un ciclo continuo di sofferenza. Sono diventata svogliata, procedo molto lentamente in tutto ciò che faccio. Ogni tanto mi sembra di star superando questi momenti nei quali mi perdo anche se in realtà cerco soltanto di illudere me stessa. La verità è che non ne posso più della DAD, per quanto sia indubbiamente migliorata. La DAD non fa che accrescere tutte le mie insicurezze. Può sembrare quasi sciocco, ma io provo molto imbarazzo nel mostrare il mio volto durante le lezioni. Anche in presenza non mi sentivo molto a mio agio per un lato del mio carattere, ma adesso mi sento molto a disagio perché la parete che c’era tra scuola e vita privata sembra aver ceduto. Non so se può essere solo una mia suggestione, probabilmente lo è. Mi sono anche molto irritata per ciò che alcune volte ho sentito dire durante le lezioni, come ad esempio di stringere ancora i denti o essere “positivi”. Provo un senso di colpa che mi divora dall’interno a causa di questa mia irritazione perché so che non è colpa di nessuno, ed è anzi premuroso preoccuparsi per noi e provare a tirarci su il morale. Tuttavia, non riesco a non pensare che quelle siano parole dette al vento, inopportune. Non riesco ad essere in pace con me stessa, vorrei soltanto avere un bel rapporto con i miei compagni e i miei insegnanti. Ho sempre pensato che la scuola fosse interazione e questa sta mancando. Le lezioni, per quanto interessanti, mi sembrano molto monotone. So per certo che ciò è colpa della monotonia con la quale ci collochiamo sempre al solito punto, con la solita “felicità”. Per il momento, tirando le somme, non sta andando malissimo, per quanto la mia sanità mentale si sia persa da qualche parte già da molto tempo. Dove sarà mai finita? Spero di ritrovarla molto presto, chissà quanto si sentirà sola senza la mia tristezza: sarà troppo entusiasta per i miei gusti. Ma non coltivo soltanto il desiderio di ritrovare la mia lucidità, mi piacerebbe ritrovare l’entusiasmo con il quale riuscivo a vivere i miei sani giorni di scuola. Per permettere ciò, serve ancora più organizzazione di quella che abbiamo in questo momento, anche se si spera che non ce ne sia bisogno e che presto si ritorni alla normalità. In questi casi, quando si propone un piano formativo per il bene comune, bisogna pensare ad ogni minimo aspetto. Per far comprendere meglio cosa intendo, dico che si devono esaminare entrambi i due lati della medaglia: alunni ed insegnanti. Spesso noi studenti non facciamo altro che lamentarci quando non sappiamo cosa pensa chi sta dall’altra parte dello schermo, quella creatura mai vista ai nostri occhi per il solo fatto di avere un eccezionale controllo delle proprie emozioni. In fin dei conti noi non abbiamo la minima idea di come possano stare i nostri insegnanti poiché loro hanno un approccio molto professionale rispetto a noi che siamo ancora dei frutti acerbi. A volte mi piacerebbe sapere cosa un professore pensi ogni giorno ad iniziare una nuova lezione davanti al computer, privato come noi dell’interazione che ci permetteva di fare prima la scuola. Ma ovviamente non vorrei mancare di rispetto! Questa è la più grande delle mie paure con la quale convivo. Detto questo, ritengo di non riuscire a proporre una soluzione migliore dal momento che non ho la minima idea di ciò che mi aspetta nel domani. Non vorrei cadere in errore ed accontentare soltanto una parte che costituisce nell’insieme la scuola, soprattutto perché sarei portata a suggerire solamente opzioni a pro della mia fazione. Forse questa organizzazione non è poi così male, anche se ammetto che le attività in asincrono non mi aggradano molto. Mi permetterei dunque di esprimere la mia preferenza per un orario completo, qualora fosse possibile, aspettando il ritorno della mia giovinezza vissuta all’interno di una vera scuola.


Mariachiara Sacco, 3 E.

11/04/2020, Napoli, aeroporto di Capodichino

Foto di un canadair in fase di atterraggio.

Il mondo si è fermato, ma la sicurezza NO!... E maestoso, il

Vesuvio, ci guarda da lontano.

Addio al cinema arcobaleno

Il covid ha messo alle strette un simbolo napoletano per dare vita ad un altro market cinese



Folla in zona rossa a Napoli

Nonostante le ristrettezze la gente è stanca e mostra il suo cedimento infrangendo le regole



Procida, 15/04/2021

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